EGITTO, MEDIATORE PER LA PALESTINA E SERRATURA DELLA PACE TRA MEDIO ORIENTE ED EUROPA: INTERVISTA A CHIARA CAVALIERI, PRESIDENTE DELL’”ASSOCIAZIONE ITALO-EGIZIANA ERIDANUS”.

EGITTO, MEDIATORE PER LA PALESTINA E SERRATURA DELLA PACE TRA MEDIO ORIENTE ED EUROPA: INTERVISTA A CHIARA CAVALIERI, PRESIDENTE DELL’”ASSOCIAZIONE ITALO-EGIZIANA ERIDANUS”.

di Paola Mora

<<Una crociera sul Nilo è l’unico modo per vedere l’Egitto>>. 

Lo scriveva Agata Christie, che prese spunto dal territorio egiziano per una delle sue opere più famose: ‘Assassinio sul Nilo’. Ed è il Nilo, di cui il dono fu l’Egitto secondo Erodoto poiché lascia sui campi inondati dall’acqua uno strato di limo fangoso ma fertile, anche l’ispirazione per cui un principe cesellò Torino del nome che porta. Da qui, e per altri infiniti motivi, l’Italia e l’Egitto sono profondamente fratello e sorella. Chiara Cavalieri, nata a Roma ma cultrice ed osservatrice delle comunità intellettuali più variegate, è una donna del mondo contemporaneo, vistosa e comunicativa. Si occupa da tempo dei legami tra le due culture tanto da decidere di creare un contenitore per fonderle e interconnettere questi Paesi con iniziative e opere di rappresentanza, nonché progetti generosi di cui l’ultimo per cronologia, riguarda un intervento di assistenza ad una famiglia della Striscia di Gaza. Chiara Cavalieri è Presidente dell’Associazione Italo-Egiziana ‘Eridanus’ e membro del Think Tank ‘Il Nodo di Gordio’, attraverso cui si è addentrata nella materia geopolitica con specifica area di competenza per quanto attiene all’Egitto, come si legge nei trafiletti di diversi articoli a lei dedicati sulla stampa nazionale.  L’intervista alla Cavalieri, rilasciata a QTV, è svelta, estesa e irriverente: si snoda sul panorama di guerra in corso che infiamma la ‘Striscia di Gaza’ all’indomani dell’irruzione stragista d’Israele che, sotto la lama del leader in carica Benjamin Netanyahu, miete vittime con bombardamenti e atti di terrorismo coinvolgendo nella mattanza soprattutto i bambini palestinesi. Quella dell’esercito israeliano nei confronti di Gaza, è una risposta abusata all’attacco condotto dalla frangia estremista Hamas, che il 7 ottobre si è introdotta nei kibbutz israeliani prendendo ostaggi e determinando perdite di molte vite umane, anche a causa delle sparatorie e interventi armati dell’IDF israeliano, intervenuto per eliminare i terroristi passati oltre le fortificazioni al confine. L’analisi sul ruolo mediatore dell’Egitto nel conflitto israelo-palestinese che intraprendiamo con Chiara Cavalieri, si incasella perfettamente con argomenti ulteriori di cui si parla troppo poco e che riguardano culto, fede, evoluzioni in Egitto rese possibili dall’insediamento dell’attuale Presidente Abdel Fattah Al-Sisi, e che caratterizzano l’impegno di “Eridanus” nel farsi da tramite, con spiccata attenzione umana e spirituale alle esigenze del popolo egiziano e minoranze anche religiose, tra due mondi uniti da eventi storici e somiglianze quali l’Italia e, per l’appunto, l’Egitto!

“La mia Associazione si occupa di diplomazia culturale, ovvero, di avvicinare le due sponde del Mediterraneo, in questo caso Italia ed Egitto, attraverso tutto ciò che è arte, letteratura, cultura, perché ritengo siano una koinè, ossia quel ‘linguaggio comune’ che può avvicinare le persone aldilà della provenienza, credo religioso e orientamento politico. La abbiamo chiamata ‘Eridanus’ per ricordare una leggenda scritta da uno storico del’600, Emanuele Thesauro, che è vissuto alla Corte Reale della Madama Maria Cristina, e per la quale la città di Torino – che è anche la sede legale dell’Associazione – è stata fondata da un principe egizio che, in lite con la casta sacerdotale egiziana, decide di intraprendere un viaggio e trovare una terra a lui affine. Egli giunge in Italia dove suo figlio Ligurio, appone il nome all’omonima regione Liguria, mentre lui battezza come ‘Eridanus’, affascinato dalla pianura attraversata da un fiume che gli ricorda il Nilo, l’attuale Torino trasmettendo alla città il culto del dio Api (rappresentato da un toro che ne è ancora oggi il simbolo). Perché mi sono dedicata all’Egitto? Perché l’Egitto ha una cultura millenaria e, a tal proposito, mi sono rimaste impresse le parole dell’ex Ministro della Cultura – Neveen Al Kilany – quando venne in Italia l’anno scorso e disse che ci sono pochi paesi che hanno una storia millenaria ed una varietà di paesaggi e bellezze come l’Egitto, e che l’Italia è uno di questi”.

