LO STORICO INTERVENTO DI PUTIN AL FORUM VALDAI: I SEGRETI DEL NUOVO ORDINE MULTIPOLARE
Traduzione e introduzione a cura di Paola Mora Sabatino
La conferenza annuale del Club di Valdaj, che si è tenuta tradizionalmente nella località russa da cui prende il nome, e che rispecchia paesaggisticamente la squisitezza e incanto del tenore mite delle lucide discussioni, si è ulteriormente abbellita delle parole, già considerate oggettivamente storiche, del versatile Presidente di Russia Vladimir Putin. Nella parte introduttiva, egli si è soffermato sull’analisi di ciò che è stato e di ciò che sarà, nulla più come prima, per via dell’insofferenza mondiale dei più, nei confronti di quei presuntuosi blocchi occidentali che hanno impedito per anni scambi commerciali equi, pace, armonia culturale, in nome di un proprio ostile controllo totalitario. Blocchi, che si stanno sgretolando. Gli interventi di chi si è esposto a Valdaj e dello stesso Presidente di Russia, sono stati recepiti sicuramente da Washington dal momento che, a margine di un discorso sulla fiducia che è necessario ripristinare con l’Occidente ancora troppo rissoso, proprio Putin ha dichiarato di volere un confronto risolutivo con Donald Trump, il quale, ha risposto immediatamente a questo appello indiretto. Putin ha affermato di considerare il neo-eletto presidente americano Donald Trump – che entrerà nel pieno delle sue funzioni dal 20 gennaio 2025 – un leader coraggioso per il modo in cui ha affrontato un attentato alla sua vita, che in condizioni estreme si dimostra ragionevolmente una persona corretta, e che nella prima presidenza aveva le mani legate su molte questioni. Adesso, questa elezione cui fa capo la promessa elettorale di Trump di pacificare le guerre, apre a una opportunità di diplomazia e dialogo da cogliersi. La Russia non mira ad uno scontro col blocco atlantico, ma alla pacificazione. L’Operazione Militare Speciale avviata nel 2022 aveva lo scopo di mettere fine a un conflitto incominciato ben prima del 2014, ed oggi, volge al termine. Resta che sedersi a negoziare con un’Ucraina perdente, distrutta, che ha visto assottigliarsi il territorio dopo la prorompente avanzata russa. Recentemente, l’ex ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha confessato che negli uffici degli Usa esiste una cartellina in cui, nero su bianco, era espressa la consapevolezza da parte americana, che l’Ucraina sarebbe finita distrutta, ma, ovviamente, per la sete espansionistica dell’occidente la si poteva tranquillamente sacrificare anziché applicarsi immediatamente a un dialogo coi russi prima di veder che le si sottraessero così tanti chilometri di terra. Putin si è mostrato così disponibile, in una posizione palese di vantaggio sul campo e in prospettiva di negoziati, a una conversazione telefonica con D.Trump, il quale, stava seguendo evidentemente il Forum e non ha esitato a ricambiare la volontà di iterazione. E’ parso sconvolgente ai mass-media occidentali, tuttavia, questo approccio diplomatico, ma esso è la normalità pragmatica delle relazioni tra esponenti dei Paesi del mondo. Non siamo più abituati alla diplomazia, ma è la normale e propedeutica prassi. E’ un aspetto che in Europa non è ultimamente contemplato, di cui ci si lava la bocca senza intraprenderla, masticando la parola pace con riluttanza e assenza di spirito di confronto. Trump ha ricordato a tutti come si fa diplomazia, in cosa consiste, perché è essenziale. La volontà delle parti a parlarsi, anche se non sarà semplice un accordo dal momento che la Russia e l’America sono storicamente due competitor assennate, è una indicazione di come si dovrebbe trattare la materia della politica estera tra persone di buon senso. Tuttavia, i media occidentali hanno fossilizzato tutto lo spazio dei propri contenuti giornalistici al pettegolezzo per cui ci sarà una telefonata tra Putin e Trump, ma si sono dimenticati di tutto il resto della discussione tenuta al Forum. Sintomo di una pochezza culturale mostruosa e di una carenza professionale acuta nel settore dell’informazione. Come già anticipato, il Presidente russo V. V. Putin, dopo i ringraziamenti di rito ha spaziato tra presente, passato e futuro, per spiegare in cosa si traduce, secondo lui, un nuovo ordine mondiale: da quale esigenza è nato, come è destinato ad evolversi, disegnando la perfetta cartina geografica del mondo che verrà di cui faremo parte. Una sfida difficile, che non è possibile prevedere come andrà perché, dice Putin, è tutto in perpetua evoluzione. Di certo, dipenderà dal comune sforzo di vivere le relazioni con un approccio diverso e di umiltà. In particolare, Putin affossa la teoria complottista di una Cina totalitaria che vuole tutti gli schiavi ai suoi piedi. La descrive come una saggia interprete del futuro, rispettosa delle culture, che fonda economia e vantaggi personali su una pacifica e proficua coesistenza con tutti gli altri.
Vladimir Putin :
“Buon pomeriggio, signore e signori, amici. Sono lieto di accogliervi tutti al nostro tradizionale incontro del “Club Valdai”. Il 7 novembre è una data significativa sia per la Russia che per il mondo intero. La Rivoluzione russa del 1917, come a suo tempo le rivoluzioni olandese, inglese e francese, divennero tutte, in una certa misura, pietre miliari nel percorso di sviluppo dell’umanità e determinarono in larga misura il corso della storia, la natura della politica, della diplomazia, delle economie. Siamo destinati a vivere in un’era di cambiamenti fondamentali, rivoluzionari. Il Club Valdai ha già 20 anni, quasi la stessa età del nostro secolo. A proposito, in casi come questo si dice che il tempo vola velocemente, ma non in questo caso. Questi due decenni sono stati più che pieni degli eventi più importanti, a volte drammatici, di portata storica. Stiamo assistendo alla formazione di un ordine mondiale completamente nuovo, diverso da quello del passato, come i sistemi di Westfalia o di Yalta. Stanno nascendo nuovi poteri. Le nazioni stanno diventando sempre più consapevoli dei propri interessi, del proprio valore, unicità e identità. Gli esperti parlano della minaccia di nuovi conflitti regionali, di epidemie globali, di aspetti etici complessi e controversi dell’interazione tra uomo e intelligenza artificiale, di come tradizioni e progresso si conciliano tra loro. Se si guarda indietro di 20 anni e si valuta la portata dei cambiamenti, per poi proiettarli negli anni a venire, si può presumere che i prossimi vent’anni non saranno meno, se non più difficili. E quanto più difficili saranno, dipende da una moltitudine di fattori. Arriva, in un certo senso, il momento della verità. Il precedente assetto mondiale sta scomparendo, anzi è già scomparso, e si sta svolgendo una lotta seria e inconciliabile per lo sviluppo di un nuovo ordine mondiale. È uno scontro tra gli stessi principi che saranno alla base delle relazioni tra paesi e popoli nella prossima fase storica. Il suo esito determinerà se saremo in grado, attraverso sforzi congiunti, di costruire un mondo che consentirà a tutte le nazioni di sviluppare e risolvere le contraddizioni emergenti basate sul rispetto reciproco per le culture e le civiltà, senza coercizione e uso della forza. E infine, se la società umana sarà in grado di conservare i suoi principi etici umanistici e se un individuo sarà in grado di rimanere umano. A prima vista potrebbe sembrare che non ci siano alternative. Eppure, purtroppo, c’è. È l’immersione dell’umanità negli abissi dell’anarchia aggressiva, delle divisioni interne ed esterne, dell’erosione dei valori tradizionali, dell’emergere di nuove forme di tirannia e dell’effettiva rinuncia ai principi classici della democrazia, insieme ai diritti e alle libertà fondamentali. Sempre più spesso la democrazia viene interpretata non come il governo della maggioranza ma della minoranza. La democrazia tradizionale e il governo del popolo vengono contrapposti a una nozione astratta di libertà, per il bene della quale, come alcuni sostengono, le procedure democratiche, le elezioni, l’opinione della maggioranza, la libertà di parola e media imparziali possono essere ignorati o sacrificati. Il pericolo sta nell’imposizione di ideologie totalitarie e nel renderle la norma, come esemplificato dallo stato attuale del liberalismo occidentale. Questo moderno liberalismo occidentale, a mio avviso, è degenerato in un’estrema intolleranza e aggressività verso qualsiasi pensiero alternativo o sovrano e indipendente. Oggi cerca addirittura di giustificare il neonazismo, il terrorismo, il razzismo e persino il genocidio di massa di civili. Inoltre, ci sono conflitti e scontri internazionali carichi di pericolo di distruzione reciproca. Le armi che possono causare ciò esistono e vengono costantemente migliorate, assumendo nuove forme man mano che le tecnologie avanzano. Il numero di nazioni che possiedono tali armi è in crescita e nessuno può garantire che queste armi non verranno utilizzate, soprattutto se le minacce si moltiplicano progressivamente e le norme legali e morali vengono infine infrante. Ho già affermato che abbiamo raggiunto le linee rosse. Gli appelli dell’Occidente a infliggere una sconfitta strategica alla Russia, una nazione con il più grande arsenale di armi nucleari, rivelano lo sconsiderato avventurismo di alcuni politici occidentali. Una fede cieca nella propria impunità e nel proprio eccezionalismo