LA GUERRA SOTTO I PIEDI: I GOVERNI CADONO, MA I CORRIDOI RESTANO DALLA RUSSIA, ALLA SIRIA, ALL’AZERBAIJAN

LA GUERRA SOTTO I PIEDI: I GOVERNI CADONO, MA I CORRIDOI RESTANO DALLA RUSSIA, ALLA SIRIA, ALL'AZERBAIJAN...

di Paola Mora

Voglio partire proprio dall’Italia per quest’analisi geopolitica sulla Siria, e dal Ddl Sicurezza proposto dal governo Meloni, che cade a puntino, di cui si cerca di velocizzare l’approvazione dal momento che contiene, oltre all’abuso d’ufficio che censura la libertà di manifestazione e protesta anche pacifica dei cittadini italiani, tra cui anche la categoria dei carcerati nei penitenziari, un paragrafo che corrisponde all’art.31 in cui vengono ampliati in maniera significativa i poteri dei membri dell’intelligence, autorizzando AISE e AISI, non solo a infiltrarsi in organizzazioni criminali e terroristiche, ma addirittura a supportarle e a dirigerle correndo rischio di legittimare reati quali: associazione sovversiva, terrorismo interno e banda armata. È uno scudo penale agli apparati di intelligence, dedicato a quelle operazioni esclusive che riguardano gli atti terroristici, paravento pericoloso per la Nazione stessa, dal momento che, se ci fossero errori o conflitti di interesse geopolitici col terrorismo, nessun esponente dei servizi italiani che accettasse di coinvolgersi in qualcosa di illegale, pagherebbe o ne sarebbe ritenuto responsabile. Inoltre, da disposizione, enti pubblici, università, aziende statali, devono essere collaborative con i servizi di intelligence in queste circostanze. Questa modifica permette a organi della sicurezza italiani di interagire in una certa maniera coi terroristi, apparentemente per operazioni di sicurezza interna e indagine, ma con l’obiettivo di potersi “fidelizzare agli elementi del terrore”, senza essere perseguiti per eventuali “partnership” ambigue. Questo cambiamento deriva dal fatto che le amministrazioni repubblicane e democratiche americane supportate dai propri finanziatori, di cui siamo colonia e non più alleati, (hanno accelerato il privarci dell’intera sovranità in vista della guerra, complice il Covid – 19), stanno da tempo servendosi dei fondamentalisti e radicali islamici per rovesciare i governi laici del Medio Oriente e mantenere col terrore un monopolio che stanno per perdere, soprattutto dopo l’avvento del gruppo BRICS.  L’Italia viene dunque maggiormente coinvolta, e promuove attraverso il governo questa iniziativa di avvicinamento al terrorismo. Avviene, in un momento in cui gli alleati dell’Occidente collettivo hanno deciso quasi all’unanimità di avvalersi proprio dei “terroristi” per destabilizzare le aree strategiche del mondo. Dopo la caduta di Bashar Al – Assad è stato concesso di salire al potere al discusso leader Al Jowlani, (appartenente al gruppo terroristico HTS – ex branca di Al Quaeda in Siria) il quale, ha anche peraltro una taglia sulla testa ed è un ricercato negli Stati Uniti D’America. Ma le  amministrazioni politiche statunitensi, stanno sostenendo che potrebbero graziarlo, qualora costui si attenga a rispettare la sua promessa di organizzare il nuovo governo in Siria secondo le regole del “democratico occidente”, e nel rispetto delle pluralità. Già il fatto che sia intercorsa una “promessa”, tra terroristi e intelligence è paradossale. Il signor Jowlani è stato già ironicamente ribattezzato “lo Zelenskyj del Medio Oriente” e coltiva nel gruppo terroristico HTS i suoi proseliti, ma, è necessario sottolineare, che è solo probabilmente l’ennesimo fantoccio attraverso cui i servizi segreti americani e britannici si riservano di tenere un piede ben fermo nel gruppo estremista e fondamentalista, per “guidare” queste fazioni dove gli conviene. L’HTS, in parte ma non in tutto il suo insieme di affiliati che lo compongono, è di tendenza filo-turca, e cioè, indirettamente anche il presidente Receep Erdogan si interfaccia con loro da tempo e li usa per risolvere le controversie in un’area, quella siriano-turca, dove sono mescolati lignaggi e minoranze in lotta tra di loro o, meglio, messi l’un contro l’altro dall’Occidente stesso per guerre geopolitiche, tentativi di rovesciamenti di regime. A esempio, alcune fazioni curde, sotto patrocinio anglosassone tentano di rovesciare dall’interno il governo teocratico dell’Iran, ma sono utili anche in chiave antiturca e anti-Isis. In un articolo pubblicato in tempi non sospetti dalla Tass – 31 maggio 2021 – è menzionato il rappresentante dell’agenzia di intelligence britannica dell’MI6 Jonathan Powell, il quale consigliava che l’Occidente dovesse cooperare con tale signor Al – Jowlani del movimento riformato “Jabhat al-Nusra” per convincerlo ad “abbandonare le attività sovversive” per una “cooperazione in Siria“. E questo, è il lato pubblico con cui hanno inbastito la vicenda. Una fonte diplomatica moscovita lo aveva fatto presente al giornale. Powell e il terrorista si erano anche incontrati a Idlib, vicino al valico di frontiera di Bab al Hawa per prendere accordi.