Così si presenta Chiara Cavalieri, la cui Associazione ha come simbolo l’ankh – croce ansata nota come ‘chiave della vita’ – con al suo interno la Stella d’Italia che risale al periodo greco-romano in cui, la ‘stella della sera’ – Venere – venne assunta a identificare la penisola italiana rappresentandone il destino. Italia ed Egitto hanno ambedue un ruolo geopolitico ben definito, di cui la prima lo incarna nella supremazia marittima e geografica temuta dall’Europa, ed il secondo è chiave di volta in Medio Oriente facendo da cerniera politica nella stabilità dell’area, messa a rischio dalle intromissioni occidentali imperialiste incarnate in Israele. Ma, chiedendo alla Cavalieri cosa più di tutto ella ritiene che accomuna i due paesi, risponde con una frase spiazzante che valorizza questo legame dal punto di vista più umano, popolare, come sintomo della sua consapevolezza personale di quali siano i cardini su cui dovrebbe basarsi la società civile odierna. “Mi viene in mente la vitalità e la generosità del popolo egiziano, che personalmente paragono al modo di essere di noi italiani che abbiamo un fare caloroso, generoso, ci piace la vita!”, risponde la Presidente dell’Associazione ‘Eridanus’. Poi prosegue, sottolineando che loro [gli egiziani] sono così: “pronti ad accoglierti; ed anche le persone più povere e meno abbienti, nonostante le difficoltà, riescono a trasmetterti questo calore che è tipico anche del popolo italico”. Sorridendo, si sofferma anche su un altro aspetto che, secondo lei, accomuna Italia ed Egitto e che è forse meno piacevole, ovvero ‘il caos’: il traffico cittadino al Cairo che ricorda Napoli e Palermo. “Tra l’altro, gli egiziani amano tantissimo gli italiani, ed anche quando li sento parlare dei vari tipi di turismo di chi viene in Egitto, loro ci prediligono particolarmente senza togliere nulla ad altre nazionalità, perché in fondo siamo molto simili”, conclude. L’Egitto sta attraversando un forte periodo di stress economico, eppure, quello dei viaggi e del turismo è uno dei settori in cui si è registrato il minor calo (10%). Chiediamo se è corretta questa affermazione e quali sono i problemi portati all’Egitto, dalla guerra nella Striscia di Gaza.

Chiara Cavalieri: “Sì, è così, anche se in questo momento, chiaramente, c’è un forte problema di sicurezza con controlli ferrei. Anche il fatto che ci siano stati dei cosiddetti ‘incidenti’ – perché anche il portavoce delle forze armate egiziane si è  affrettato per non complicare ulteriormente la situazione a definirli così – come il lancio del missile anticarro sulla città turistica di Taba o il caso di un proiettile di un carro armato israeliano, che ha colpito la torre di guardia al valico di Rafah ferendo i soldati egiziani, è chiaro che la gente è un po’ spaventata dalla situazione; però, sento anche di chi parte ugualmente avendo già prenotato una vacanza! Paradossalmente, per il mio modo di vedere, è molto più facile che ci sia una situazione di rischio in Europa e non in Egitto. In questo momento, l’Egitto è più sicuro dell’Europa perché è visto innanzitutto come paese che ha investito nel ruolo di mediatore tra Israele e Palestina. L’Egitto è sostenitore dei palestinesi: da tempo investe nella Striscia di Gaza con delle ditte egiziane che stavano ricostruendo le strade danneggiate, tra cui la via costiera di collegamento principale, dando anche lavoro a circa 16.000 palestinesi e creando nuove città che avrebbero dato rifugio e ospitalità ad altri 300.000. In tanti, anche alcuni leader politici, affermano che Hamas non è un gruppo terroristico. Ma ricordo che nel 2011, all’indomani della rivoluzione egiziana del 25 gennaio – e questo lo ha confermato anche l’ex presidente Hosni Mubarack di fronte alla Corte Penale del Cairo – il 26 gennaio del 2018 degli uomini infiltrati di Hamas penetrarono attraverso il valico di Rafah e crearono disordini all’interno dell’Egitto. Rimasero uccisi civili ed anche soldati egiziani. Hamas, per questi precedenti, non è ben visto in Egitto ed inizialmente fu bandito come fuorilegge e gruppo terroristico. La decisione fu poi revocata nel 2015 per un’esigenza politica di mediazione tra le parti, e si decise di dover trattare con il gruppo Hamas, come accade anche in questo momento con la Palestina, per la sicurezza dei propri confini. Qualche giorno fa, il Capo dell’ufficio politico di Hamas, il leader Isma’il Haniyeh, è andato al Cairo a rapportarsi col Capo dei servizi segreti egiziano Abbas Kamel, per parlare della situazione e del rilascio degli ostaggi israeliani rapiti il 7 Ottobre”.