potrebbe portare a una catastrofe globale. Nel frattempo, gli ex egemoni, abituati a governare il mondo fin dai tempi coloniali, sono sempre più stupiti dal fatto che i loro comandi non vengano più ascoltati. Gli sforzi per aggrapparsi al loro potere in diminuzione attraverso la forza si traducono solo in una diffusa instabilità e in ulteriori tensioni, che portano a vittime e distruzione. Tuttavia, questi sforzi non riescono a raggiungere il risultato desiderato di mantenere un potere assoluto. Il cammino della storia non può essere fermato. Invece di riconoscere la futilità delle loro ambizioni e la natura oggettiva del cambiamento, alcune élite occidentali sembrano pronte a fare di tutto per contrastare lo sviluppo di un nuovo sistema internazionale che si allinei con gli interessi della maggioranza globale. Nelle recenti politiche degli Stati Uniti e dei loro alleati, ad esempio, il principio “Non apparterrai a nessuno!” oppure “o sei con noi o sei contro di noi” è diventato sempre più evidente. Voglio dire che una formula del genere è molto pericolosa. Dopotutto, come dice il nostro e molti altri paesi, “ciò che va torna indietro“. Il caos, una crisi sistemica si sta già intensificando proprio nelle nazioni che tentano di attuare tali strategie. La ricerca dell’esclusività, del messianismo liberale e globalista e del monopolio ideologico, militare e politico sta impoverendo costantemente quei paesi che perseguono questi percorsi, spingendo il mondo verso il declino e in netto contrasto con gli interessi genuini delle persone negli Stati Uniti e nei paesi europei. Sono fiducioso che prima o poi l’Occidente arriverà a questa realizzazione. A differenza dei nostri omologhi, la Russia non vede la civiltà occidentale come un avversario, né pone la questione “noi o loro”. Ribadisco: “O sei con noi o contro di noi” non fa parte del nostro vocabolario. Non abbiamo alcun desiderio di insegnare a nessuno o di imporre a nessuno la nostra visione del mondo. La nostra posizione è aperta ed è la seguente. L’Occidente ha infatti accumulato significative risorse umane, intellettuali, culturali e materiali che gli consentono di prosperare come uno degli elementi chiave del sistema globale. Tuttavia, è proprio “uno dei” insieme ad altre nazioni e gruppi in rapido progresso nel nuovo ordine internazionale Non è una considerazione. Quando, ad esempio, Washington e le altre capitali occidentali capiranno e riconosceranno questo fatto incontrovertibile, il processo di costruzione di un sistema mondiale che affronti le sfide future entrerà finalmente nella fase di vera creazione, e ciò dovrebbe avvenire al più presto. Ciò è nell’interesse comune, soprattutto dell’Occidente stesso. Finora noi – cioè tutti coloro che sono interessati a creare un mondo giusto e stabile – abbiamo impiegato troppe energie per resistere alle attività distruttive dei nostri avversari che si aggrappano. al loro monopolio. Questo è ovvio e tutti, a ovest, a est, a sud e ovunque, ne sono consapevoli. Stanno cercando di preservare il loro potere e il loro monopolio, il che è ovvio. A differenza delle precedenti versioni dell’ordine mondiale, il nuovo mondo è caratterizzato da una combinazione o esistenza parallela di due elementi apparentemente incompatibili: un potenziale di conflitto in rapida crescita e la frammentazione delle sfere politica, economica e giuridica, da un lato, e il continuo d’altro canto, la stretta interconnessione dello spazio globale nel suo insieme. Ciò può sembrare paradossale. Ci siamo abituati al fatto che queste tendenze si susseguono e si sostituiscono. Per secoli, ai tempi dei conflitti e delle divisioni sono seguiti periodi più favorevoli di interazione. Questa è la dinamica dello sviluppo storico. Si scopre che questo principio non si applica più. Riflettiamo su questo. Conflitti violenti, concettuali e altamente emotivi complicano notevolmente lo sviluppo globale, ma non lo fermano. Nuovi legami di interazione emergono al posto di quelli distrutti dalle decisioni politiche o anche dai metodi militari. Questi nuovi collegamenti possono essere molto più complicati e talvolta contorti, ma aiutano a mantenere i legami economici e sociali. Possiamo parlare per esperienza qui. Recentemente, l’Occidente collettivo – il cosiddetto Occidente collettivo – ha compiuto un tentativo senza precedenti di bandire la Russia dagli affari globali e dai sistemi economici e politici internazionali. Il numero di sanzioni e misure punitive applicate contro il nostro Paese non ha analoghi nella storia. I nostri avversari presumevano che avrebbero inflitto una sconfitta schiacciante, infliggendo un colpo mortale alla Russia dal quale non si sarebbe più ripresa, cessando così di essere uno degli appuntamenti permanenti nella comunità internazionale. Penso che non sia necessario ricordarti cosa è realmente successo. La verità è che il mondo ha bisogno della Russia, e nessuna decisione presa da individui a Washington o Bruxelles che credono che gli altri debbano seguire i loro ordini può cambiare questa situazione. Lo stesso vale per le altre decisioni. Anche un nuotatore esperto non andrà molto lontano controcorrente, indipendentemente dai trucchi o addirittura dal doping che potrebbe usare. La corrente della politica globale, il mainstream, sta correndo dal fatiscente mondo egemonico verso una crescente diversità, mentre l’Occidente cerca di nuotare controcorrente. Questo è ovvio; come si dice, non c’è premio per indovinare. È semplicemente così chiaro. Dalla metà del secolo scorso , quando il nazismo, l’ideologia più dannosa e aggressiva, frutto di feroci controversie nella prima metà del XX secolo, fu sconfitto con un’azione tempestiva e a costo di enormi perdite, l’umanità si trovò di fronte al compito di evitare la rinascita di questo male e una ricorrenza delle guerre mondiali. Nonostante tutti gli zigzag e le scaramucce locali, a quel tempo il vettore generale era definito. Si è trattato di un rifiuto totale di ogni forma di razzismo, dello smantellamento del sistema coloniale classico e dell’inclusione di un maggior numero di partecipanti a pieno titolo nella politica internazionale. C’era un’evidente richiesta di apertura e democrazia nel sistema internazionale, insieme a una rapida crescita in diversi paesi e regioni e all’emergere di nuovi approcci tecnologici e socioeconomici volti ad espandere le opportunità di sviluppo e raggiungere la prosperità. Come ogni altro processo storico, questo ha dato origine a uno scontro di interessi. Il nostro paese, allora chiamato Unione Sovietica ha assistito gli stati che avevano rinunciato alla dipendenza coloniale o neocoloniale, sia in Africa, nel Sud-Est asiatico, nel Medio Oriente o in America Latina. Vorrei sottolineare che, a metà degli anni ‘80, fu l’Unione Sovietica a chiedere la fine del confronto ideologico, il superamento dell’eredità della Guerra Fredda, la fine della Guerra Fredda e del suo retaggio, e l’eliminazione delle barriere che ostacolato l’unità globale e lo sviluppo globale globale. Sì, il nostro atteggiamento nei confronti di quel periodo è complicato, alla luce delle conseguenze delle politiche della leadership politica nazionale. Dobbiamo affrontare alcune tragiche conseguenze e stiamo ancora combattendo contro di esse. Vorrei evidenziare le spinte ingiustificatamente idealistiche dei nostri leader e della nostra nazione, così come i loro approcci a volte ingenui, come possiamo vedere oggi. Indubbiamente, ciò era motivato da sincere aspirazioni alla pace e al benessere universale. In realtà, ciò riflette un tratto saliente della mentalità della nostra nazione, delle sue tradizioni, dei suoi valori e delle sue coordinate spirituali e morali. Ma perché queste aspirazioni hanno portato a risultati diametralmente opposti? Questa è una domanda importante. Conosciamo la risposta e ne ho parlato più volte, in un modo o nell’altro. L’altra parte in conflitto ideologico ha percepito questi sviluppi storici come un trionfo e una vittoria, considerandoli come la resa del nostro Paese all’Occidente e come un’opportunità e il diritto del vincitore di stabilire un dominio completo, piuttosto che come un’opportunità per ricostruire il mondo sulla base di concetti e principi nuovi ed equi. Ne ho parlato qualche tempo fa, e ora lo accennerò brevemente, senza fare nomi. A metà degli anni ’90 e anche alla fine degli anni ’90, un politico statunitense osservò che, da quel momento in poi, avrebbero trattato la Russia non come un avversario sconfitto ma come uno strumento contundente nelle loro stesse mani. Questo era il principio da cui erano guidati. Mancavano di una visione ampia e di una consapevolezza culturale e politica complessiva; non sono riusciti a comprendere la situazione e a comprendere la Russia. Distorcendo i risultati della Guerra Fredda per soddisfare i propri interessi e rimodellando il mondo secondo le proprie idee, l’Occidente ha mostrato un’avidità geopolitica flagrante e senza precedenti. Queste sono le vere origini dei conflitti nella nostra epoca storica, a cominciare dalle tragedie in Jugoslavia, Iraq, Libia e ora in Ucraina e Medio Oriente. Alcune élite occidentali pensavano che il loro monopolio e il momento di unipolarità in senso ideologico, economico, politico e in parte anche militare-strategico fossero il punto di arrivo. Eccoci qui.
Fermati e goditi il momento!