Prima di provare a spiegare cosa è accaduto in Siria, vale la pena analizzare brevemente aspetti curiosi dell’HTS. A esempio, diciamo che, parte della narrativa che l’Europa e gli Usa tenteranno di portare avanti contro l’ex presidente siriano Bashar Al Assad, si basa su probabili “finte accuse” che quest’ultimo, secondo loro, avrebbe torturato e ucciso i detenuti siriani nella prigione di Seydnaya, città cara alle comunità cristiane, ricca di chiese e conosciuta come la “città dei miracoli“. La voce su un luogo segreto dove il presidente Assad perpetrava torture su commissione ai prigionieri, per mano dei suoi presunti bracci della morte, è girata sui media occidentali o su testate come la filoccidentale Wired, anche prima della caduta della città di Damasco  in mano ai ribelli, ma non sono mai state fornite prove fattuali di questi atti efferati. Immediatamente il giorno successivo alla fine del governo di Bashar al Assad, in tutta la settimana seguente, i media hanno battuto titoli a caratteri cubitali sulle ricerche in corso di prigionieri che si raccontava fossero stati nascosti in un sotterraneo segreto di Seydnaya. La CNN ha cominciato a inventare strane ricostruzioni su questo caso specifico in concomitanza con l’intervento dei poco affidabili “Caschi Bianchi”, giunti a ispezionare il penitenziario. Secondo una fonte spagnola “The other side of the wall” pubblicata sul social X, i cittadini locali hanno denunciato che i terroristi entrati a Damasco avrebbero portato alcuni pazienti dell’ospedale psichiatrico limitrofo all’interno della prigione, per girare dei video di propaganda e venderli a media come CNN.  Questi video sono stati proposti per avvalorare la tesi che Assad è un criminale, e che i detenuti sarebbero in quelle condizioni a causa di una lunga prigionia che li avrebbe scioccati. Su più canali Telegram, l’informazione indipendente ha riscontrato anomalie nei servizi giornalistici dei media di regime, e sollevato dubbi sulla veridicità dei materiali proposti all’opinione pubblica. Ovviamente, fuggito Bashar al Assad dalla Siria, le intelligence occidentali non possono non aver pensato ad organizzarsi per validare la tesi del “macellaio”, adducendo per altro responsabilità di crimini di guerra oltre che all’ex presidente Bashar, (descritto come terribile dittatore, talmente dittatore che in una perquisizione nel suo ufficio hanno trovato tranquillanti e medicinali, che fanno di più pensare a un uomo che prova a stare tranquillo poiché minacciato da qualcosa) anche ai governi russo e iraniano. Nel  tentativo maldestro di ricreare una “Bucha in Siria”, gli USA e l’Ue vogliono forse aumentare la pressione mediatica contro i rivali geopolitici, con cui è in corso una guerra economica. Nella mattina del 12 dicembre 2024, quattro giorni dopo la presa di Damasco, già i giornali hanno titolato di aver scoperto torture sui detenuti e soprattutto documenti in cui sarebbero “presumibilmente” registrati i nomi di prigionieri “scomparsi e mai più ritrovati”. Liste, che potrebbero spiegare quale fine hanno fatto molte persone in Siria di cui – non si sa bene chi lo denuncia – si racconta esser state perse completamente le tracce, congetture. Già, ma quale Siria? Wired specifica onestamente in un suo articolo, che la stanza segreta all’interno del penitenziario in cui si vociferava fossero tenuti dei prigionieri in condizioni terrificanti, non la hanno trovata. Ma sarebbero stati recuperati dei “registri” con nominativi di detenuti. Nel frattempo, l’emittente italiana “RAI” ha pensato bene di farsi vedere partecipe e ha mandato i suoi inviati in Siria, a intervistare alcuni “pubblici ufficiali dell’HTS”. Questi, che hanno accolto la visita giornalistica senza problemi, appaiono in un servizio esclusivo del TG “lindi e pinti” con le “divise nuove”, per spiegare che  dovranno occuparsi della sicurezza pubblica nella “nuova Siria”, incappucciati col passamontagna, vestiti di nero, con uno stemma impresso sulle divise e una sigla ivi cucita, che non è affatto nuova, invece. A venir ripresi dalle telecamere della RAI, anche se non proferiscono parola ma si limitano a scuotere il capo, sono, e si legge sulla toppa appiccicata sulle uniformi, elementi terroristici del GSS, branca dell’HTS istituita sotto il leader Al – Jawlani nella città controllata di Idlib e villaggi limitrofi, dove al GSS i giornalisti non piacevano affatto. Secondo fonti di più testate giornalistiche in Medio oriente, il GSS aveva soppresso nel 2024 le proteste di massa iniziate a Idlib, di chi si opponeva a metodi coercitivi applicati contro la popolazione. È interessante sapere a questo punto della storia, quindi, che esiste una “prigione famosa” anche a Idlib, ben conosciuta dagli abitanti del luogo ma ignota ai media occidentali che non ne hanno mai parlato troppo. È qui, che gli uomini di Al-Jawlani imprigionavano coloro che venivano arrestati durante le proteste contro il regime, occorse in maniera più estesa nel maggio del 2024. In quel periodo, oltre agli arresti di minoranze che si opponevano alle regole imposte da Al-Jawlani e dai seguaci, fu portata avanti da questi ultimi un’operazione di epurazione all’interno dell’HTS. Elementi del gruppo furono arrestati anch’essi con l’accusa di spionaggio e di fuga di informazioni a vantaggio di potenze straniere. In un report prodotto da “Syrians for truth and justice” si documenta che