-Eppure, c’è chi, ad esempio in Italia, sostiene il motto “non trattiamo con i terroristi!” …

Chiara Cavalieri:” … E invece, persino Israele ha dovuto trattare con Hamas! Non dimentichiamo che Hamas è stato utilizzato da Israele in chiave anti OLP di Arafat che è una fazione molto laica, e questo conflitto ha portato nel tempo ad una islamizzazione radicale anche del popolo palestinese stesso. È come quando gli americani hanno utilizzato in chiave antisovietica prima, e antirussa poi, gruppi terroristici della ‘Fratellanza Musulmana’ di cui l’Egitto è acerrimo nemico – anche se il gruppo nacque proprio lì negli anni ’20 – o anche i talebani e l’ISIS nata nel 2005, all’indomani della prima proxy war [guerra per procura] voluta dagli americani, in Siria. Chiaramente, la posizione egiziana è delicata innanzitutto per il posizionamento geografico, poiché il valico di Rafah è punto chiave di collegamento tra Egitto, Gaza e Israele. Il presidente egiziano ha rifiutato tutti i compromessi propostigli, tra cui la cancellazione del debito pubblico qualora avesse accettato non solo di spalancare le porte ai palestinesi in fuga, ma anche di incaricarsene. E lo ha fatto per tre motivi: politico, di sicurezza ed economico. Abdel Fattah al-Sisi teme, come tutto il popolo egiziano, che la causa palestinese affrontata con l’eradicazione dei civili dalla loro terra e riversamento nel Sinai, non sia altro che un “rimpallo” in cui viene declinata la responsabilità esclusivamente all’Egitto per l’esigenza dell’Occidente di mettere a tacere la questione! Invece, il leader egiziano vorrebbe che venisse chiusa definitivamente non procrastinandola ancora una volta, cioè, posticipando all’infinito la creazione dello Stato palestinese. Ecco perché chiede, come altri, la ‘soluzione a due Stati’ e il ritorno di Israele ai confini sanciti nel 1967. Per quanto riguarda le ragioni legate alla sicurezza: il Sinai è una terra che soffre per le infiltrazioni di gruppi terroristici. Fino a qualche tempo fa, c’è stato il caso del gruppo terroristico di Wilayat al-Sinai e di elementi della Muslim Brotherhood o dell’Isis, che in genere praticano il traffico di droga, armi, e scavano tunnel sotterranei. Il Sinai viene pattugliato da Israele ed Egitto con la collaborazione anche del Mossad e del Mukhabarat per la ragione che vi si sono verificati incidenti e attentati terroristici, ed infatti, gli stessi cittadini egiziani sono stati sfollati da lì ove sono rimaste solamente le tribù beduine storiche che appartengono a quell’avamposto, tra cui i Tarabin. È una tribù che si è unita alle altre per formare l’’Union Sinai Tribes’, apparato di sicurezza delle tribù beduine che collabora con le forze armate del governo egiziano per lottare contro il terrorismo!”.

Citando la Cavalieri le tribù beduine, c’è una fotografia apparsa sui giornali qualche anno fa di un rappresentante militare della Union Sinai Tribes, con un falco poggiato su una spalla e lo sguardo fiero tipico dei combattenti che difendono la propria patria, e che è diverso da molti altri sguardi di soldati che agiscono essenzialmente per colonizzare, uccidere, assoggettare popoli per conto di governi imperialisti. Poiché questa funzione delle tribù beduine nel Sinai è per lo più sconosciuta anche mediaticamente ai popoli occidentali, chiediamo alla Presidente dell’Associazione Italo-Egiziana, se ‘Eridanus’ promuove anche l’impegno che l’Egitto assieme a queste tribù, profonde nella causa contro il terrorismo: “E’ un aspetto per il quale mi batto moltissimo! La nostra Associazione è nata anche come sostegno a questa causa e lo dico spudoratamente, al Presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi – spiega Chiara Cavalieri – In occidente, il mainstream lavora metodicamente contro l’operato di questo leader ma la lotta al terrorismo, in realtà, è cominciata nel 2014 quando lui ha assunto l’incarico, ed è costata al governo egiziano novanta miliardi di ‘egypt pound’ e oltre cinquemila perdite nelle forze armate.  Il ruolo dell’Egitto nel combattere il terrorismo è anche quello di tutelare in certa misura l’Europa, perché si impedisce ai gruppi criminali di partire da lì e di infiltrarsi in altri paesi europei provocando attentati o assalti kamikaze. È fondamentale puntare maggiore attenzione sul ruolo strategico dell’Egitto, di cui si parla poco volutamente, che ha pagato le spese del terrorismo a causa dei vari attentati interni. Ci tengo venga fatta conoscere l’Unione tribale del Sinai, la quale riveste un ruolo importante nell’aiuto al governo egiziano contro il terrorismo islamista. E non a caso uso il termine “islamista”, perché per “islamismo” si intende specificatamente una “radicalizzazione politica””, conclude la Cavalieri.

 L’EGITTO, CON LA SUA POSIZIONE STRATEGICA E DI MEDIAZIONE È UNA CERNIERA CHE TRATTIENE IL TERRORISMO COME UN DEMARCATORE PER L’EUROPA – È necessario considerare quali sono gli attori, nell’area d’interesse della Striscia di Gaza, che rivestono ruoli fondamentali nell’esercizio degli equilibri, e da cui dipende la definizione della futura mappa geopolitica ed esistenza stessa dello Stato palestinese. L’Egitto è uno di questi! Si sottovaluta però la funzione di cerniera che riveste, soprattutto quando sembra esserci un interesse sotteso da parte di agenti stranieri, a destabilizzare il Medio Oriente per i propri interessi economici. L’Egitto è d’ostacolo a questo loro scopo per via della sua attività diplomatica indipendente. Spesso si tutela l’area più fragile e non lo si fa abbastanza con l’area più forte, da cui dipendono gli equilibri anche della prima! La domanda è: guardiamo molto alla Palestina e dimentichiamo l’Egitto?