Questa è la fine della storia, come hanno annunciato con arroganza. Non ho bisogno di dire a questo pubblico quanto fosse miope e impreciso questo presupposto. La storia non è finita. Al contrario, è entrata in una nuova fase. E la ragione non è che alcuni oppositori maligni, rivali o elementi sovversivi abbiano impedito all’Occidente di stabilire il suo sistema di potere globale. A dire il vero, dopo il crollo dell’Unione Sovietica come alternativa socialista sovietica, molti pensavano che il sistema di monopolio fosse destinato a durare, quasi per tutta l’eternità, e che dovessero adattarsi ad esso. Ma quel sistema ha iniziato a vacillare da solo, sotto il peso delle ambizioni e dell’avidità delle élite occidentali. Quando videro che altre nazioni diventavano prospere e assumevano la leadership nel sistema che avevano creato per soddisfare le loro esigenze, dobbiamo ammettere che le nazioni vincitrici crearono il sistema di Yalta per soddisfare le proprie esigenze dopo la Seconda Guerra Mondiale e più tardi, dopo la Guerra Fredda, quelle che pensavano di aver vinto la Guerra Fredda iniziarono ad adattarla per adattarla alle proprie esigenze – quindi, quando videro che altri leader apparivano nel quadro del sistema che avevano creato per soddisfare le proprie esigenze, cercarono immediatamente di adattarlo. A quale conflitto stiamo assistendo oggi? Sono fiducioso che non si tratti di un conflitto di tutti contro tutti causato da una deviazione dalle regole di cui l’Occidente continua a raccontarci. Niente affatto. Si tratta di un conflitto tra la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, che vuole vivere e svilupparsi in un mondo interconnesso e ricco di opportunità, e la minoranza globale, la cui unica preoccupazionenè la conservazione del proprio dominio. Per raggiungere questo obiettivo, sono pronti a distruggere le conquiste che sono il risultato di un lungo periodo di movimento verso un sistema globale comune. Come vediamo, non ci riescono e non ci riusciranno. L’Occidente tenta ipocritamente di persuaderci che le conquiste perseguite dall’umanità a partire dalla Seconda Guerra Mondiale sono in pericolo. Non è affatto così. Sia la Russia che la stragrande maggioranza delle nazioni sono impegnate a rafforzare lo spirito di progresso internazionale e le aspirazioni per una pace duratura che sono state fondamentali per lo sviluppo dalla metà del XX secolo. Ciò che è veramente in gioco è qualcosa di completamente diverso. La posta in gioco è il monopolio dell’Occidente, emerso dopo il crollo dell’Unione Sovietica e mantenuto temporaneamente alla fine del XX secolo. Ma lasciatemi ribadire, come capiscono coloro che sono qui riuniti: qualsiasi monopolio, come ci insegna la storia, prima o poi finisce. Non ci possono essere illusioni su questo. Il monopolio è invariabilmente dannoso, anche per gli stessi monopolisti. Le politiche delle élite all’interno dell’Occidente collettivo possono essere influenti, ma data l’appartenenza limitata a questo club esclusivo, non sono né lungimiranti né creative; piuttosto, si concentrano sul mantenimento dello status quo. Qualsiasi appassionato di sport, per non parlare dei professionisti del calcio, dell’hockey o delle arti marziali, sa che una strategia di presa porta quasi invariabilmente alla sconfitta. Passando alla dialettica della storia, possiamo affermare che la coesistenza del conflitto e la ricerca dell’armonia è intrinsecamente instabile. Le contraddizioni della nostra epoca devono alla fine essere risolte attraverso la sintesi, passando a una nuova qualità. Mentre ci imbarchiamo in questa nuova fase di sviluppo, costruendo una nuova architettura globale, è fondamentale per tutti noi evitare di ripetere gli errori della fine del XX secolo. Nel mondo multipolare emergente non dovrebbero esserci nazioni o popoli lasciati perdenti o che si sentano offesi e umiliati. Solo allora potremo garantire condizioni veramente sostenibili per uno sviluppo universale, equo e sicuro. Naturalmente, l’epicentro dei cambiamenti tettonici portati a causa dei profondi cambiamenti nel sistema globale, è difficile prevedere il futuro. Il tentativo di costruire barriere artificiali non solo è viziato perché impedisce una progressione economica normale e vantaggiosa per tutti, ma anche perché è particolarmente pericoloso in mezzo ai disastri naturali e alle turbolenze socio-politiche, che, sfortunatamente, sono fin troppo comuni negli affari internazionali. Per fare un esempio, consideriamo lo scenario che si è verificato l’anno scorso in seguito al devastante terremoto in Asia Minore. Per ragioni puramente politiche, gli aiuti al popolo siriano sono stati ostacolati, facendo sì che alcune regioni abbiano subito il peso maggiore della calamità. Tali esempi di interessi egoistici e opportunistici che ostacolano il perseguimento del bene comune non sono isolati. L’ambiente senza barriere a cui alludevo l’anno scorso è indispensabile non solo per la prosperità economica, ma anche per l’economia e per affrontare le acute esigenze umanitarie. Inoltre, mentre affrontiamo nuove sfide, comprese le ramificazioni dei rapidi progressi tecnologici, è imperativo per l’umanità consolidare gli sforzi intellettuali. È significativo che coloro che oggi si presentano come i principali avversari dell’apertura siano proprio gli individui che, fino a poco tempo fa, ne esaltavano le virtù con grande fervore. Attualmente, queste stesse forze e individui tentano di utilizzare le restrizioni come strumento di pressione contro i dissidenti. Questa tattica si rivelerà inutile, per lo stesso motivo per cui la stragrande maggioranza globale sostiene un’apertura priva di politicizzazione; dobbiamo evitare uno scenario in cui il modello di un paese o di un segmento relativamente piccolo dell’umanità venga presunto universale e imposto ad altri. In secondo luogo, è insostenibile adottare un codice convenzionale, anche se sviluppato democraticamente, e dettarlo come verità infallibile agli altri per sempre. La comunità internazionale è un’entità vivente, la sua diversità di civiltà la rende unica e presenta un valore intrinseco.
Il diritto internazionale è il prodotto di accordi non tra paesi, ma tra nazioni, perché la coscienza giuridica è parte integrante di ogni singola cultura e di ogni civiltà. La crisi del diritto internazionale, oggi oggetto di ampio dibattito pubblico, è, in un senso, una crisi di crescita. L’ascesa di nazioni e culture che in precedenza erano rimaste alla periferia della politica globale per un motivo o per l’altro significa che le loro idee distinte di diritto e giustizia stanno giocando un ruolo sempre più importante. Sono diversi. Ciò può dare l’impressione di discordanza e forse di cacofonia, ma questa è solo la fase iniziale. È mia profonda convinzione che l’unico nuovo sistema internazionale possibile sia quello che abbraccia la polifonia, dove molti toni e molti temi musicali vengono suonati insieme per formare armonia. Se vogliamo, ci stiamo muovendo verso un sistema mondiale che sarà polifonico anziché policentrico, in cui tutte le voci vengono ascoltate e, soprattutto, devono assolutamente essere ascoltate. Coloro che sono abituati alla solitaria e vogliono mantenerla tale dovranno ora abituarsi ai nuovi “punteggi”. Ho già menzionato il diritto internazionale del dopoguerra Questo diritto internazionale si basa sulla Carta delle Nazioni Unite, scritta dai vincitori Ma il mondo sta cambiando, con nuovi centri di potere che emergono e potenti economie che crescono e si affermano in prima linea. Ciò, prevedibilmente, richiede un cambiamento nella regolamentazione legislativa. La legge riflette la vita, non viceversa. In terzo luogo, abbiamo detto più di una volta che il nuovo mondo può svilupparsi con successo solo attraverso la più ampia inclusione. L’esperienza degli ultimi due decenni ha chiaramente dimostrato a cosa porta l’usurpazione, quando qualcuno si arroga il diritto di parlare e agire per conto di altri. Quei paesi comunemente definiti grandi potenze sono arrivati a credere di avere il diritto di dettare agli altri quali siano i loro interessi – di fatto, di definire gli interessi nazionali degli altri in base ai propri. Ciò non solo viola i principi di democrazia e giustizia, ma, peggio di tutto, ostacola un’effettiva soluzione ai problemi in questione. Nella sua stessa diversità, il mondo emergente è destinato a essere tutt’altro che semplice. Quanti più partecipanti sono coinvolti a pieno titolo in questo processo, tanto più difficile diventa identificare una soluzione ottimale che soddisfi tutte le parti. Tuttavia, una volta raggiunta una soluzione del genere, c’è la speranza che sia sostenibile e duratura. Ciò, a sua volta, ci consente di rinunciare all’arroganza e alle politiche impulsive e capricciose, favorendo invece processi politici che siano allo stesso tempo significativi e razionali, guidati dal principio di ragionevole adeguatezza. In generale, questo principio è enunciato nella Carta delle Nazioni Unite e all’interno del Consiglio di Sicurezza. Che cos’è il diritto di veto A cosa serve Esiste per impedire l’adozione di decisioni che non convengono agli attori della scena internazionale. Questo è vantaggioso o dannoso? Può essere percepito come dannoso da alcuni, poiché consente a una delle parti di ostacolare il processo decisionale. Tuttavia, è vantaggioso in quanto impedisce l’adozione di decisioni inaccettabili per alcune parti. Cosa implica? Cosa significa questa clausola? Ci spinge ad entrare nella camera dei negoziati e a raggiungere un consenso. Questa è la sua essenza. Mentre il mondo passa a una realtà multipolare, dobbiamo sviluppare meccanismi per ampliare l’applicazione di tali principi. In ogni caso, le decisioni non devono solo essere collettive ma devono coinvolgere anche quei partecipanti capaci di dare un contributo significativo e significativo alla risoluzione delle questioni in questione. Ci sono innumerevoli esempi in cui contraddizioni complesse ma risolvibili tra paesi e popoli vicini si sono trasformate in conflitti insolubili ed endemici a causa delle manovre e della palese interferenza di forze esterne, che sono, in sostanza, indifferenti al destino dei partecipanti al conflitto, indipendentemente dalle condizioni spargimenti di sangue o vittime inflitte. Chi interviene dall’esterno lo fa per puro interesse personale, senza assumersi alcuna responsabilità. Inoltre, credo che le organizzazioni regionali assumeranno un ruolo significativo in futuro, poiché le nazioni vicine, indipendentemente dalla complessità delle loro relazioni, sono invariabilmente unite da un interesse condiviso per la stabilità e la sicurezza. Per loro i compromessi sono indispensabili per raggiungere le condizioni ottimali per il proprio sviluppo. Successivamente, il principio chiave della sicurezza per tutti, senza eccezioni, è che la sicurezza di una nazione non può essere garantita a scapito della sicurezza degli altri. Non sto dicendo nulla di nuovo. È stato stabilito nei documenti OSCE. Dobbiamo solo implementarli. La politica del blocco e l’eredità dell’era coloniale della Guerra Fredda sono contrarie all’essenza del nuovo sistema internazionale, che è aperto e flessibile. C’è un solo blocco al mondo che è tenuto insieme dai cosiddetti obblighi e da rigidi dogmi e cliché ideologici. Si tratta dell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, che continua l’espansione verso l’Europa orientale e sta ora cercando di diffondere i suoi approcci in altre parti del mondo, contrariamente ai suoi stessi documenti statutari. È un aperto anacronismo. Abbiamo parlato in più occasioni del ruolo distruttivo che la NATO ha continuato a svolgere, soprattutto dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e dell’Organizzazione del Patto di Varsavia, quando sembrava che l’alleanza avesse perso la ragione formalmente dichiarata e il senso della sua esistenza. Credo che gli Stati Uniti abbiano riconosciuto che questo strumento stava diventando poco