“il 13 settembre 2024 il governatorato di Idlib ha assistito a un’ondata di proteste su larga scala, tenutesi nella città di Idlib, Killi, Binnish, Qurqania, Kafr Takharim e Armanaz; continuazione di un movimento popolare di fine febbraio 2024, contro Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) e al-Jawlani”.

A Idlib, HTS controlla infatti gli aspetti militari e di sicurezza proprio attraverso il GSS, e quelli amministrativi attraverso l’SSG dal 2019, dopo l’eliminazione dei concorrenti di altre fazioni militari. Questo momento di ridimensionamento interno del gruppo, fu accompagnato da violazioni dei diritti umani e da proteste accese, dove la richiesta espressa dagli attivisti e manifestanti era che l’HTS lasciasse Idlib.

Ovviamente, l’HTS rispose arrestando alcuni di loro, senza mandati giudiziari, o aprendo il fuoco per disperdere la folla (secondo quanto documentato da “Syrian for truth and justice”e altre testate locali). A protestare, anche le mogli dei detenuti che chiedevano il rilascio dei loro mariti e “la caduta di al-Jawlani“. A livello interno, l’autorità dell’HTS è rimasta quindi stabile fino a quando non ha avviato arresti anche contro membri del proprio personale di sicurezza nel secondo trimestre del 2023, con l’accusa di “spionaggio per conto di paesi stranieri e abuso delle comunicazioni”. Tra i prigionieri c’era l’ex leader iracheno Abu Maria al-Qahtani, detenuto per 6 mesi e rilasciato nel marzo 2024, ma ucciso il mese seguente ad aprile quando, un attentatore suicida, si è fatto esplodere nella sua guest-house a Sarmada. Il nucleo dell’HTS dove Qahtani ricopriva il suo ruolo, si occupava di gestire gli scambi di informazioni. La sua morte sollevò polemiche, anche perché era uno dei fondatori del gruppo Tahir al Sham (Ex Fronte Al- Nusra) e il “secondo uomo” di HTS. Al-Qahtani era incaricato, ancor più nel dettaglio, delle comunicazioni con le parti esterne, come le fazioni dell’Esercito nazionale siriano e il governo siriano, nella necessità di accordi tra le opposte fazioni, a esempio, sugli scambi di prigionieri;

a un certo punto, si crea quindi una frattura profondissima  tra le fila di Hayat Tahir al-Sham nel tentativo – da parte di un’ala del gruppo più fedele ad Al Jowlani – di rovesciare Abu Maria al Qahtani . Ci riescono, perché i suoi compiti vengono congelati e lui viene arrestato, seguito da tutti quelli che propendevano per lui – più di 200 persone.  Al-Qahtani era considerato uno dei membri più ostili a ISIS, ed era sostanzialmente lui il più “relativamente moderato” in HTS. Condusse campagne militari contro uno dei gruppi siriani di Al Quaeda, Hurras al-Din. Alcuni esperti che si occupano di HTS hanno analizzato che il motivo dell’incarcerazione erano “comunicazioni esterne non autorizzate e accuse di contatto con l’intelligence straniera“. Il 30 luglio del 2024 Dhiaa al Omar, portavoce dell’apparato di sicurezza generale di Idlib, spiegherà che la cellula di collaboratori arrestati era composta da personaggi coinvolti o che avevano comunicato impropriamente anche con l’intelligence russa. O almeno questo, fu fatto credere anche ad Al Jowlani. E’ degno di nota che entrambi i due leader di HTS erano stati “separatamente” rintracciati dai servizi americani, arrestati e poi liberati. Dopo la morte di Al Qatani e sulla scia delle proteste in corso a Idlib anche da parte di chi lo sosteneva, la rabbia della gente fu  esasperata dalla scoperta di maltrattamenti nei confronti dei detenuti. Al Jawlani, per tentare di pacificare i toni si impegnò a ritenere responsabile da quel momento in poi, chi avesse commesso “torture” contro i detenuti del penitenziario di Idlib. Secondo la pubblicazione,

