Consapevolezza, coraggio, generosa soggettività e devozione alla musica sono alcune delle qualità che sono emerse al debutto di questo straordinario pianista, che affonda le sue origini nella cultura slava e mitteleuropea; qualità che sostengono un grandissimo spessore artistico. Un concerto di ampio respiro, da Chopin agli autori russi, affidato a uno dei migliori nuovi talenti del nostro paese. Insignito nel 2023 del Premio Abbiati dall’Associazione Nazionale Critici musicali italiani come miglior solista, Alexander Gadjiev è uno dei nuovi talenti italiani che si sta affermando velocemente e senza sosta a livello internazionale. Classe 1994, nato a Gorizia da una famiglia di musicisti e cresciuto nel cuore della cultura mitteleuropea, storicamente naturale crocevia di popoli, culture, lingue, Alexander ha maturato una naturale capacità di assorbire, elaborare e rivisitare con gusto proprio stili e linguaggi musicali diversi. Vincitore di premi e riconoscimenti internazionali, fra cui Premio Venezia (XXX edizione) e BBC New Generation Artist per il triennio 2019-2021, il suo nome sala alla ribalda nel 2021 con il secondo premio e del premio speciale Krystian Zimerman “per la miglior esecuzione di una Sonata” al XVIII Concorso Chopin di Varsavia e il Primo Premio al Concorso Internazionale di Sydney. Negli ultimi anni è stato invitato ad esibirsi in tutta Europa, Estremo Oriente e Australia. È ambasciatore culturale di “Nova Gorica/Gorizia, Capitale Europea della Cultura 2025”.
È stato dunque molto atteso il suo debutto all’Accademia Filarmonica Romana giovedì 11 aprile sul palco del Teatro Argentina, per un programma di ampio respiro capace di cogliere stili diversi, mettendo in gioco tutte le sfumature tecniche e timbriche dello strumento. Il concerto:
Consapevolezza, coraggio, generosa soggettività e devozione alla musica, ho anticipato in apertura, sono alcuni dei valori che ha saputo mostrare e offrire Alexander Gadjiev già in apertura di concerto, facendosi anticipare solo dalla sua voce fuori palco che ha invitato il pubblico ad entrare dentro il silenzio e mantenerlo per due minuti prima che la prima nota riconducesse al mondo dei suoni. Trovo che questa richiesta non abbia rappresentato soltanto una volontà di pulire lo spazio acustico e l’orecchio del pubblico prima dell’inizio del concerto, ma che essa si sia rivelata essere un vero e proprio rituale, catartico, primitivo, potentemente teatrale e tra i più suggestivi mai vissuti in un concerto e che tratteggiano il tipo di relazione che il pianista ha stabilito e conduce con l’arte. Ad aprire la serata la trascrizione per pianoforte del Preludio, fuga e variazioni op. 18 lavoro originariamente per organo di elegante fattura di César Franck. Già in apertura si è potuto cogliere la grandezza tecnica di Gadjiev, che padroneggia la coppia formale preludio-fuga che viene resuscitata nell’op. 18 di Frank, dopo i fasti bachiani. Se possibile è proprio nella seriosità della fuga e dell’impegno spirituale di cui si incarica, che il pianista riesce a dare il meglio di sé.
I due Notturni che si sono susseguiti, il n. 1 e 2 dall’op. 15, e lo Scherzo n. 3 op. 39 di Chopin, autore particolarmente amato da Gadjiev hanno rappresentato momenti di struggente densità esecutiva. Di diverso stile è stata la Sonata n. 9 op. 68 nota come “Messa nera” di Aleksandr Skrjabin, fra le ultime composte dall’autore russo per tastiera, fra il 1912 e il ’13: crescente tensione, marcato cromatismo e dissonanze sono solo alcune caratteristiche di questa impervia sonata, che richiede all’interprete grande impegno tecnico e musicale, che Gadjiev è riuscito a dimostrare quasi come se non gli costasse impegno, con una fluidità e leggerezza esemplari. Assai celebre il pezzo conclusivo, i Quadri di un’esposizione di Musorgskij, l’opera pianistica più conosciuta del compositore russo, scritta nel 1874 per ricordare l’amico architetto e pittore Viktor Hartmann morto l’anno precedente. Ispirate a una serie di opere di Hartmann esposte a Pietroburgo, la composizione, dalla grande capacità visionaria che attinge anche a temi e scene popolari, si presenta come un percorso ideale in cui si alternano pagine descrittive (i quadri) con brevi episodi musicali che indicano lo spostamento del visitatore da una sala all’altra (Promenade). Il pianista inoltre ha ben spiegato che se dovesse riassumere in una frase cosa rappresentano per lui i quadri li definirebbe musica atavica oppure Divina Commedia dello spirito russo, perché i quadri di un’esposizione sono dei veri e propri gironi infernali nei quali vengono affrontate tematiche basse, grottesche, nude e crude, ma anche spirituali. Ogni tema ha una caratteristica umana corporea. Chopin lo potremmo associare a un mondo più lirico più leopardiano, mentre Musorgskij è proprio dantesco. Gadjiev, infatti ha spiegato che il criterio con cui costruisce i suoi programmi musicali ha a che fare con il bilanciamento degli elementi; accostare quindi pezzi che lui ritiene più liquidi con altri più solidi e spiega che per tale ragione ha voluto collegare l’atmosfera spaziale, terrena, oscura presente nella nona Sonata di Skrjabin e i Quadri di un’esposizione dove ci sono elementi esoterici ma anche corporali che si contrappongo alla dimensione luminosa di Franck. Durante il concerto il pubblico ha potuto apprezzare anche la generosità con cui il pianista ha concesso diversi bis, mentre il pubblico ha applaudito con calore uno dei concerti più intensi della stagione della Filarmonica Romana. Peccato soltanto per l’occasione persa, di un gruppo di studenti, di ascoltare con più attenzione e fare proprio, almeno durante il concerto, quel prezioso invito al silenzio che si sarebbe rivelato più fertile per loro che per l’artista . l’Accademia Filarmonica Romana ha rivelato ancora una volta di essere un grandissimo riferimento nazionale per la musica da camera e per la capacità di offrire al suo pubblico i più grandi musicisti della nuova panoramica internazionale.
Il programma di stagione continuerà con il sesto e ultimo concerto del lungo viaggio intrapreso dall’eccellenza del Quartetto Prometeo tre stagioni fa con l’esecuzione integrale dei Quartetti per archi di Dmitrij Šostakóvič. Giovedì 9 maggio (ore 21) al Teatro Argentina, Nurit Stark (primo violino che ha recentemente preso il posto di Giulio Rovighi, sarà il suo primo concerto con il Prometeo), Aldo Campagnari (secondo violino), Danusha Waskiewicz (viola) e Francesco Dillon (violoncello) affrontano gli ultimi due delle quindici composizioni che l’autore sovietico ha destinato al quartetto d’archi. Composti fra il 1938 e il 1974, attraversano una fetta importante della storia del Novecento che va dalla Seconda Guerra Mondiale ai primi segni di distensione della guerra fredda. La storia e l’esperienza personale di Šostakovič rivivono e si intrecciano in queste composizioni che diventano preziosa testimonianza di un’epoca storica e di un particolare sentire musicale. Concluderanno gli appuntamenti di stagione di musica da camera al Teatro Argentina I Barocchismi, gruppo internazionalmente apprezzato quale complesso di riferimento per l’esecuzione del repertorio antico su strumenti storici.
26 giugno 2024 – ROSALBA PANZIERI – Qui Radio Londra Tv