attraente e ridondante, ma avevano bisogno del blocco e ne hanno ancora bisogno per esercitare il comando. Ecco perché hanno bisogno di conflitti. Sapete, anche prima che iniziassero i conflitti acuti dei nostri giorni, molti leader europei mi hanno detto: “Perché stanno cercando di spaventarci con te? Non abbiamo paura e non vediamo alcuna minaccia”. Questa è una citazione esatta, credete che anche gli Stati Uniti ne fossero consapevoli o lo percepissero e considerassero la NATO un’organizzazione di secondaria importanza. Credetemi, so di cosa sto parlando. Tuttavia, gli esperti sapevano di aver bisogno della NATO. Come potevano mantenere il suo valore e la sua attrazione? Avevano bisogno di spaventare tutti e di dividere la Russia e l’Europa, soprattutto Russia, Germania e Francia, attraverso i conflitti. Questo è il motivo per cui hanno spinto la situazione verso un colpo di stato in Ucraina e le ostilità nelle regioni sudorientali, nel Donbass. Ci hanno semplicemente costretto a rispondere e, in questo senso, hanno raggiunto il loro obiettivo. Per come la vedo io, la stessa cosa sta accadendo adesso in Asia e nella penisola coreana. In realtà, vediamo che la minoranza globale sta preservando e rafforzando il proprio blocco militare per mantenere il proprio potere. Tuttavia, anche gli stessi paesi del blocco vedono e comprendono che il duro dettato del Grande Fratello non aiuta a raggiungere gli obiettivi che si trovano ad affrontare. Inoltre, queste aspirazioni sono contrarie agli interessi del resto del mondo. Vorrei sottolineare che l’idea di un gioco a somma zero, in cui solo una parte vince e alla fine tutte le altre perdono, è una creazione politica occidentale. Durante il periodo della dominazione occidentale, questo approccio è stato imposto a tutti come approccio universale, ma è lungi dall’essere universale e non sempre efficace. La filosofia orientale, come molti qui hanno profonda familiarità – forse anche più di me – adotta un approccio diverso. Cerca l’armonia degli interessi, mirando a che tutti raggiungano i propri obiettivi essenziali senza compromettere gli interessi degli altri, secondo il principio “io vinco e anche tu vinci”. Tutte le etnie della Russia, nel corso della storia, quando possibile, hanno sottolineato in modo simile che la priorità non è imporre le proprie opinioni ad ogni costo, ma piuttosto persuadere e promuovere un partenariato autentico e una cooperazione paritaria. La nostra storia, inclusa la storia della nostra diplomazia nazionale, ha ripetutamente dimostrato i valori dell’onore, della nobiltà, della pacificazione e della clemenza. Basti ricordare il ruolo della Russia nel plasmare l’ordine in Europa dopo le guerre napoleoniche. Sono consapevole che alcuni lì interpretano questo, in una certa misura, come uno sforzo per preservare la monarchia, e così via. Ma non è questo il punto ora. La comunità emergente all’interno del quadro BRICS funge da prototipo per relazioni nuove, libere e senza blocchi tra stati e popoli. Ciò evidenzia anche che anche alcuni membri della NATO, come sapete, sono interessati a una più stretta cooperazione con i BRICS. Quest’anno il nostro Paese ha ricoperto la presidenza del gruppo, culminato nel recente vertice di Kazan. Diplomatici e funzionari governativi hanno dovuto investire notevoli sforzi, usare tatto e esercitarsi attivamente ad ascoltarsi a vicenda per raggiungere il risultato desiderato. Ciò ha richiesto una dedizione significativa, ma ha favorito uno spirito unico di cooperazione fondato non sulla coercizione, ma sulla comprensione reciproca. Siamo fiduciosi che i BRICS costituiscano un forte esempio di cooperazione genuinamente costruttiva nell’odierno panorama internazionale in evoluzione. Inoltre, le piattaforme BRICS – dove imprenditori, scienziati e intellettuali dei nostri paesi si incontrano – possono diventare spazi per profonde intuizioni filosofiche e fondamentali sugli attuali processi di sviluppo globale. Questo approccio abbraccia le caratteristiche uniche di ciascuna civiltà, inclusa la sua cultura, storia e identità tradizionali. Viene fondato il futuro sistema di sicurezza eurasiatico, che ora inizia a prendere forma nel nostro vasto continente. Questo approccio non è solo genuinamente multilaterale ma anche multiforme. Oggi la sicurezza è una nozione complessa che abbraccia ben più delle sole dimensioni militare e politica; non può essere raggiunto senza lo sviluppo socioeconomico e la resilienza degli Stati contro una serie di sfide, da quelle naturali a quelle provocate dall’uomo. Il mio quinto punto riguarda la giustizia per tutti. la disuguaglianza è la vera piaga del mondo moderno. I paesi si trovano ad affrontare tensioni sociali e instabilità politica all’interno dei propri confini a causa della disuguaglianza, mentre sulla scena internazionale il divario di sviluppo che separa il cosiddetto Miliardo d’Oro dal resto dell’umanità potrebbe non solo sfociare in maggiori differenze e scontri politici, ma anche, e soprattutto, cosa ancora più importante, aggrava i problemi legati alla migrazione. Non c’è quasi un paese sviluppato su questo pianeta che non abbia dovuto affrontare un afflusso sempre più incontrollato e ingestibile di persone che cercano di migliorare il proprio benessere, lo status sociale e di avere un futuro. Alcuni di loro stanno semplicemente cercando di sopravvivere. Nelle società più ricche, questi flussi migratori incontrollati, a loro volta, alimentano la xenofobia e l’intolleranza nei confronti dei migranti, creando un senso crescente di disagio sociale e politico e aumentando il livello di aggressività. I tentativi di militarizzare l’economia, indipendentemente dall’obiettivo, sono dannosi per tutti, e i più vulnerabili – persone e paesi bisognosi di sostegno – sono i primi a soffrirne. Siamo fiduciosi che questioni come la sicurezza alimentare, la sicurezza energetica, l’accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione e, infine, la libera e ordinata circolazione delle persone non debbano essere influenzate da conflitti o controversie.
Questi sono i diritti umani fondamentali. Il mio sesto punto è che continuiamo a sottolineare che l’uguaglianza sovrana è un imperativo per qualsiasi quadro internazionale duraturo. Naturalmente, i paesi differiscono in termini di potenziale. Questo è un fatto ovvio. Lo stesso vale per le capacità e le opportunità di cui dispongono. In questo contesto, sentiamo spesso dire che raggiungere l’uguaglianza totale sarebbe impossibile, sarebbe un pio desiderio, un’utopia. Tuttavia, ciò che rende speciale il mondo di oggi è la sua natura interconnessa e olistica. Vorrei parafrasare una legge della fisica: puoi sovraperformare gli altri senza superarli. L’atteggiamento più dannoso e distruttivo che vediamo nel mondo moderno è l’arroganza suprema, che si traduce nel desiderio di dare lezioni agli altri con condiscendenza, all’infinito e in modo ossessivo. La Russia non lo ha mai fatto. Questo non è chi o cosa siamo. Possiamo vedere che il nostro approccio è produttivo. L’esperienza storica mostra inconfutabilmente che la disuguaglianza – nella società, nel governo o sulla scena internazionale – ha sempre conseguenze dannose. Vorrei aggiungere qualcosa che forse non ho menzionato spesso prima. Nel corso di diversi secoli, il mondo incentrato sull’Occidente ha abbracciato alcuni cliché e stereotipi riguardanti la gerarchia globale. Si suppone che esista un mondo sviluppato, una società progressista e una civiltà universale a cui tutti dovrebbero sforzarsi di unirsi, mentre all’altra estremità ci sono nazioni arretrate, incivili, barbare. Il loro compito è ascoltare senza fare domande ciò che viene loro detto dall’esterno e agire in base alle istruzioni impartite da coloro che sono presumibilmente superiori a loro in questa gerarchia di civiltà. È chiaro che questo concetto funziona per un approccio coloniale rozzo, per lo sfruttamento della maggioranza globale. Il problema è che questa ideologia essenzialmente razzista ha messo radici nella mente di molti, creando un serio ostacolo mentale ad una crescita armoniosa generale. Il mondo moderno non tollera né l’arroganza né il disprezzo sfrenato per la diversità degli altri. Per costruire relazioni normali, soprattutto, è necessario ascoltare l’altra parte e cercare di comprendere la sua logica e il suo background culturale, piuttosto che aspettarsi che pensi e agisca nel modo in cui pensi che dovrebbe basarsi sulle tue convinzioni su di lei. Altrimenti la comunicazione si trasforma in uno scambio di cliché e in un lancio di etichette, e la politica si trasforma in una conversazione tra sordi. Guardate come funziona l’Organizzazione Mondiale del Commercio: non risolve nulla perché tutti i paesi occidentali, le principali economie, stanno bloccando tutto. Agiscono sempre nel proprio interesse, replicando costantemente gli stessi modelli utilizzati decenni e secoli fa: per continuare a controllare tutto e tutti. Va ricordato che tutti sono uguali, il che significa che ognuno ha diritto ad avere la propria visione, che non è né migliore né peggiore di quella degli altri, è solo diversa e tutti devono rispettarla sinceramente. Riconoscere ciò può aprire la strada alla comprensione reciproca degli interessi, al rispetto reciproco e all’empatia, ovvero alla capacità di mostrare compassione, di relazionarsi con i problemi degli altri e alla capacità di considerare opinioni o argomenti diversi. Ciò richiede non solo l’ascolto, ma anche la modifica del comportamento e delle politiche di conseguenza. Ascoltare e considerare non significa accettare o essere d’accordo, tutt’altro. Ciò significa semplicemente riconoscere il diritto dell’altra parte alla propria visione del mondo. Si tratta infatti del primo passo necessario verso l’armonizzazione di mentalità diverse. Differenza e diversità devono essere viste come ricchezza e opportunità, non come ragioni di conflitto. Anche questo riflette la dialettica della storia. Comprendiamo tutti qui che un’epoca o un cambiamento e una trasformazione radicale portano invariabilmente sconvolgimenti e shock, il che è piuttosto spiacevole. Gli interessi si scontrano come se i vari attori dovessero nuovamente adattarsi gli uni agli altri. La natura interconnessa del mondo non sempre aiuta a mitigare queste differenze. Naturalmente, questo è del tutto vero. Al contrario, può peggiorare le cose, a volte addirittura iniettando più confusione nelle loro relazioni e rendendo molto più difficile trovare una via d’uscita. Nel corso dei molti secoli della sua storia, l’umanità si è abituata a considerare l’uso della forza come l’ultima risorsa per risolvere le differenze: “La forza fa il diritto”. Sì, a volte questo principio funziona. In effetti, a volte i paesi non hanno altra scelta che difendere i propri interessi con le armi in mano e utilizzando tutti i mezzi disponibili. Detto questo, viviamo in un mondo interconnesso e complesso, e sta diventando sempre più complesso. Sebbene l’uso della forza possa aiutare ad affrontare un problema specifico, può, ovviamente, comportare altre sfide, talvolta anche maggiori. E questo lo capiamo. Non è mai stato il nostro Paese ad avviare l’uso della forza: siamo costretti a farlo solo quando diventa chiaro che il nostro avversario agisce in modo aggressivo e non è disposto ad ascoltare alcun tipo di argomento. E ogni volta che sarà necessario, adotteremo tutte le misure necessarie per proteggere la Russia e tutti i suoi cittadini e raggiungeremo sempre i nostri obiettivi. Viviamo in un mondo intrinsecamente diverso e non lineare. Questo è qualcosa che abbiamo sempre capito, ed è ciò che sappiamo oggi. Non è mia intenzione oggi rievocare il passato, ma ricordo abbastanza bene la situazione che avevamo nel 1999, quando sono diventato Primo Ministro e poi Presidente. Ricordo le sfide che affrontammo in quel momento. Penso che tutti i russi, proprio come gli esperti riuniti in questa sala, ricordino le forze che appoggiarono i terroristi nel Caucaso