“i disordini interni a HTS in assenza di statistiche sul numero di detenuti e rilasciati nei registri, portarono ad un inasprimento delle proteste. In particolar modo, quando una famiglia di Idlib apprese della morte del proprio figlio per le torture subite in prigione. La vittima, Abdul Qader, era membro della fazione Jaysh al-Ahrar sostenuta militarmente da HTS ma arrestato dal GSS per disaccordi. In seguito a controversie sulla restituzione del suo cadavere ci fu un corteo. HTS aveva preparato una lapide col nome del giovane, una data di morte recente, contrassegnandola come fosse avvenuta dopo che il destino della vittima era stato svelato”

dice la pubblicazione, sottolineando che, recuperato il corpo martoriato, il 25 febbraio 2024 i dimostranti scesero ancora in piazza decidendo di proseguire ogni venerdì finché le loro richieste non fossero state esaudite. Le proteste erano pacifiche. Le testimonianze di un altro incidente riguardano l’arresto di un attivista nel 2015 il cui destino è rimasto sconosciuto fino al 2021, quando la famiglia ha saputo che era stato detenuto a Idlib. Ma, c’erano molti casi come quello.

Hanno iniziato a esercitare una pressione significativa sui residenti, l’arresto di chi sfidava la loro autorità, privando i panifici delle scorte di farina, controllando l’acqua potabile della città, chiudendo istituzioni. Hanno chiuso l’Università di Medicina Umana, con 600 studenti.”, racconta il cittadino Hazem. “La gente non ha opposto resistenza per paura di essere arrestata”, ha detto.

Nella città di Ariha, il 4 marzo 2024 i manifestanti chiedevano: “Rilasciare tutti i detenuti, abolire le tasse sui civili sotto il controllo di HTS, garantire immunità speciale per attivisti e giornalisti, liberandoli dalla sorveglianza di sicurezza esercitata da HTS.”

I giornalisti, secondo testimonianze, erano sottoposti a detenzione. Ne parla un rapporto (https://stj-sy.org/en/northwest-syria-local-authorities-attack-journalists-suffocate-freedom-of-expression/) STJ di inizio 2024. La pubblicazione dice che per porre fine alle proteste, HTS ha inizialmente adottato un approccio “riformista” con l’impegno a visitare le prigioni, emettere un’amnistia per i detenuti, formare un comitato giudiziario. L’SSG ha emesso un decreto di amnistia rilasciando 420 prigionieri, per poi scoprire che :

HTS ha rilasciato detenuti incarcerati per casi che non avevano toccato direttamente HTS né l’opinione pubblica.”

Il 15 maggio 2024 al-Jawlani descrisse le proteste come “una situazione che ha superato i suoi limiti, abbiamo avvertito che qualsiasi violazione delle regole dell’area liberata è un superamento delle linee rosse. Le autorità si muoveranno per affrontare la questione”. Sono cominciate aggressioni verso i dimostranti di Jisr al-Shughur, mentre lasciavano una moschea e si dirigevano verso la piazza principale della città; secondo il rapporto, essi portavano bandiere e striscioni “nessuno dei quali conteneva insulti“, solo per essere sorpresi da un gruppo del GSS.

Hanno sparato in aria per disperdere la protesta. Oltre a usare manganelli di gomma e bastoni, sono arrivati ai lacrimogeni. Veicoli della polizia antisommossa sono avanzati verso i manifestanti. Un veicolo blindato ha investito due persone davanti ai miei occhi, mentre scappavano dai membri HTS, li ha investiti, li ha scaraventati a terra, poi li hanno messi nei furgoni.”, racconta un testimone di nome Saeed. Hanno cercato di arrestare suo nipote 14enne, dopo averlo picchiato. 

“Gli hanno rotto il piede colpendolo con bastoni. Quando lo hanno ammanettato, i dimostranti hanno attaccato i 5 ufficiali, che sono fuggiti. Poi, sono arrivati rinforzi imponendo un cordone di sicurezza dopo che eravamo fuggiti.”