Chiara Cavalieri: “Porto avanti da diversi mesi una mia convinzione. Il Medio Oriente, soprattutto per via del conflitto russo-ucraino, ma anche indipendentemente da esso, ha assunto un ruolo sempre maggiore da un punto di vista economico e di rinascita culturale. Tutte le maggiori conferenze venivano ormai organizzate in Medio Oriente, e l’Europa è rimasta decentrata. Non solo gli eventi di tipo culturale si sono spostati lì, ma anche quelli a carattere sportivo o i convegni sul clima cari alle leaderships globali. Ed anche l’Arabia Saudita sta vivendo un momento di rinascita, con il suo Presidente Mohamed bin Salman! Il Qatar, invece, è un paese ambiguo ma interessante su cui mi sono soffermata con curiosità, in cui si trova la più grande base americana in Medio Oriente [Al Udeid] da cui sono partite le offensive contro Iraq ed Afghanistan. In precedenza, era stato anche il più grande finanziatore del terrorismo, non è un segreto, insieme alla Turchia! È entrato a far parte della Lega Araba nel 2021 quando Egitto, Emirati e Arabia Saudita, lo hanno riaccolto perché c’è stato da parte del Qatar un impegno ad abbandonare determinati finanziamenti a frange estremiste e fuorilegge. Il Qatar, non ritiene affatto che Hamas sia un gruppo terroristico, ad esempio, ma allo stesso tempo è giustificato nella sua posizione, dal momento che deve svolgere ruolo di mediatore assieme a USA ed Egitto. Sono fortemente convinta che, poiché l’Egitto è un interlocutore diplomatico di punta nell’ambito del conflitto palestinese, sia proprio questo che spinge alcune forze a premere sul paese provocando tensione. Grazie al suo Presidente, l’Egitto ha acquisito una certa stabilità investendo nella sanità, nell’edilizia per i meno abbienti, nell’istruzione, e nel patrimonio artistico attraverso la tutela del plesso storico e archeologico egiziano, con l’apertura di nuovi musei.  Al-Sisi è un leader che ha tenuto un’ottima politica di mediazione anche tra Mosca e Washington, da cui è stato sempre messo mediaticamente in difficoltà. Ad esempio, funzionari dei servizi di intelligence sostengono che l’Egitto vende munizioni all’Ucraina [dopo aver sospeso un piano per fornire segretamente razzi alla Russia], ma è una totale follia! L’Egitto, al limite le armi le compra, non le vende! Anche il governo israeliano, secondo me, sta ‘giocando sporco’! Se fai propaganda nei confronti della popolazione sul fatto che puoi andare a Sud, attraversare il valico di Rafah per poi insediarti nel Sinai, è chiaro che metti in difficoltà l’Egitto e il suo ruolo diplomatico. Prima di tutto perché nel Sinai, come ho già spiegato, vi è una situazione complicata per via delle frange terroristiche, ed anche perché Abdel Fattah Al-Sisi ha già avviato delle politiche interne per farvi rientrare quegli egiziani che da tempo erano stati sfollati per ragioni di sicurezza.  Al vertice di emergenza della Lega Araba e dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica che si è svolto questo novembre sotto gli auspici del principe Mohamed bin Salman, il Presidente egiziano ha usato parole forti, condannando Israele per ciò che sta perpetrando nei confronti dei civili palestinesi dicendo che sì, esiste diritto di difendersi, ma questa è una strage vera e propria anche per quelli che sono i codici del diritto umanitario internazionale. Sono profondamente convinta che c’è stata una regia esterna, di cui fanno parte sicuramente gli Stati Uniti e nello specifico la politica ‘dem’ col famoso trio “Biden – Obama – Clinton”, che è specialista, e lo è stata nel corso del tempo anche durante le primavere arabe, nel fomentare disastri in Medio Oriente. L’Egitto ha già 9 milioni di rifugiati provenienti da situazioni di conflitto in Libia, Iraq, Sudan. La situazione economica attuale non consentirebbe all’Egitto di caricarsi di altri due milioni e mezzo di civili palestinesi. In un’intervista alla CNN, il Primo Ministro Mostafa Kemal Madbouly ha sottolineato come, ogni volta che l’Europa si deve accollare i profughi c’è sempre una grande protesta, e dunque, perché l’Egitto che soffre un’inflazione altissima e una crisi economica, dovrebbe farlo? Chi gestirebbe i campi profughi? Il governo egiziano dovrebbe assumersi l’onere economico e di sicurezza. Il Presidente egiziano non nega affatto il problema, ma ha anche osservato che, se ad esempio membri di Hamas riuscissero ad infiltrarsi tra i profughi di Gaza, e dal Sinai lanciassero un’offensiva contro Israele, l’Egitto sarebbe costretto ad entrare in guerra con esso. Da lì, Israele prenderebbe di mira il Canale di Suez che è strategico per le linee commerciali mondiali, e la guerra si amplificherebbe con conseguenze ancora più preoccupanti”.

-Ha fatto riferimento al vertice a Riyad che ha visto la partecipazione di personalità non sempre storicamente allineate, ad esempio il Presidente Bashar al – Assad e il leader turco Recep Erdogan. Tutti, sono concordi col cessate il fuoco in Palestina, e hanno discusso di possibili misure nei confronti di Israele, anche se non le hanno definite. Il Medio Oriente è coeso? O alcuni esponenti sono ancora influenzati dagli anglosassoni e da Washington?