settentrionale, che fornirono loro armi, li sponsorizzarono e offrirono sostegno morale, politico, ideologico e informativo, nonché la portata delle queste pratiche. Posso solo deridere, con scherno e tristezza, ciò che sentivamo in quel momento: abbiamo a che fare con al-Qaeda, il che è malvagio, ma finché sei tu il bersaglio, va bene. L’atteggiamento è che tutto ciò non porta altro che conflitto. All’epoca avevamo l’obiettivo di investire tutto ciò che avevamo e di spendere tutto il tempo a nostra disposizione e tutte le nostre capacità per tenere unito il Paese. Naturalmente, questo ha servito gli interessi di tutti in Russia. Nonostante la terribile situazione economica conseguente alla crisi economica del 1998 e nonostante lo stato devastato delle nostre forze armate, ci siamo uniti come nazione per respingere questa minaccia terroristica e siamo riusciti a sconfiggerla. Non commettere errori a riguardo. Perché portare questo alla vostra attenzione? In effetti, ancora una volta alcuni sono arrivati a credere che il mondo sarebbe migliore senza la Russia. A quel tempo, cercarono di annientare la Russia dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Oggi sembra che qualcuno stia ancora una volta coltivando questo sogno. I nostri avversari stanno escogitando nuovi modi e escogitando nuovi strumenti nel tentativo di sbarazzarsi di noi. Oggi usano l’Ucraina e il suo popolo come uno strumento, lanciandoli cinicamente contro i russi e trasformandoli in carne da cannone, mentre perorano una scelta europea. Che razza di scelta è questa? Vi assicuro che questa non è una nostra scelta. Difenderemo noi stessi e la nostra gente. Voglio che questo sia assolutamente chiaro a tutti. Il ruolo della Russia non si limita certamente a proteggere e preservare se stessa. Può sembrare grandioso, ma l’esistenza stessa della Russia garantisce che il mondo manterrà la sua ampia gamma di colori, diversità e complessità, che è la chiave per uno sviluppo di successo. Queste non sono le mie parole. Questo è qualcosa che mi dicono spesso i nostri amici di tutte le regioni del mondo. Non sto esagerando. Ribadiamo che non imponiamo nulla a nessuno e non lo faremo mai. Non ne abbiamo bisogno e non ne ha bisogno nemmeno nessun altro. Siamo guidati dai nostri valori, interessi e idee su cosa è giusto e cosa non lo è, che sono radicati nella nostra identità, storia e cultura. E, naturalmente, siamo sempre pronti a un dialogo costruttivo con tutti. La Russia sta lottando per la sua libertà, i suoi diritti e la sua sovranità. Non sto esagerando, perché nei decenni precedenti tutto, a prima vista, sembrava favorevole e positivo quando hanno trasformato il G7 in G8 e, per fortuna, ci hanno invitato a diventare membri. Sai cosa stava succedendo lì, ne sono stato testimone in prima persona. Arrivi a una riunione del G8 e diventa subito chiaro che prima della riunione del G8, il G7 si era riunito e aveva discusso tra loro, anche per quanto riguarda la Russia, e poi aveva invitato la Russia a venire. Lo guardi e sorridi. L’ho sempre fatto. Ti danno un caloroso abbraccio e una pacca sulla spalla. Ma in pratica fanno qualcosa di opposto. E non smettono mai di farsi strada. Ciò può essere visto in modo particolarmente chiaro nel contesto dell’espansione della NATO verso est. Avevano promesso che non si sarebbero mai espansi, ma continuano a farlo. Nel Caucaso, per quanto riguarda il sistema di difesa antimissile – qualunque sia la questione più importante – semplicemente non si sono preoccupati della nostra opinione. Alla fine, tutto questo nel suo complesso ha iniziato a sembrare un intervento strisciante che, senza esagerare, ha cercato di degradarci o, meglio ancora per loro, di distruggere il nostro Paese. Alla fine, arrivarono in Ucraina e vi si trasferirono con le loro basi e la NATO. Nel 2008, in un incontro a Bucarest, hanno deciso di aprire le porte della NATO all’Ucraina e alla Georgia. Scusate il mio linguaggio semplice, perché mai lo farebbero se dovessero affrontare difficoltà negli affari internazionali? In effetti, non eravamo d’accordo con l’Ucraina sui prezzi del gas, ma abbiamo comunque affrontato questi problemi in modo efficace. Qual era il problema? Perché farlo e creare le basi per un conflitto? Era chiaro fin dal primo giorno a cosa avrebbe portato alla fine. Tuttavia, continuarono ad andare avanti. Subito dopo iniziarono ad espandersi nei nostri territori storici e a sostenere un regime chiaramente incline al neonazismo. Pertanto, possiamo tranquillamente affermare e ribadire che non stiamo lottando solo per la nostra libertà, non solo per i nostri diritti o la nostra sovranità, ma stiamo sostenendo i diritti e le libertà universali e la continua esistenza e sviluppo della maggioranza assoluta dei paesi intorno a noi. In una certa misura, consideriamo questa anche la missione del nostro Paese. Dovrebbe essere chiaro a tutti che esercitare pressioni su di noi è inutile, ma siamo sempre pronti a sederci e parlare sulla base dei nostri reciproci interessi legittimi nella loro interezza. Questo è qualcosa che invitiamo tutti i membri del dialogo internazionale a fare”.
SULL’AI , RISPONDENDO ALLE DOMANDE DI RUSLAN YUNUSOV
V. PUTIN: “L’intelligenza artificiale sostituirà o meno gli esseri umani, soprattutto nei campi che richiedono un approccio creativo, come la scienza e le arti? Qual è la situazione della scienza oggi? L’intelligenza artificiale ha già un ruolo nel processo scientifico. Molti risultati sono stati raggiunti con l’assistenza di Al. Allo stesso tempo, vediamo anche che gli esseri umani non sono stati rimossi dal processo scientifico ma piuttosto il processo stesso è stato accelerato e che la domanda di scienziati qualificati è aumentata. Quindi non vediamo alcun rischio qui. Abbiamo anche discusso alcuni aspetti di un’economia basata sull’intelligenza artificiale. Durante la pandemia di Covid, intorno al 2020, pensavamo che la ripresa dalla recessione economica globale sarebbe stata assicurata soprattutto da un driver come l’intelligenza artificiale. Abbiamo discusso se le previsioni si sono avverate oppure no. È vero che l’alluminio si sta facendo strada nell’economia, in diversi settori economici.
Ma se guardiamo le cifre, vedremo che le nostre aspettative ottimistiche non si sono concretizzate. Il risultato finora è più conservativo di quanto ci aspettassimo. Inoltre, queste aspettative non si sono attenuate e assistiamo allo sviluppo di bolle di investimento, che sono cariche di effetti economici negativi in futuro. Allo stesso tempo, l’intelligenza artificiale come tecnologia continuerà molto probabilmente a svilupparsi e costituirà la base dell’economia. Abbiamo anche avviato discussioni su questioni di sicurezza. Oggi è impossibile trascurare il fatto che le organizzazioni terroristiche ed estremiste utilizzano ampiamente le tecnologie di intelligenza artificiale per reclutare nuovi membri e nei loro più ampi sforzi di propaganda. Notizie e video falsi sono diventati strumenti standard nei loro arsenali. Al contrario, l’intelligenza artificiale viene utilizzata anche nelle operazioni antiterrorismo e antiestremismo. Aiuta a identificare questi elementi estremisti all’interno della società. Inoltre, serve a influenzare coloro che nutrono dubbi, allontanandoli da pericoli. Anche questo si rivela efficace. Abbiamo discusso dell’equilibrio tra gli aspetti positivi e negativi dell’intelligenza artificiale in questo ambito. Sembra che gli aspetti positivi prevalgano e siamo fiduciosi che questo equilibrio continui a pendere a favore del positivo; l’intelligenza artificiale non è neutrale; le sue tendenze politiche sono marcatamente sbilanciate verso il liberalismo di sinistra, rispecchiando da vicino le opinioni dei suoi creatori. Inoltre, negli ultimi anni, la formazione sull’intelligenza artificiale si è basata sempre più su dati sintetici piuttosto che su materiale tratto dalla vita reale, il che ha contribuito alla radicalizzazione delle prospettive di questi modelli. Nei prossimi anni assisteremo ai primi laureati che avranno integrato l’intelligenza artificiale nei loro sforzi accademici. In precedenza, gli studenti si impegnavano profondamente con le fonti primarie durante la realizzazione di tesine e saggi. Ora, con un semplice suggerimento all’intelligenza artificiale, il risultato viene prodotto. Questo cambiamento è destinato a diminuire la qualità dell’istruzione. Più pericolosa, tuttavia, è la sottile influenza esercitata dall’intelligenza artificiale, che modella le visioni del mondo dei giovani. In sintesi, riconosciamo che è necessario rafforzare il controllo sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, fare affidamento esclusivamente su misure proibitive non porterà ai risultati desiderati. Dobbiamo invece sostenere e far progredire le nostre tecnologie di intelligenza artificiale nazionale. È incoraggiante che abbiamo creato una base solida e sono evidenti progressi significativi. Dobbiamo continuare a basarci su questo, poiché probabilmente costituirà la pietra angolare della sovranità tecnologica in questo settore. Vale la pena notare che la Russia è tra i tre paesi a livello globale dotati di uno stack tecnologico completo, che di fatto è alla base della nostra sovranità. Per concludere le mie brevi osservazioni, i nostri ospiti stranieri hanno osservato che alcuni paesi hanno già imposto restrizioni, se non addirittura divieti, all’uso delle tecnologie di intelligenza artificiale. Per noi, per la Russia, questo rappresenta un’opportunità. Abbiamo il potenziale per affermarci come leader tecnologico esportando tecnologie di intelligenza artificiale nei nostri paesi partner. Stiamo affrontando gravi carenze di forza lavoro e registriamo tassi di disoccupazione minimi, pari al 2,4%. Ciò equivale a una sparatoria di risorse umane. In futuro, crediamo che questi problemi economici possano essere risolti sviluppando tecnologie all’avanguardia. Le tecnologie nucleari civili svolgono un ruolo enorme e molto importante nella medicina, nell’agricoltura e nei trasporti, e il loro ruolo continuerà ad aumentare. Sono fiducioso che ciò diventerà particolarmente rilevante nel contesto delle questioni relative al cambiamento climatico. Allo stesso tempo, ci sono armi nucleari. Ciò crea gravi minacce per l’umanità. Lo stesso vale assolutamente per le tecnologie dell’alluminio. Come è regolamentato e come vengono utilizzati dalle persone? Questa è una buona domanda. Naturalmente molti paesi lo regolamentano. Come dici tu, alcuni paesi li vietano. Credo che sia impossibile vietarli. Alla fine l’intelligenza artificiale si farà strada, qualunque cosa accada, soprattutto in condizioni di maggiore concorrenza. Non sto parlando di scontro armato, ma la concorrenza economica complessiva sta aumentando. L’AI continuerà inevitabilmente a sviluppare tutti gli anni ’60 in condizioni di lotta competitiva. A questo proposito, possiamo certamente unirci ai ranghi dei leader, considerando i nostri certi vantaggi. La sovranità è una componente molto importante. Naturalmente, queste piattaforme sono per lo più create all’estero e formano la visione del mondo delle persone; questo è assolutamente corretto. Dovremmo rendercene conto ed espandere la nostra rete sovrana sull’intelligenza artificiale. Sber e Yandex sono attivamente impegnati in questo settore e, nel complesso, il loro lavoro ha avuto un discreto successo. Dobbiamo riconoscere e comprendere questi rischi e adattare il nostro lavoro di conseguenza. Come ho già detto, questa è una delle nostre aree di interesse più critiche. Mi riferisco allo Stato, agli specialisti del settore e alla società nel suo insieme, perché lo sviluppo delle tecnologie IA solleva inevitabilmente molte questioni morali ed etiche che richiedono la nostra piena attenzione. Lei ha menzionato il rischio di formare visioni radicali e così via. Dobbiamo infatti contrastare questi rischi offrendo la nostra prospettiva e visione del mondo sugli eventi che si svolgono nella nostra società”.