Il 17/05/2024 HTS ha imposto un cordone di sicurezza a Idlib, limitando la circolazione dei residenti prima delle proteste consuete del venerdì. Questo racconto dei fatti è contenuto nei due rapporti sopra citati. Ebbene, gli uomini apparsi in un notiziario della “Rai” dopo la caduta di Damasco in mano a dei ribelli anti-Assad, descritti quasi come persone per bene che si occuperanno della sicurezza nella “nuova Siria” con le loro divise “nuove” del GSS, sono evidentemente nulla più che i “terroristi di Idlib” segugi di Al Jowlani, probabilmente ingaggiato dai britannici e americani per chiedergli di destabilizzare la Siria ed unirsi all’obiettivo di  estromettere Bashar Al-Assad. E qui, torniamo al punto di partenza di questo articolo, alla disposizione contenuta nel DDL sicurezza disposto dal governo Giorgia Meloni, in cui, qualora autorità italiane d’intelligence siano invischiate con “elementi terroristici”, qualunque cosa possa accadere tra loro, sono protetti da uno scudo penale.  Il fatto che un’operazione del terrore in Siria, perché di questo si tratta, è stata programmata dagli Usa, Gran Bretagna e Israele, s’evince dalla partecipazione ucraina alla fornitura di armi a questi terroristi.  L’Ucraina, nelle settimane precedenti all’attacco, ha inviato 20 operatori di droni esperti e circa 150 droni FPV nella provincia siriana di Idlib, come hanno riferito fonti all’editorialista David Ignatius del Washington Post. L’obiettivo di Kiev era aiutare il gruppo islamico Hayat Tahrir al-Sham HTS. Un “modesto aiuto” secondo i servizi segreti occidentali, per rovesciare il presidente siriano Bashar al-Assad e sferrare un colpo indiretto alle operazioni russe all’estero. All’inizio di ottobre, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato che Kiev, in coordinamento con gli Stati Uniti, stava addestrando i terroristi di Heyyat Tahrir al-Sham alle nuove tecnologie per la produzione di UAV, per operazioni di combattimento contro l’esercito russo. Il 4 dicembre, dopo l’inizio dell’offensiva dei militanti, il rappresentante permanente della Russia presso le Nazioni Unite, Vasily Nebenzya ha anche sostenuto che gli ufficiali dell’intelligence militare ucraina stavano consegnando gli UAV ai militanti a Idlib. Fonti del canale televisivo arabo Al-Mayadeen hanno riferito che l’unità di intelligence del centro operativo speciale del servizio di sicurezza ucraino “Lupi Bianchi” ha partecipato alle battaglie contro l’esercito governativo siriano insieme a gruppi di opposizione. Gli Stati Uniti hanno messo gli occhi sulla Siria da tempo, applicato sanzioni pesantissime, progettato il suo soffocamento con la scusa di dover reprimere un dittatore finché hanno legittimato i terroristi spacciandoli per un “organismo di governo” e descrivendo a reti unificate Al Jowlani come un “moderato”. HTS governa attraverso la paura. Ma anziché essere fermato, viene foraggiato, armato e “gestito” affinché possa esprimere al meglio la sua verve terroristica e “servire obiettivi geopolitici“. La Turchia, per ragioni note, chiude gli occhi pure essa per attingere vantaggi espansionistici e, a causa della sua connessione con la NATO, si barcamena nella stretta della tagliola statunitense. L’11 dicembre 2024 l’Imam iraniano Khamenei si è rivolto alla nazione spiegando dettagli della tragedia siriana:

“Non ci dovrebbero essere dubbi sul fatto che la forza principale dietro a quanto accaduto in Siria sia stata progettata nelle sale di comando di America e Israele. Ne abbiamo le prove. Anche un “paese vicino alla Siria” ha avuto un ruolo, ma il principale cospiratore e principale mente è l’America e il regime sionista. Abbiamo le prove”.