Chiara Cavalieri: “Sicuramente, c’è Assad rientrato nella Lega Araba dopo 10 anni di isolamento e la Siria di cui è presidente, che è pienamente coinvolta nel conflitto! Gli americani stanno bombardando le roccaforti siriane, sintomo di una situazione che si sta espandendo tra il Libano, Cisgiordania e Siria. Il comportamento scorretto degli americani ha riunito il mondo arabo, anche se l’amministrazione Biden stava lavorando per gli accordi di pace tra Israele e Arabia Saudita. Mohammed Bin Salman spingeva per una riunificazione. Il Presidente turco Recep Erdogan è quello più estremo nelle esternazioni e dimentica spesso d’essere anche membro della NATO, con la Turchia che è il secondo esercito più imponente all’interno dell’Alleanza atlantica. A sua discolpa, bisogna però considerare che la Turchia si trova in una posizione territoriale che è quella di “prigioniera della geografia”, per dirla con un famoso titolo di un libro di geopolitica. Posizionata tra la Russia e la parte Occidentale, non può permettersi un preciso schieramento ma deve barcamenarsi! Nonostante tutto, credo siano abbastanza uniti per via del comportamento israeliano, paese armato e finanziato dagli americani. Anche l’Egitto è finanziato dagli USA, ma si è sempre dimostrato indipendente nelle decisioni prese dal suo governo, negando persino agli americani l’uso delle basi militari per condurre l’offensiva nella Striscia di Gaza. Il Presidente egiziano ha anche rifiutato una proposta, di gestire lui il territorio della Palestina assieme ad altri attori geopolitici una volta distrutto Hamas. Secondo lui, quel popolo deve essere gestito da un governo che sia palestinese. Quindi, c’è una riunificazione del mondo arabo che io vedo; però, ed è questa la cosa interessante, hanno sicuramente messo Israele di fronte alle proprie responsabilità sui crimini in Palestina, ma hanno anche specificato che, nel corso di questi anni, tutto il fronte arabo ha cercato la pace con Israele che è nell’interesse di tutti. Oggi, hanno preferito mantenersi cauti rispetto al passato quando, come nella guerra del Kippur, l’Alleanza araba si era mossa contro Israele per vederlo scomparire! La differenza è che attualmente il gioco è cambiato per non favorire l’Occidente, per cui comunicano che stanno lavorando per mantenere la pace, non per andare in guerra contro Israele. La dichiarazione finale in cui hanno concordato che l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) è l’unico rappresentante legittimo per il popolo palestinese, ha fatto anche un po’ indispettire i vertici di Hamas che la hanno criticata. Quando viene disapprovato il fatto che al vertice di Riyad non vi è stata la condanna aperta ad Hamas, in realtà sfugge che con la loro dichiarazione, indicando chiaramente chi dovrebbe essere il legittimo interlocutore in Palestina, hanno isolato Hamas togliendogli autorità su Gaza. Certo, per Qatar e Turchia non è affatto un gruppo terroristico, anzi, Erdogan li ha definiti dei mujahidin, ovvero combattenti per la libertà!”. Le considerazioni della Cavalieri mettono in luce la differenza comportamentale tra l’Egitto e l’Italia. Mentre Abdel Fattah Al-Sisi si è opposto all’uso delle basi militari in Egitto per condurre un’offensiva sulla Striscia di Gaza, Giorgia Meloni non ha mosso resistenze sull’utilizzo della base aerea di Sigonella, in Sicilia, rifiutandosi anche di votare positivamente per il cessate il fuoco. I porti italiani come quello di Genova e Trieste, inoltre, sono incendiati da proteste del popolo italiano e dei portuali che da tempo, a partire dal conflitto in Ucraina, si stanno opponendo al fatto che i governi italiani dell’ultimo periodo storico, violano ripetutamente l’Articolo 11 della Costituzione in cui si ‘ripudia la guerra’, trasformando l’Italia in un paese belligerante.   Al medesimo tempo, la premier italiana si è recata al Cairo prima del voto di risoluzione, contraddicendosi e dichiarando in quella sede che l’Italia è in prima linea per la pace, promuovendo l’esigenza di stabilire “ponti per il dialogo”, e lasciando intendere d’essere a capo di una forza capace di poteri di mediazione per la democrazia.

Prima di tutto, penso che l’astensione italiana sul voto è un errore!”, chiarisce Chiara Cavalieri rispondendo ad una domanda relativa all’operato italiano in Medio Oriente. “Il presidente Giorgia Meloni si è recata al Cairo per un incontro sulla pace sotto gli auspici di Al Sisi il 21 ottobre scorso, e già dal discorso che la premier italiana intavolò allora, si era compreso dovesse barcamenarsi tra l’adesione alla NATO e il sottostare ai voleri della Casa Bianca, ed il fatto di non potersi rifiutare di recarsi in Egitto. Per cui ha fatto la sua ‘passerella’ dal presidente egiziano Abdel Fattah, che aveva inoltrato l’invito. Un rifiuto di Meloni sarebbe stato troppo pesante anche per l’opinione pubblica!”, aggiunge la Cavalieri indicando i plausibili motivi della visita di Giorgia Meloni e delle sue dichiarazioni contraddittorie.  Sul ruolo di mediazione che potrebbe avere l’Italia nel panorama geopolitico, la presidente dell’Associazione Italo-Egiziana ‘Eridanus’ sostiene che non sia impossibile, ma che i leaders attuali non hanno a cuore gli interessi nazionali e dei propri cittadini, per cui, scelgono diversamente nella convinzione di ottenere maggior beneficio dal sostegno degli alleati stranieri.  I fatti però dimostrano che l’Italia rimane indebolita da queste scelte, soggetta a pagare con la perdita crescente della sua indipendenza.