Ruslan Yunusov:
” ... l’intelligenza artificiale in Russia dovrebbe essere addestrata sui dati russi per riflettere in ultima analisi la nostra cultura.
Vladimir Putin:“Assolutamente. Abbiamo la capacità per farlo, avremo successo e ciò fornirà un forte supporto al nostro sviluppo, apportandoci vantaggi significativi”.
Fyodor Lukyanov:
“Signor Presidente, quando avremo un’intelligenza artificiale sovrana, sarà in grado di offrirci l’idea russa per il 21° secolo?”.
Vladimir Putin:
“Può solo aiutarci ad affrontare le sfide che abbiamo di fronte. Dato che l’intelligenza artificiale funziona con i big data, disponiamo di tutte le risorse necessarie: capacità intellettuali e tecnologiche, insieme ad abbondante energia libera. C’è molto su cui possiamo collaborare, incluso affrontare le profonde questioni filosofiche e fondamentali che hai menzionato. Sta a noi decidere se fidarci o meno dei risultati della ricerca basata su principi moderni, che, tra le altre cose, implicano l’uso dell’intelligenza artificiale”.
Fëdor Lukyanov:
“Abbiamo parlato anche di un argomento correlato: l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione vanno di pari passo con l’informazione e tutto ciò che le accade in questo momento, e in effetti stanno accadendo molte cose: sia positive che negative. A questa sessione ha preso parte il nostro collega indiano Arvind Gupta”.
Arvind Gupta:
” Mi chiamo Arvind Gupta, signor Presidente, e vengo dall’India. Lavoro all’intersezione tra tecnologia e società e costruisco un’infrastruttura pubblica digitale per problemi su scala demografica. Grazie, signor Presidente. Hai già affrontato alcune delle questioni di cui ha parlato il mio collega Ruslan sull’intelligenza artificiale. Ti ringrazio per aver ascoltato il nostro riassunto. I nostri gruppi di esperti hanno discusso la questione di qualcosa che è adiacente all’intelligenza artificiale – e lo menzionerò alla fine – della manipolazione delle informazioni, della sorveglianza, dell’uso della tecnologia e dei dati e della mancanza di trasparenza in tutti i sistemi tecnologici odierni. Signor Presidente, come sa, il gruppo ha discusso del fatto che Internet è stata progettata circa 40-45 anni fa per essere un bene pubblico globale. Sfortunatamente ora, come molte altre cose, è diventato molto unipolare. È controllato da alcune grandi aziende tecnologiche con le proprie inclinazioni ideologiche. E ad alcune di queste piattaforme o grandi aziende tecnologiche non è consentito operare in paesi come l’India, la Russia, l’Indonesia e molti altri a causa del loro ruolo di manipolazione e sorveglianza. La seconda questione di cui abbiamo discusso, signor Presidente, riguarda gli algoritmi che, ancora una volta, di cui abbiamo discusso in precedenza nella sessione AI, definiscono realmente il modo in cui pensiamo, come consumiamo, come eleggiamo i nostri governi. Sapete, come tutti noi siamo d’accordo, hanno una tendenza verso un’ideologia e sicuramente non sono neutrali. Quindi, gli algoritmi stessi sono distorti. L’altra cosa di cui il gruppo ha discusso è stata l’intera trasformazione delle informazioni e dei dati in un’arma, e questo, insieme alle piattaforme tecnologiche distorte, sta dando ad alcuni stati nazionali un potere enorme e sta influenzando la sicurezza nazionale, la democrazia e l’ordine pubblico in generale. COSÌ. Signor Presidente. siete consapevoli che questa è stata la forma delle piattaforme tecnologiche occidentali, ma l’India ha presentato un modello alternativo durante la sua presidenza del G20 a queste piattaforme tecnologiche occidentali. È una piattaforma che tiene conto della società. È una piattaforma dal basso verso l’alto costruita attorno all’identità, un sistema di identità universale, un sistema di pagamento universale. In realtà è utilizzato da più di un miliardo di persone in India e più di 20 altri paesi lo utilizzano. Questo per presentare come l’India abbia creato una visione della tecnologia diversa da quella occidentale che esiste oggi. Signor Presidente, devo elogiare la Russia per il successo ottenuto, rendendo la piattaforma MIR un grande successo in Russia in un tempo molto, molto breve. Dato che permettiamo a poche grandi aziende di controllare Internet, come possiamo garantire che la nostra cultura, la nostra società, i nostri interessi nazionali siano protetti? Infine, signor Presidente, vorremmo sapere da lei come possiamo creare fiducia?”.
Vladimir Putin:
” In primo luogo, l’uso di Internet dovrebbe basarsi su algoritmi sovrani. Dobbiamo lottare per questo. In secondo luogo, è molto difficile per noi come Stato – è possibile, ma in parte sarà controproducente – vietare tutto. In Russia, la comunità professionale è arrivata alla conclusione che è necessario decidere sulle regole di comportamento in Internet e hanno adottato in modo indipendente alcune autolimitazioni, soprattutto in relazione a possibili effetti distruttivi sulla società nel suo insieme, soprattutto sui bambini. Mi sembra che questo sia un modo per garantire gli interessi della maggioranza delle persone e della società nel suo insieme. Naturalmente, Internet deve rispettare la legislazione nazionale del paese in cui si svolge il lavoro in questo settore. Questo è ovvio. Ciò a cui assistiamo è una manipolazione dell’informazione. Molto sfortunato, questo sta accadendo. Ma lo ripeto: se l’attività di Internet è soggetta alle leggi interne, alla legislazione interna, allora saremo in grado di minimizzare le possibili conseguenze negative. Capisco che ci siano limiti tecnologici e difficoltà tecnologiche per implementare tutto questo. Ma se prendiamo gli sforzi necessari insieme alla comunità professionale, che vede dove possono emergere minacce per la società nel suo insieme e lavora professionalmente per reprimere queste minacce, allora lo Stato sosterrà sicuramente questi sforzi. Per paesi come l’India, come la Russia, questo problema è abbastanza risolvibile, perché abbiamo ottimi specialisti. Per quanto riguarda il sistema di pagamento Mir, sì, questo può essere considerato un successo. Funziona bene, in modo affidabile. Funzionerebbe ancora meglio, in più paesi, se non esistessero ostacoli artificiali creati per ostacolarne il funzionamento. Ma anche se questi ostacoli vengono creati, si stanno sviluppando e replicheremo successi di questo tipo. Il tema di Internet è già diventato eterno, a mio avviso. Hai detto che è stato creato per essere utilizzato a beneficio dell’umanità. Certamente è stato creato per altri scopi ma ad un certo punto il suo scopo è cambiato categoricamente. Ed è necessario che l’attività su Internet, proprio come qualsiasi attività umana, sia soggetta alle regole e alle leggi morali ed etiche degli Stati in cui questo sistema opera. Lo ripeto ancora una volta: non è sempre facile farlo dal punto di vista tecnologico, ma sicuramente dovremmo provarci. La società deve proteggersi dagli influssi distruttivi, ma dovrebbe fare di tutto affinché lo scambio di informazioni sia libero e vada a beneficio dello sviluppo di un determinato Stato, e in effetti dell’intera comunità internazionale. Noi in Russia aspireremo a questo. So che l’India sta seguendo la stessa strada. Saremo lieti di collaborare con voi in questo settore”.
Fyodor Lukyanov:” Signor Presidente, usa Internet anche lei? “.
Vladimir Putin:
“Sai, in un modo molto primitivo: di tanto in tanto premo qualche pulsante per cercare qualcosa.”
Fyodor Lukyanov: “Ma lo stesso lo fai, giusto”.
Vladimir Putin: “Sì, certo”.
Fyodor Lukyanov:” Utilizzando i nostri motori di ricerca?”.
Vladimir Putin: ” Il tuo, il tuo”.
Fëdor Lukyanov: “Bene. Grazie, è confortante”. (Risate.)
Rasigan Maharajh: “I problemi ambientali, come anche tu hai menzionato, non possono essere risolti separatamente dalla correzione dei problemi di disuguaglianza globale.