Cosa è accaduto dunque, in Siria? Abbiamo più informazioni che possono chiarire molti degli aspetti inspiegabili. In primo luogo, quando i terroristi sono entrati ad Aleppo hanno trovato via libera e nessuno è intervenuto; devono essere essi stessi rimasti meravigliati per questo vuoto. A ogni modo, anche i russi avevano segnali che si stava muovendo qualcosa, avendo intercettato i trasferimenti di droni ucraini a Idlib.  L’unico intervento sul campo per aiutare il governo di Bashar al Assad è stato quello parziale e molto limitato dei russi, che hanno bombardato con l’aeronautica alcuni di questi nuclei di terroristi, in primis per mostrare loro il potere della presenza nell’area, e in seconda battuta anche per rallentarne l’avanzata e permettere ai militari fedeli a Bashar Al Assad di retrocedere strategicamente, senza subire perdite. Questa è stata una decisione presa di conseguenza, probabilmente, alla caduta delle prime linee di difesa. Ecco come i terroristi sono avanzati in seguito senza particolare difficoltà.  Assad è stato poi trasferito in sicurezza in Russia. Questa “inazione” non è stata solo russa, ma anche l’Iran è restato immobile; nulla ha proferito nemmeno la Cina, nonostante l’aver stretto recentemente accordi strategici col presidente siriano dopo il suo rientro nella Lega Araba. Ciò lascia supporre che non c’è stato un reale effetto sorpresa. O meglio, i segnali esistevano ma o l’attacco è stato pianificato in modo massivo e tale da non lasciare scelta se non il retrocedere per strategia, concesso che pur esistendo segnali non si poteva forse capire quando i ribelli avrebbero agito, o si è lasciato il campo per preservare i soldati data la situazione creata con le armi fornite da Israele e Stati Uniti.  L’Iran ha rilasciato una dichiarazione successivamente, in cui ha chiarito che negli scorsi mesi aveva avvisato il presidente di Siria sul fatto che si stava preparando qualcosa contro il Paese, non direttamente, ma erano state inviate dal governo iraniano segnalazioni alle autorità siriane; solo che, a questo punto, l’Iran sostiene di non essere consapevole del se i messaggi sono o meno stati inoltrati e ricevuti correttamente dagli ufficiali d’alto rango siriani. È molto possibile che l’Iran stia mentendo per qualche altra ragione, e cioè, si cerca di coprire proprio il fatto che l’attacco terroristico “non è stata una sorpresa”, intesa nel vero senso del termine. L’azione (a guida americana) era stata probabilmente intercettata.  Questi messaggi o sono arrivati regolarmente ad Assad, o forse sono giunti a destinazione a tutti tranne che a lui, o Assad ha preferito far finta di niente per sue collusioni, o ci sono state delle mancanze personali di preoccupazioni che potesse essere grave, o Assad ha fatto il possibile ma l’esercito non ha retto la difesa.  Ma, probabilmente, quel che non si sapeva in linea più generale, era forse solo il quando esattamente ci sarebbe stata l’invasione.  Mentre i terroristi entrano ad Aleppo, un volo parte dalla Siria dirigendosi verso Mosca in quelle ore, poi l’aereo rientra. In quei momenti concitati, sappiamo che sono state fatte due cose: è stata messa al sicuro la famiglia di Bashar al Assad, e in seguito egli stesso avrebbe lasciato in un secondo momento il palazzo a Damasco per ritrovarsi anche lui a Mosca e raggiungere i propri cari. L’Imam Khamenei l’11 dicembre 2024 rivela, testuali parole:

“Abbiamo aiutato il governo siriano, ma prima di aiutarlo, in un momento critico, il governo siriano ci ha fornito un’assistenza vitale. Questa è una cosa di cui la maggior parte delle persone non è a conoscenza. Durante il picco della Difesa Sacra (guerra Iran-Iraq), quando tutti lavoravano per Saddam e contro di noi, il governo siriano intraprese un’azione significativa e decisiva a nostro favore e contro Saddam. Tagliarono l’oleodotto che trasportava petrolio da verso il Mediterraneo e l’Europa, con i profitti che finivano nelle tasche di Saddam. Ciò causò un putiferio globale. Impedirono al petrolio destinato a Saddam di raggiungere la sua destinazione. Il governo siriano ha beneficiato di questa rotta di transito del petrolio e ne ha ricevuto denaro. Ma ha rinunciato a quelle entrate. Naturalmente, ha ricevuto un compenso da noi in cambio. In altre parole, la Repubblica islamica non ha lasciato questo servizio non pagato. Ciò che è accaduto in Siria ci fornisce lezioni, incluso il fatto che abbiamo ignorato le possibilità di un nemico che ha agito all’improvviso. Li avevamo anche aiutati. I nostri servizi segreti avevano inviato rapporti di avvertimento ai funzionari siriani mesi prima dell’incidente. Non dobbiamo sottovalutare il nemico. Non dobbiamo fidarci del suo sorriso; a volte il nemico parla con un tono piacevole, sorride, ma dietro la schiena c’è un pugnale, che aspetta il momento giusto.”