Chiara Cavalieri osserva apertamente: “Come nel conflitto russo-ucraino, potremmo sicuramente avere un ruolo di mediazione, ma per averlo si deve essere imparziali. Undicimila morti di cui quattromila bambini non puoi farli passare sotto silenzio, e poi definire chi non la pensa così, antisemita! Siccome i politici italiani odierni hanno la caratteristica di porsi come ‘maggiordomi della Casa Bianca’, è chiaro che non ci si può proporre come ‘ponte di dialogo’. Lo può fare l’Egitto, che ha un Presidente con una storia politica alle spalle per cui può testimoniare, con dati alla mano, su come l’Egitto è stato il primo paese arabo a concludere i trattati di pace con Israele passando da una cosiddetta pace fredda ad una pace calda, e aumentando gli scambi commerciali e culturali. Ad esempio, potrei menzionare un bellissimo festival israeliano di musica che si teneva ogni anno nel Sinai e che ora, per forza di cose, è stato interrotto; il Presidente egiziano ha lavorato moltissimo sulla pace, e allora, a quel punto può proporsi per il dialogo anche oggi! Non ha alcun significato mandare una nave per gli aiuti umanitari come ha detto il Ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, con 130 persone di equipaggio di cui 30 è il personale medico, e spacciare questa azione come gesto di diplomazia! Lo vedo più come un modo di lavarsi la coscienza perché si è fatta una brutta figura negando la richiesta per il cessate il fuoco! Dopodiché, ovviamente, se c’è un aiuto da parte italiana per alleviare le sofferenze ai palestinesi, ben venga”.

È bene citare per correttezza, a questo punto, che per gli aiuti umanitari da inviare a Gaza si sono mossi diversi paesi e non solamente l’Italia, per cui la “auto-lode” di Crosetto cui ha fatto accenno la Cavalieri, non è coerente se consideriamo che le autorità italiane hanno in primissima istanza dato il via alla campagna di armamento e sostegno militare ad Israele, che già stava infierendo con la sua carneficina a Gaza! Gli aiuti umanitari da parte italiana sono stati concordati solo in un secondo momento, quando già diversi camion di altri paesi erano bloccati all’ingresso di Rafah, attendendo che venisse concesso il permesso di entrare. “La Russia è stata la prima! Ha mandato già 4 carichi di svariate tonnellate di aiuti umanitari con i suoi aerei” – sottolinea Chiara Cavalieri – “poi ci sono stati gli Emirati arabi a fornire assistenza immediata inviando anche un aereo per prelevare una ventina di bambini con necessità urgenti di cure mediche, e così via! La credibilità si basa sui fatti, e l’Italia nel caso specifico, non ne ha dimostrati! La paura, forse, era che se ci si fosse adoperati diversamente, Giorgia Meloni sarebbe stata penalizzata come già accadde a Silvio Berlusconi all’indomani della guerra in Libia, quando lui vi si opponeva non solo per una questione di amicizia con Gheddafi, ma perché aveva stilato degli accordi sull’immigrazione e con l’ENI. Berlusconi arrivò anche a dichiarare che si sarebbe dimesso, sottolineando di non essere favorevole al conflitto libico, ma fu ‘tirato per la giacchetta’ dall’allora Presidente Giorgio Napolitano, e costretto ad accettare compromessi nell’interesse dell’ex presidente francese Nikolas Sarkozy. Giorgia Meloni dice di voler attuare un “piano Mattei per l’Africa”, ma se non riesce prima a porsi in modo credibile con gli africani e col Medio Oriente, frenata dagli americani, è destinata a fallire prima ancora di aver cominciato. Basta riascoltare le dichiarazioni che la premier italiana faceva anni fa, per vedere quanto si discostano da ciò che sostiene oggi. Concluderei così: mentre l’Egitto e il suo Presidente tutelano molto le esigenze egiziane e la propria autonomia e dignità, il governo italiano va contro gli stessi interessi italiani per fare da maggiordomo a terzi, che impongono un certo tipo di comportamento. L’Italia potrebbe essere un paese che fa la differenza, affacciandosi sul Mediterraneo. In passato, vedevo molto bene anche una triangolazione Italia – Turchia – Egitto. Sono convinta, che le iniziative dei Brics abbiano contribuito ad un interesse occidentale per la destabilizzazione del Medio Oriente. Il gruppo Brics si sta ingrandendo e sta creando una realtà importante anche nel settore del nucleare, con la Russia di Putin che ha già costruito la centrale di Akkuyu in Turchia, consegnata praticamente due giorni prima delle elezioni che hanno riconfermato Recep Erdogan, e con l’Egitto interessato ai Brics che sta costruendo quella di El Dabaa. Vi si unisce l’Iran e potrebbe esserci Israele, per cui comincia a trattarsi di qualcosa che non passa inosservato al blocco occidentale!”, conclude Chiara Cavalieri, chiudendo il capitolo della politica italiana attuale sugli interventi nella Striscia di Gaza.