L’Organizzazione Meteorologica Mondiale, l’organismo meteorologico internazionale, ha recentemente osservato che il cambiamento climatico causato dall’uomo ha provocato cambiamenti diffusi e rapidi nell’atmosfera, nell’oceano, nella criosfera e nella biosfera. L’anno 2023 è stato il più caldo mai registrato con un ampio margine, con condizioni meteorologiche estreme diffuse. Questa tendenza è continuata nella prima metà del 2024 e continua. Gli impatti dei cambiamenti climatici e delle condizioni meteorologiche pericolose stanno invertendo i progressi compiuti in termini di sviluppo e minacciando il benessere delle persone e del pianeta. I gas serra e le temperature globali sono a livelli record. Il divario di emissioni tra aspirazione e realtà rimane elevato. Le fasi coloniale e imperiale della globalizzazione hanno in gran parte determinato gli attuali sistemi di ricchezza. E si basano essenzialmente, come menzionato da te in varie parti del tuo aggiornamento, su scambi ineguali tra il Nord globale e il Sud globale o, come lo hai definito, la Minoranza globale e la Maggioranza globale. Alcuni colleghi – Hickel e soci della London School [of Economics] – hanno calcolato che il Nord del mondo ha estratto materie prime, terra, energia e manodopera per un valore di circa 10,8 trilioni di dollari nel 2015. Proprio quella cifra avrebbe potuto finire povertà estrema 70 volte superiore. Tra il 1990 e il 2015, il periodo di 25 anni, il drenaggio cumulativo dal Sud del mondo è stato di circa 242 trilioni di dollari. È evidente che lo scambio ineguale è un fattore determinante della disuguaglianza globale, dello sviluppo ineguale e del collasso ecologico. Mentre le lotte eroiche per la liberazione nazionale hanno sfidato aspetti della sottomissione coloniale e imperiale, l’apparato istituzionale istituito dopo la Seconda Guerra Mondiale, o Grande Guerra Patriottica, è servito a mantenere l’egemonia del Nord del mondo, e in particolare i vantaggi del G7. La pandemia globale di Covid-19 ha messo in luce i difetti strutturali del nostro sistema internazionale, ricordandoci, come anche tu hai menzionato, che nessuno è al sicuro a meno che non siamo tutti al sicuro. Le nostre competenze scientifiche e tecnologiche collettive, tuttavia, hanno generato soluzioni rapide che ci hanno aiutato a salvare vite umane. Ciononostante, stiamo nuovamente assistendo a tentativi di utilizzare come armi i sistemi di proprietà intellettuale… (…).
Vladimir Putin:
“Non entreremo ora nei dettagli né discuteremo le cause degli sviluppi in corso. Chiaramente, il cambiamento climatico e il riscaldamento globale sono ciò che sta accadendo. Perché sta accadendo? È causato dall’attività umana, o ci sono altri fattori in gioco, incluso lo spazio esterno, o è qualcosa che accade alla Terra di tanto in tanto, e che non comprendiamo veramente. Tuttavia, i cambiamenti ci sono. Sarebbe imprudente da parte nostra non fare nulla al riguardo, e questo è innegabile. In Russia lo sappiamo in prima persona perché il riscaldamento nel nostro Paese sta procedendo a un ritmo più rapido che in qualsiasi altra parte del mondo. Negli ultimi 10 anni, abbiamo visto le temperature aumentare di 0,5 gradi, e anche di più – di 0,7 gradi – nell’Artico. Lo vediamo chiaramente. Per un paese con il 60% del territorio nella zona del permafrost, questo fattore ha conseguenze pratiche. Abbiamo interi paesi e città, nonché impianti di produzione e altro ancora, costruiti sul permafrost. Per inciso, abbiamo una delle energie più verdi del mondo, il 40 per cento della quale proviene dal gas, dalla produzione nucleare e dall’idrogenerazione. Nel complesso, l’energia a basse emissioni rappresenta l’85% della produzione totale di energia in Russia, il che la rende una delle attività più verdi a livello globale. Inoltre, credo che la Russia ospiti circa il 20% delle foreste del mondo, il che rappresenta una significativa capacità di assorbimento. Stiamo riflettendo su questo e abbiamo dei piani, che abbiamo reso pubblici qualche tempo fa, indicando l’anno entro il quale lavoreremo per ridurre le emissioni provocate dall’uomo. Del resto, coloro che hanno fatto più scalpore su questo tema si stanno muovendo, purtroppo per tutti e molto probabilmente anche per loro stessi, esattamente nella direzione opposta. Ad esempio, la produzione di carbone in Europa è in forte aumento. Questo è strano, ma è un dato di fatto. Ancora una volta, lo hanno fatto per ragioni politiche inverosimili. Ma questo è un argomento a parte. Ora parliamo degli ostacoli artificiali allo sviluppo delle economie emergenti legati all’agenda ambientale. Questi cosiddetti ostacoli verdi, che alcuni paesi hanno iniziato a creare per le economie e i mercati emergenti,non sono altro che un nuovo strumento che hanno inventato per ostacolare lo sviluppo. Se sono preoccupati, davvero preoccupati per il cambiamento climatico, che è qualcosa a cui dovremmo pensare, ovviamente, dovrebbero fornire fonti di finanziamento e tecnologie ai paesi che sono pronti a lavorare in questo ambito, in modo che possano adottare con calma queste soluzioni innovative tecnologie senza subire perdite. Altrimenti rimarrebbero indietro rispetto al progresso. Alcuni giustamente dicono a coloro che chiedono la conversione immediata a tecnologie innovative che loro stessi hanno esaurito tutte le fonti di energia e inquinato tutto, compresa l’atmosfera, e ora chiedono che si passi immediatamente a nuovi livelli di produzione di energia. Si chiedono come possono raggiungere questo obiettivo. Dovrebbero spendere tutte le loro risorse rimanenti per acquistare da loro tecnologie innovative? Questo, ancora una volta, è uno strumento del neocolonialismo. Dai alle persone l’opportunità di vivere e svilupparsi, se pensi veramente e sinceramente che dobbiamo occuparci tutti insieme di questo problema. Fornire le fonti di finanziamento e le tecnologie invece di limitarne l’accesso. Lo stesso vale per i finanziamenti. Come ho detto, secondo i nostri esperti, di cui mi fido pienamente, negli ultimi 10 anni gli Stati Uniti hanno incassato 12mila miliardi di dollari dal nulla semplicemente perché il dollaro americano è una valuta globale. Lo hanno fatto stampando e facendo circolare più dollari, che di solito ritornano alle loro banche e al loro sistema finanziario, che ne ricavano entrate e profitti aggiuntivi. È una posizione tattica. Guadagnano semplicemente dal nulla, e questo è ciò che tutti dovrebbero tenere a mente. Questo denaro dovrebbe essere utilizzato come fonte di finanziamento, anche per l’agenda ambientale. Condividi con noi i tuoi profitti straordinari, se sei veramente preoccupato per l’ambiente. Ecco come dovrebbe essere fatto. Beh, probabilmente questo è tutto quello che posso dire. Non ho altro da aggiungere a questo. Cioè, ci sarebbe molto altro da dire, ma ho delineato i punti principali.”
Glenn Diesen dalla Norvegia :
“Sono un professore di economia politica dalla Norvegia. Il nostro panel riguardava la sicurezza eurasiatica. Vorrei delineare tre punti principali. Il primo era che la fonte del conflitto oggi sembra essere un conflitto tra unipolarità e multipolarità. In larga misura, questo rappresenta un fenomeno nuovo negli affari internazionali, poiché nel 19° secolo avevamo la Gran Bretagna come potenza marittima dominante in conflitto con l’Impero russo come potenza terrestre dominante. Nel 20° secolo, gli Stati Uniti erano la potenza marittima dominante contro l’Unione Sovietica. E al giorno d’oggi la situazione è un po’ diversa. Ma nel continente eurasiatico stiamo assistendo all’emergere del multipolarismo, che presenta anche molte nuove opportunità perché anche la più grande economia, la Cina, non ha realmente la capacità e non mostra nemmeno l’intenzione di tentare di dominare questo continente. Vediamo invece che vengono messe in atto iniziative per un’Eurasia multipolare. Quindi, questo ci mette in conflitto tra il sistema unipolare che gli Stati Uniti tentano di ripristinare. E la maggioranza globale sembra ovviamente preferire il multipolarismo, motivo per cui penso che i BRICS abbiano esercitato una grande attrazione per molti paesi. Tuttavia, nelle nostre discussioni abbiamo anche scoperto un consenso sul fatto che esistessero alcune preoccupazioni o almeno un desiderio che l’Eurasia fosse un movimento antiegemonico anziché antioccidentale, poiché l’obiettivo dovrebbe essere quello di armonizzare gli interessi e porre fine a questo era di politica di blocco in contrapposizione all’Eurasia che diventava semplicemente un blocco. E ancora, l’attrazione dei paesi BRICS verso questo formato eurasiatico si basa in gran parte sull’idea che potremmo superare la politica dei blocchi piuttosto che soccombere ad essa. Il secondo punto che abbiamo sottolineato è che l’attrattiva dell’Eurasia risiede in larga misura anche nella politica estera multivettoriale, ovvero nella capacità di diversificare la connettività economica con tutti i principali poli di potere. E questo è visto come una necessità, un requisito per avere più indipendenza politica, più autonomia nella politica economica e estera. E ancora, la maggioranza globale vuole il multipolarismo eurasiatico, poiché questo è un requisito per il multilateralismo autentico e non quello falso, che viene promosso anche sotto Washington. E il terzo e ultimo punto è che l’Eurasia multipolare ha alcuni incentivi sistemici per armonizzare gli interessi perché le grandi potenze in Eurasia hanno formati in qualche modo diversi per l’integrazione eurasiatica e interessi diversi. Possiamo vederlo anche con Russia e Cina, ma vediamo anche che nessuno può realmente perseguire i propri obiettivi o modalità di integrazione senza la cooperazione con questi altri centri di potere. Quindi, questo crea incentivi per armonizzare gli interessi. Nel suo discorso ha fatto riferimento all’impulso imperiale di dividere i paesi. Quindi, nel sistema delle alleanze, c’è sempre un interesse ad avere una divisione tra Cina e India, tra arabi e iraniani, tra Europa e Russia. Quindi, nello spirito di armonizzazione degli interessi, avevo anche una domanda basata sull’incapacità che abbiamo avuto in Europa di stabilire una soluzione post-Guerra Fredda reciprocamente accettabile dopo la Guerra Fredda. E penso che questa sia stata la fonte di molte delle nostre tensioni. Non abbiamo mai istituito un sistema basato sulla sicurezza indivisibile. Invece, siamo tornati alla politica dei blocchi e abbiamo abbandonato alcune delle speranze che avevamo inizialmente nutrito nei primi anni ’90, optando invece per l’espansione della NATO. Quindi, la mia domanda era se la multipolarità eurasiatica può offrire un formato diverso anche per la cooperazione tra Russia ed Europa”.