Ciò che rivela Khamenei è fondamentale, poiché uno dei motivi dell’attacco a guida occidentale in Siria, è una guerra sulle condotte del gas. Da tempo, si spinge alla realizzazione di una tubatura per le forniture all’Europa che aggancia il Qatar (filo-britannico), cui il presidente Assad era fermamente contrario; dall’altra parte ci si stava accordando per un gasdotto islamico antitetico, che cioè avrebbe agganciato all’opposto l’Iran e di conseguenza favorito la Russia (tagliata oggi fuori dai mercati dalla NATO che, contemporaneamente, vuole distaccare le sue basi militari a firma americana, con missili incorporati rivolti su Mosca,  in Ucraina). Ad ogni modo, il presidente Bashar al Assad non è stato propriamente “abbandonato” dai suoi militari, ma, evidentemente, è mancata da più parti la volontà nella consapevolezza di impossibilità a procedere con un contrattacco difensivo volto a cacciare i ribelli. È mancata questa volontà nell’immediato da parte russo-iraniana, e non solo: l’esercito di Bashar sarebbe stato messo nelle condizioni di finire coinvolto in un bagno di sangue, e quindi, nessuno ha ritenuto di dover agire in quel momento. Ma non solo per questi motivi. Una ritirata strategica insomma, e a dirlo sono gli stessi appartenenti alle forze armate siriane che, tramite commenti sui social, hanno riferito su come è stata solo una loro mossa “preventiva ma non definitiva” ; ciò non vuol dire, quindi, che hanno abbandonato la Siria al suo destino. Perché la Russia non è intervenuta? Se scartiamo l’ultima ipotesi possibile di un tradimento di Assad che abbia allarmato Putin  – anche questa ipotesi ha fatto eco su alcuni media –  probabilmente, il vero accordo tra le potenze non si è raggiunto forse in Siria – dove devono accordarsi ora – ma in Azerbaijan. E c’è fervida attesa anche in Sudan. Innanzitutto, la priorità del Cremlino è concludere velocemente gli obiettivi dell’Operazione Militare Speciale, e manca veramente poco. In secondo luogo, la Russia non poteva agire per proprio conto, e Assad aveva dato, secondo fonti non confermate, le sue volontarie dimissioni da presidente.  Se così non fosse, i russi hanno avuto un motivo, che è da chiarire, per cui si sono limitati con l’aeronautica. Per qualche ragione però, non è stata toccata dai terroristi la base militare russa principale a Tartus e quella di Latakia anche se si sono registrate nelle prime ore delle schermaglie nei pressi delle basi.  La Russia ancora conserva le sue postazioni integre, salvo un grosso movimento militare di mezzi, dalle basi più piccole che si trasferiscono a quelle principali, in attesa di accordi con l’opposizione siriana salita al potere sotto la guida di Al-Jowlani. Tra l’altro, che i russi avessero intuito trambusto, si evince per il fatto che nelle ore dell’ingresso dei terroristi, le navi di Mosca si trovavano al largo presumibilmente per condurre “esercitazioni militari”. Quindi, in realtà, la Russia non ha ancora perso il suo affaccio sul mare ad oggi, e, sicuramente la decisione di rimanere o meno lì, dipende sì dalle trattative in corso tra le parti coinvolte in Siria, come enunciato dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, ma ci sono anche altri interessi in gioco:

La Russia ha aiutato la Repubblica araba siriana ad affrontare i terroristi e ha contribuito a stabilizzare la situazione dopo che questa situazione ha minacciato l’intera regione. E ha speso molti sforzi per questo. Quindi la Russia ha adempiuto alla sua missione.”

Ha suggerito D. Peskov.  Tuttavia, il portavoce del Cremlino ha osservato che è il corso degli eventi ad aver portato alla situazione attuale in Siria. Ha sottolineato anche che “ora dobbiamo partire dalle realtà che esistono attualmente sul campo. La parte russa spera nella stabilizzazione”. Ora, il motivo tangibile per cui la Russia è ancora lì con le sue basi militari a Tartus nonostante l’invasione sia stata prodotta dai nemici statunitensi, potrebbe essere che gli USA, non potendo intervenire nell’area per occuparla senza che il presidente Receep  Erdogan ne venisse a conoscenza, o forse anche per un calcolo strategico, hanno dovuto intimare anche loro ai “terroristi” ingaggiati e infiltrati in HTS, di non provare a depredare la basi russe. Oppure, vogliono lasciare a Trump un pretesto per i negoziati che potrebbero avvenire con l’Ucraina. Se Al Jowlani è un ingaggio traballante dei servizi segreti occidentali anglosassoni, di cui però gli stessi americani non si fidano completamente un granché – toglieranno la taglia sulla sua testa solamente se porterà a termine il lavoro commissionato – non tutti nell’HTS corrispondono fedelmente agli ordini esclusivi di Al-Jowlani. Ci sono molti elementi filoturchi all’interno della fazione, ed è Erdogan e non l’America a detenere un confine privilegiato condiviso con la Siria. Ecco perché, decidendo di intervenire per aprire un fronte che danneggiasse apparentemente Russia e Iran e avvantaggiasse solo Israele, gli Usa hanno dovuto probabilmente coinvolgere la Turchia. Il presidente Erdogan non può nemmeno però essere stato marginale in queste decisioni, come si vuol far passare. Ha degli interessi, e sa di avere in parte il coltello dalla parte del manico. E, l’unica ragione per cui l’Iran, a esempio, con Khamenei, ha addossato tutta la responsabilità a USA e Israele minimizzando il ruolo turco, è che Erdogan è un protagonista principale in Caucaso nelle decisioni che riguardano l’Azerbaijan.

