DAL PARADISO SOFFIA UNA BUFERA: ANNE TERESA DE KEERSMAEKER INCANTA AL ROMAEUROPA FESTIVAL
di Rosalba Panzieri
Può la danza incarnare l’evoluzione di un cammino, le ferite di un corpo che passa attraverso la tempesta? La risposta è sì e ce lo dimostra Anne Teresa de Keersmaeker con la sua nuova creazione EXIT ABOVE – after the tempest, presentata in prima nazionale in Cavea dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, nell’ambito del Romaeuropa Festival. Lo spettacolo, seconda tappa del focus dedicato alla scena fiamminga realizzato grazie alla nuova partnership triennale con Flanders State of the Art, è presentato anche nell’ambito del programma di Dance Reflections by Van Cleef & Arpels. Dopo il successo di Drumming (REF2022), l’icona della danza internazionale prosegue con la sua compagnia Rosas la sua ricerca sul rapporto tra musica e movimento. EXIT ABOVE – after the tempest è un inedito confronto con le radici della musica pop occidentale. Un viaggio che, partendo dalla canzone Walking Blues del leggendario Robert Johnson, approda all’elettronica e alla dance di oggi. Ad affiancare le danzatrici e i danzatori della compagnia, sono, questa volta, Meskerem Mees (cantautrice fiamminga emergente di origini etiopi) e Jean-Marie Aerts, sound designer dei TC Matic, formazione rock belga degli anni Ottanta.
«Negli ultimi anni ho lavorato molto con la musica classica. Bach naturalmente, e vari brani, dal Trecento alla musica contemporanea di Grisey e Reich. La musica è sempre stata la mia prima compagna e allo stesso tempo la mia maestra. Ho costruito regolarmente dei collegamenti con la musica pop. Per molte persone il pop è prima di tutto una musica da ballare. Ci ritrovo numerosi elementi che mi interessano, che mi parlano: il battito che ti invita a danzare, la melodia e anche l’aspetto lirico: la presenza del testo, delle parole, di qualcuno che ti parla».Uno spettacolo, EXIT ABOVE, che pone al centro un gesto primordiale come quello di camminare: il vagare, il marciare, l’isolarsi e il ritrovarsi uniti in un gruppo di persone per muoversi insieme sono per De Keersmaeker azioni di resistenza contro l’efficienza dell’iper-produttività odierna, strumenti in grado di generare pensieri e reminiscenze, di rivelare quanto il nostro mondo interiore possa assomigliare ad un paesaggio da attraversare. Possibilmente a piedi, perché “quando ti senti perso, tornare sui tuoi passi ti permette di ritrovarti” come la coreografa sostiene. Ma al cuore del dialogo tra movimento e blues, EXIT ABOVE – after the tempest pone un gesto primordiale come quello del camminare: il vagare, il marciare, l’isolarsi e il ritrovarsi uniti in un gruppo di persone per muoversi insieme. Lasciando sullo sfondo La Tempesta di Shakespeare – a cui si riferisce il titolo della pièce – dodici danzatori e danzatrici si cimentano in una coreografia allo stesso tempo romantica e minimale nel segno che ha reso celebre la coreografa in tutto il mondo. Ad affiancare i performer in scena sono la cantautrice di origini etiope Meskerem Mees e il chitarrista blues ed ex danzatore di Rosas Carlos Garbin per un dialogo intergenerazionale condotto, ancora una volta, nel segno della cooperazione. Alla base del suo lavoro Anne Teresa De Keersmaeker si rintraccia sempre una ricerca dell’essenziale, dell’origine, che sia movimento o suono, come dimostra la scelta di rivolgersi alla musica minimalista di Steve Reich, al suo debutto nel 1982. Ed è questa tensione verso l’essenza che la porta ad avvalersi delle sonorità blues, per ricercare quell’atmosfera dei vecchi artisti blues che suonavano senza amplificatore e scandivano il ritmo battendo i piedi sul legno del tavolo. La coreografa sceglie il blues per ricordarci che siamo creature sia individuali che collettive e che nel passaggio dall’io al noi il dolore si scioglie, si trasforma, passando dalla consolazione alla liberazione. Certamente in questo spettacolo l’aspetto rituale è esploso liberandosi dal limbo performativo e potenziale in cui spesso restano, purtroppo, incastrati molti spettacoli, in cui l’azione ricade ai piedi dell’artista senza sfondare la quarta parete, restando arginata dentro il perimetro del palco. Questo spettacolo compie un capolavoro di catarsi, trasformando in fatto ogni intenzione della Keersmaeker: coinvolgere profondamente il pubblico in un processo creativo che non può realizzarsi a prescindere dallo spettatore. Nel momento in cui mi sono posta davanti allo spettacolo per vicende che non sono interessanti per nessuno il mio animo era aggravato da una pesantezza è una tristezza che venivano dal mio passato, ma via via che lo spettacolo è andato avanti un processo trasformativo dalle caratteristiche rituali. “L’angelo della storia ha il viso rivolto al passato. Là dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti, egli vede un’unica catastrofe, che ammassa incessantemente macerie su macerie e le scaraventa ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e riconnettere i frantumi. Ma dal paradiso soffia una bufera, che si è impigliata nelle sue ali, ed è cosi forte che l’angelo non può più chiuderle. Questa bufera lo spinge inarrestabilmente nel futuro, a cui egli volge le spalle, mentre cresce verso il cielo il cumulo delle macerie davanti a lui. Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera.” Con questo testo in scorrimento è iniziato lo spettacolo, il testo appartiene a Walter Benjamin, tratto da “sul concetto di storia” (1940), e già da qui ho capito che avremmo toccato le viscere dell’umano, quelle viscere in cui la nostra storia si imprime e resta nascosta, in attesa di un miracolo di liberazione. I ballerini hanno dato eccezionale prova del loro talento; la mimica della bocca ha assunto un significato di una tensione drammaturgica mai visto prima, mostrando il valore originario della stessa. Passiamo dal silenzio al suono, dalla stasi al movimento, attraverso corpi che si fanno battito primordiale sulle note di “Walking blues”. Seguendo il dipanarsi dell’azione si ha la sensazione di essere dentro la narrazione di Benjamin, siamo angeli dolenti che vorrebbero ridestare i morti, e il blues canta la nostra malinconia, ma il ritmo tecno pungola e smuove, soffia sulle ali, ci trasmigra nel futuro. Un’energia nuova, senza fratture, rinvigorisce azione e intenti, si libera un’energia in cui passato e futuro stanno insieme. A fine spettacolo ogni mio magone si era sciolto. Anne Terese de keesmaeker è superba. Del resto lungo è il suo percorso dentro il pensiero creativo del Romaeuropa Festival: la coreografa ha attraversato con le sue creazioni la storia del Festival dove ha presentato Achterland (1993), Toccata (1996), Verklärte Nacht (2015), Vortex Temporum (2015), Rain (2016), Drumming Live (2022).
17 ottobre 2023 – ROSALBA PANZIERI – Qui Radio Londra Tv