L’ultima parte dell’intervista è volta a chiarire l’aspetto religioso in Medio Oriente – con principale riferimento all’Egitto – che è erroneamente strumentalizzato dalla politica di guerra per giustificare le azioni militari e creare tensioni sociali promiscue, nascondendo le reali ragioni geopolitiche ed economiche che sono dietro ai conflitti. L’Egitto è da sempre uno scrigno per il mondo religioso e ospita anche una minoranza cristiana di copti ortodossi, per i quali è stata eretta anche una Chiesa copta.  ‘Eridanus’ è nota per l’interesse sugli aspetti religiosi delle comunità, che è fondamentale considerare se si intende creare ponti di comunicazione tra civiltà, fondati sul rispetto reciproco. Qual è la posizione della politica egiziana attuale, nei confronti delle fedi religiose radicate nel territorio?

Chiara Cavalieri: “Ne approfitto per sfatare alcune dichiarazioni di soggetti cui è stata data anche la grazia presidenziale! Uno dei motivi per cui io stimo il Presidente Abdel Fattah Al-Sisi, è che ha tutelato moltissimo le minoranze religiose da quando è entrato in carica. Durante il governo dell’ex presidente Mohammed Morsi, che era a capo di una banda di tagliagole, la Muslim Brotherhood, la quale non a caso ha oggi il suo quartier generale a Londra, migliaia di copti vennero uccisi e le chiese furono messe a ferro e a fuoco. Anche i musulmani, tra l’altro, sono stati perseguitati. Al-Sisi ha avuto il grande merito di intervenire capovolgendo la situazione che si era creata, fino a far riscrivere la Costituzione del 2014 con il contributo delle principali tre Chiese orientali, che sono quella cristiana, copta ortodossa ed evangelica. Ha chiesto che fossero modificate anche alcune norme sul diritto familiare in base alla religione copta, perché i Fratelli Musulmani di Morsi avevano anche reintrodotto la Sharia. Quando Abdel Fattah al-Sisi destituì Mohamed Morsi, fu il patriarca della Chiesa ortodossa copta Tewrodos II che, vedendo la situazione precipitare in Egitto con migliaia di fedeli cristiani morti, appoggiò Al-Sisi e lo aiutò a prendere il potere. Ed egli ha mantenuto fede, ed è il primo Presidente egiziano che si reca ogni anno personalmente nella cattedrale principale copta a fare gli auguri alla comunità e al patriarca, ed anche i funzionari principali delle forze armate si recano in pellegrinaggio. Questo è un segnale fortissimo dal punto di vista politico. Al-Sisi sostiene che “la casa di Dio è ovunque si preghi, che sia una sinagoga, che sia una chiesa o una moschea” perché lui è “il Presidente di tutti”. Mentre l’ex leader d’Egitto Anwar al- Sadat si definiva il presidente credente di una nazione islamica, lui si definisce in modo più esteso come il ‘presidente di tutti’ e, da quando si è insediato, tranne che per alcuni attentati che si verificarono inizialmente da parte di ISIS  e Muslim Brotherhood contro le chiese, per vendicare la destituzione di Mohammed Morsi, poi ha messo in moto una campagna di sicurezza tale che i terroristi sono stati o arrestati, o uccisi, per cui la situazione ora è abbastanza regolare. Addirittura, il numero delle chiese è stato portato a 2900 edifici, ripristinando anche dei luoghi di culto che erano sconsacrati. Per favorire la comunità copta sono state restaurate le chiese più antiche con i fondi pubblici. Alla visita storica che il patriarca Tewrodos ha fatto in Vaticano circa tre mesi fa incontrando Papa Francesco, ha sottolineato egli stesso come Abdel Fatah Al Sisiha lavorato e sta lavorando per avere una Repubblica fondata sui valori dei diritti umani” accogliendo due dei suoi stessi grandi obiettivi condivisi: la lotta al terrorismo che è quasi completamente debellato, e la tutela delle minoranze religiose. Anche le sinagoghe e il patrimonio ebraico storico sono stati valorizzati istituendo un Ministero per gli Affari religiosi che si occupa del patrimonio archeologico, storico e sacro dell’Egitto. Tornando al ‘signore che ha ricevuto la grazia presidenziale’, e mi riferivo a Patrick Zaki che sappiamo bene essere copto, costui nelle sue affermazioni contro il governo egiziano, sembra quasi non viva in Egitto! Gli egiziani vedono la realtà delle sinagoghe restaurate e aperte, delle chiese copte ripristinate, per cui i copti sentono finalmente che la propria situazione è estremamente migliorata rispetto al passato tragico della leadership di Mohamed Morsi; e a smentire Zaki è lo stesso Patriarca Tewrodos II che riconosce pubblicamente i meriti di Al-Sisi. Patrik Zaki fa la sua propaganda millantando che il governo egiziano perseguita i copti, ma lavora per una ONG finanziata con fondi anglosassoni per cui è palese possa esserci un secondo fine dietro le sue parole, anche perché è evidente il contrario, e cioè che in Egitto la situazione è un’altra. Zaki collabora con quelle sedicenti organizzazioni che definiscono “prigionieri politici” o “perseguitati” proprio coloro che hanno compiuto attentati nei confronti di magistrati, soldati, e civili! Abdel Fattah Al-Sisi è scomodo a chi tenta di destabilizzare l’area, per cui, attaccarlo mediaticamente dicendo che in Egitto si perseguitano i copti senza che corrisponda alla verità attuale, è una manovra subdola cui Patrik Zaki partecipa. Ma contano i fatti, non le parole! E queste chiacchiere rischiano di ledere la sicurezza nazionale a beneficio di disordini anche nelle comunità che vivono all’estero. La verità, in Egitto, è che tutta la comunità copta sostiene il Presidente Al Sisi”.