Vladimir Putin:
“Mi scuso. Potresti per favore ripetere quello che hai detto alla fine? Per favore riformula la tua domanda.”
Glenn Diesen:” La mia domanda si basava sull’idea che in tutta l’Eurasia abbiamo visto molti paesi essere in grado di superare le loro differenze, le loro differenze politiche attraverso la connettività economica. Vediamo gli accordi che i cinesi stavano promuovendo tra arabi e iraniani. E mi chiedevo se ci fosse qualche formato per la Grande Eurasia in cui l’Europa sarebbe una parte di questa Grande Eurasia, se ci fosse la possibilità di usare i BRICS o qualche altra istituzione per promuovere anche migliori relazioni tra Russia ed Europa, in modo che [quello] possiamo superare questo blocco che non siamo mai riusciti a superare dopo la Guerra Fredda.”
Vladimir Putin:
“Sapete, una volta finita la Guerra Fredda, c’era la possibilità di superare la mentalità del blocco e la stessa politica del blocco. Lo ripeto: una volta finita la Guerra Fredda, c’era la possibilità di superare la mentalità e la politica del blocco. Ho affermato in precedenza nel mio intervento che sono convinto che gli Stati Uniti non ne avessero bisogno. Chiaramente temevano che ciò avrebbe indebolito il loro controllo sull’Europa, mentre volevano mantenerlo, cosa che hanno fatto e lo hanno rafforzato ancora di più.
Penso che questo alla fine indebolirà il sistema di subordinazione vassallo. Non intendo dire nulla di male con ciò che sto per dire e, Dio non voglia, non accuso né rimprovero nessuno di nulla. Possiamo vedere, tuttavia, che molti paesi europei, quasi tutti i membri europei della NATO, stanno di fatto agendo contro i propri interessi a beneficio della politica e dell’economia statunitense. In alcuni stati degli Stati Uniti l’energia costa dal 65 all’80% in meno rispetto ai paesi dell’UE. Stanno adottando misure fiscali deliberate, come la riduzione delle imposte sul reddito, o la creazione di condizioni favorevoli per la delocalizzazione di intere imprese e industrie dall’Europa agli Stati Uniti. E alcuni si trasferiscono. Queste industrie hanno interrotto le loro attività perché non avevano più senso economico e si stanno trasferendo negli Stati Uniti. La seconda fase di ristrutturazione ha interessato l’industria metallurgica e ora l’industria automobilistica. I governi possono incolpare il management aziendale per l’inefficienza quanto vogliono, ma lo stato attuale delle cose deriva principalmente dalle politiche governative e il management è stato costretto a trovare modi per salvare le proprie attività e posti di lavoro in queste circostanze, cosa che non è sempre fattibile. Quindi, il conflitto di cui purtroppo facciamo parte, ha permesso agli Stati Uniti di rafforzare la propria leadership, per usare un eufemismo. Di fatto, i paesi si sono trovati in uno stato di dipendenza semicoloniale. Francamente non mi aspettavo che ciò accadesse, ma è una loro scelta. Lo stesso sta accadendo in Giappone, il che è sorprendente. Cosa abbiamo fatto per meritarci questo? Non abbiamo fatto nulla di male, né in parole né in fatti. Ma ci hanno imposto delle sanzioni. Perché dovrebbero farci questo? Ora, la domanda è cosa dovremmo fare al riguardo. La situazione con l’Europa è ancora peggiore. L’ho già detto, ma mi permetterò di ricordare una conversazione con l’ex cancelliere Kohl nel 1993, quando ebbi la possibilità di essere presente al suo colloquio con l’allora sindaco di San Pietroburgo. Allora non avevo dimenticato il tedesco e ho fatto da interprete. Ha lasciato andare l’interprete ufficiale. “Riposati un po’,” disse. Sono rimasto con loro per fare l’interpretariato. Come uomo che solo di recente è stato ufficiale dei servizi segreti esteri dell’Unione Sovietica, sono rimasto sorpreso da ciò che ha detto. Francamente, ho ascoltato, interpretato e sono rimasto sorpreso, per usare un eufemismo, perché la mia testa era piena di cliché della Guerra Fredda ed ero un ufficiale dell’intelligence del KGB. Inaspettatamente Kohl ha detto che il futuro dell’Europa, se vuole rimanere un centro indipendente della civiltà globale, non può che essere insieme alla Russia, che dobbiamo unire i nostri sforzi. Rimasi a bocca aperta. Ha continuato con lo stesso spirito, parlando delle sue opinioni sulla situazione in America e su dove e come gli Stati Uniti dirigeranno i loro sforzi. Non ripeterò quello che ha detto, ma non ha detto niente di negativo sugli Stati Uniti. Ha parlato come analista ed esperto, non come cancelliere tedesco. Naturalmente dobbiamo cercare di creare un sistema di sicurezza eurasiatico. È un vasto continente. E l’Europa ovviamente può, e credo che debba, diventare parte integrante di questo sistema. Lei ha affermato che la Cina non ha né la capacità né l’intenzione di dominare questo continente. Hai menzionato anche l’Asia centrale; Ne parlerò anche qui. Penso che i nostri amici cinesi siano sicuramente con noi oggi. Non c’è nulla riguardo al dominio nella filosofia cinese. Non aspirano al dominio. Questo è il punto e l’attrattiva del concetto o dell’iniziativa formulata dal presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping, l’iniziativa Belt and Road. Una cintura comune e una strada comune. Questa non è solo una strada cinese; è una strada comune. Questo è ciò in cui crediamo e come agiamo, almeno nelle relazioni bilaterali, cioè nell’interesse reciproco.
Cosa sta succedendo in Asia Centrale Molti si aspettavano che fosse un luogo di conflitto o di scontro tra Cina e Russia. Questo non è successo. Vedete, il punto è che questi sono stati giovani con economie che devono essere sviluppate. Lì la demografia è in aumento, ad esempio, la popolazione dell’Uzbekistan cresce di un milione ogni anno. Un milione ogni anno, potete immaginare che abbia una popolazione di 27 o 28 milioni di abitanti, e che cresca di un milione ogni anno. La popolazione dell’India cresce di 10 milioni all’anno, come mi ha detto il mio amico, il Primo Ministro Modi. Ma la popolazione dell’India è di 1,5 miliardi. mentre l’Uzbekistan conta 377-38 milioni di abitanti.13:32 O 4 e presto ne avremo 40 milioni, un milione in più ogni anno. Questo è molto. Ci sono molti problemi lì. Se la Repubblica popolare cinese aiuta queste economie, ciò significa che la loro cooperazione economica aiuta a stabilizzare i loro processi interni e la loro statualità, il che è nell’interesse della Russia. Vogliamo vedere una situazione stabile e uno sviluppo stabile lì. Questo è anche nel nostro interesse. Ecco perché lì non c’è rivalità; c’è cooperazione lì. Ciò non ostacola le nostre relazioni tradizionali con quella parte del mondo. I paesi dell’Asia centrale, che da secoli fanno parte dell’Impero russo e dell’Unione Sovietica, non solo ricordano, ma apprezzano anche i contatti speciali e i legami speciali tra noi. Questo va a vantaggio di tutti. Se lo facciamo per creare un sistema di sicurezza per il continente eurasiatico… Per inciso, vedo e sento che alcuni paesi europei hanno ricominciato a parlare della creazione di un sistema di sicurezza comune da Lisbona a Vladivostok, e sono tornati all’idea che, secondo me, credere, fu proposto a suo tempo da Charles de Gaulle. In realtà, ha proposto un sistema di sicurezza comune agli Urali. Ma ovviamente dovrebbe essere creato fino a Vladivostok. Quindi l’idea è stata riproposta. Se i nostri colleghi decidono di fare questo… Ma la cosa più importante che avete detto e menzionato, e che figura nei documenti 0SCE, è che la sicurezza di alcuni non deve contraddire o violare la sicurezza di altri. Questo è estremamente importante. La mancanza di fiducia è il problema principale nel continente eurasiatico e nelle relazioni tra Russia e Paesi europei. Potete criticare la Russia quanto volete, e probabilmente anche noi commettiamo molti errori, ma quando ci dicono di aver firmato gli accordi di Minsk sull’Ucraina solo per dare all’Ucraina l’opportunità di riarmarsi, e che non avevano affatto intenzione di risolvere i problemi conflitto pacifico, di quale fiducia possiamo parlare Andiamo, ragazzi, di che tipo di fiducia state parlando Avete detto apertamente che ci avete imbrogliato, che ci avete mentito e avete commesso un errore, e ora vi aspettate che ci fidiamo di voi Comunque, è necessario rivitalizzare gradualmente il sistema di fiducia reciproca. Possiamo sederci qui a parlarne tutta la notte, ma questo potrebbe essere il primo passo verso la creazione di un sistema comune di sicurezza eurasiatica. Si può fare o no? L’onorevole Kohl, di cui ho parlato all’inizio, ritiene che ciò non sia solo necessario, ma assolutamente indispensabile. Condivido questo punto di vista.”
Fyodor Lukyanov:” Signor Presidente, perché pensa che il signor Kohl sia stato più sincero della signora Merkel, da lei menzionata e che ha parlato del processo di Minsk?”.
Vladimir Putin:
“Sapete, stavamo solo parlando, noi tre. Il governo tedesco era riunito a Bonn, mentre la Merkel, da lei menzionata, ha parlato in un clima di pressione pubblica e in condizioni di crisi. La situazione era diversa. A differenza della Merkel, che ha parlato in presenza e per i media, Kohl ha parlato con calma, esprimendo liberamente le sue opinioni non solo in assenza dei media ma anche in assenza del suo interprete che aveva mandato via. Per questo parto dal presupposto che egli abbia parlato in tutta sincerità”.
FINE PRIMA PARTE.
09 novembre 2024 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra Tv