-Uno dei progetti portati avanti in questi anni da ‘Eridanus’ è la creazione di un cimitero per culti non cattolici in Umbria. A che punto è la realizzazione?

Chiara Cavalieri: “E’ da tempo che me ne ero interessata. In Umbria non c’è un cimitero per culti a-cattolici e ho deciso di farne una mia battaglia. Devo ringraziare l’attuale amministrazione ternana di Stefano Bandecchi che si è subito messa a disposizione rendendolo possibile, e nei prossimi giorni abbiamo fissato l’appuntamento con l’ingegnere che si occuperà dei lavori. Sarà un “cimitero per tutti”. Una società si capisce quanto sia civile anche da come tiene i propri defunti, e le comunità di cittadini musulmani, ebrei, di culto diverso dal cattolico che vivono e lavorano in Umbria da anni, sono costretti a pagare un volo per riportare le salme dei propri cari nei luoghi di appartenenza – Egitto o Marocco – con costi altissimi. In fondo, dal punto di vista umano, una piccola donna cristiana, quale io sono, ha aiutato la comunità musulmana a ottenere qualcosa che è un simbolo di civiltà”. Una piccola donna cristiana che coltiva il suo interesse per l’Egitto limando le relazioni con l’Italia, è sicuramente coinvolta culturalmente ed emotivamente con le evoluzioni che la “donna egiziana” ha attraversato in questo territorio. Il fatto che la politica egiziana attuale ha rivalutato e rivendicato la figura femminile dopo una precedente parentesi di umiliazione non può che aver rafforzato una scelta di rappresentare il legame dell’Egitto con l’Italia, di cui la Cavalieri si fa promotrice, considerando che “la donna egiziana è sempre stata molto emancipata ma con Mohamed Morsi al potere, le donne erano state relegate ai margini”. Chiara Cavalieri ricorda il caso dell’ex Ministro della cultura Ines Abdel Dayem che venne immediatamente licenziata sotto la spinta della Muslim Brotherhood: “Quando Abdel Fattah Al-Sisi è diventato presidente, una delle cose che ha fatto, decaduto Morsi, è stata quella di rinominare Adbdel Dayem nel suo ruolo di Ministro, ed inoltre, ha premuto perché si istituisse il “National Council for Egyptian Woman”, la cui Presidente è Maya Morsy che si occupa a livello politico ed economico delle donne, anche in zone più rurali e più difficili dell’Egitto. Ha elaborato una legislazione per tutelare le donne e per aiutarle nella gestione economica o anche a creare delle aziende. Vi si svolgono, inoltre, campagne di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, ed una delle cose eccezionali, oltre a far ricoprire alle donne vari incarichi tra ministeri e anche governatorati delle città, è stata emanata una legge contro l’infibulazione, inasprendo enormemente le pene contro questa pratica che appartiene ad un retroscena culturale, soprattutto islamico ma anche copto. Abdel Fattah Al Sisi ritiene che la donna sia “un pilastro fondamentale della società egiziana e che vada tutelata”. Anche sulla disabilità, il governo ha emanato una legge nel 2018 che prevede l’accesso dei disabili ai servizi sanitari e sociali ed eliminazione delle barriere architettoniche, con assistenza per l’integrazione al lavoro. Vedendo questi progressi, è chiaro che io sostenga questo tipo di politica e forse, ‘Eridanus’ è nata anche per questo: per portare meglio a conoscenza di quel che accade in Egitto ed anche dei progressi degli ultimi anni”.           Con lo sguardo puntato sul Medio Oriente, in attesa di un progetto cui Chiara Cavalieri sta lavorando e si tratta del ‘Terzo Forum culturale Italo-Egiziano’ cui parteciperanno il Viceministro della Cultura, artisti, sindaci, caratterizzato da un gemellaggio tra città, ma che è stato posticipato per via della situazione palestinese, si conclude questa conversazione, ricordando che in guerra a farne le spese sono soprattutto gli innocenti! Nel caso di Gaza si assiste all’amplificazione di una strage, in una terra che è la Palestina e che fa dei bambini “il limo del suo popolo”. Ecco perché i paesi mediatori che godono di esperienza diplomatica, come l’Egitto, vanno preservati e protetti nella loro funzione di pacificazione.        

“Non è una guerra religiosa nonostante lo si dica in molti casi, e mi auguro che si riesca a trovare una via di dialogo per una soluzione di questo conflitto e di tutti i conflitti, per non crescere le future generazioni in un clima d’odio. La cultura della vita deve prevalere sulla cultura della morte!”  – CHIARA CAVALIERI

Due piatti tipici egiziani: Falafel di ceci e la Lamolocheja [piatto antichissimo a base di zuppa di verdure e legumi, viene soprannominato ‘piatto dei faraoni’].

19 novembre2023 – PAOLA MORA – Qui Radio LONDRA Tv

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