In Azerbaijan si stanno attualmente svolgendo e spostando tutti i mercati principali, anche quelli che riforniscono il gas all’Ue, dopo lo stravolgimento in Ucraina. Il presidente ucraino Volodimir Zelenskyj colluso con l’amministrazione statunitense, sta subendo la chiusura del passaggio del gas russo ai suoi confini, e, soprattutto, spinge assieme alle amministrazioni americane per vietare petrolio e gas russi. Non dimentichiamo il sabotaggio del Nord Stream con cui è stata ricattata la Germania.  Quindi, quel che si sta cercando di fare è tagliare la Russia fuori dai mercati principali che ne tengono in vita l’economia, sabotando le sue relazioni pacifiche con Paesi terzi, per fermare il progetto multipolare e continuare a essere leader a livello globale. Questo, è un intento reciproco e condiviso dai repubblicani e dai democratici americani senza distinzione. Non esiste nessun “Donald il Salvatore”. Il 14 dicembre 2012 una strana comunicazione intercorre tra America e Azerbaijan. Questo paese viene accusato, solo dopo la caduta di Bashar al Assad, di immettere il gas russo sul mercato nonostante le sanzioni. Secondo una pubblicazione di Prime, l’assistente del presidente azero, Hikmet Hajiyev, ha dovuto difendersi durante il Forum STRATCOM di Istanbul da alcune accuse emergenti, per sostenere che Baku non vende gas russo all’Occidente, né mai lo ha venduto in Europa per vie traverse durante il periodo estivo.  Ha specificato che Baku ha solo acquistato 1 miliardo di metri cubi di gas dalla Russia quando il prezzo sui mercati era molto alto, ma sul mercato russo era conveniente. Secondo lui, la violazione delle sanzioni da parte azera è disinformazione. Che questa polemica cominci solo ora, è la prova che l’occupazione della Siria da parte dei ribelli e l’annuncio di Receep Erdogan, quando ha avvisato che diverse città tra cui Aleppo, Idlib, Damasco, Raqqa, diventeranno province della Turchia, sono conseguenze  importantissime e da collegarsi con la questione azera. La Turchia, secondo le fonti trapelate, avrebbe saputo dell’operazione in Siria circa sei mesi prima che avvenisse, e Erdogan che non può sottrarsi al suo ruolo negli interessi dell’Unione europea e della NATO, ha deciso di lasciar fare, ma ovviamente, doveva guadagnarci anche lui qualcosa. Infatti, con la presa della Siria anche solo controllandone il gruppo di potere che sale al governo, il turco Erdogan può ricomporre l’impero ottomano, ipoteticamente sbarazzarsi dei profughi siriani che pesano sul bilancio dell’economia turca in affanno, e prender piede in un’area dove in ogni momento, alla minima avvisaglia, può rivalersi sui suoi “nemici curdi”, coi quali è in corso da tempo una lunga e sanguinolenta controversia. Inoltre, sarebbe attore del nuovo gasdotto che si prevedeva di costruire assieme al Qatar. Lo scontro, favorirebbe anche Israele che, col genio di soccorrere i gruppi armati curdi, potrebbe tentare di prendere ancora di più piede in Siria. Nel frattempo, approfittando del caos, l’IDF è avanzata con l’esercito ai confini siriani annettendo le alture del Golan.  Receep Erdogan sembra però al momento non essere intenzionato a una mattanza di curdi e, salvo episodi di epurazione condotti dai terroristi irruenti, ancora non si registrano delle violazioni importanti, tranne che minacce velate da parte israeliana cui Erdogan e l’Iran o esponenti della Lega araba rispondono. Insomma, salvo episodi cruenti di mattanze ed esecuzioni di cittadini per generare il terrore nell’area, tutti restano ognuno per il momento al proprio posto, in attesa di evoluzioni. Chi in realtà, ha promesso l’apertura di un altro fronte di guerra molto presto, è però Benjamin Netanyahu.

In una dichiarazione del 12 dicembre 2024, Dmitry Medvedev, impegnato in una visita in Cina di due giorni, intervistato da RT sulla questione siriana, sostiene di non sapere se l’invasione dell’HTS avesse come scopo principale quello di favorire Israele nel recupero del Golan, o se c’è ancora dell’altro, concesso che la Russia “continuerà a difendere i suoi interessi in quell’area”. Se dal punto di vista dei corridoi gasieri e petroliferi di cui la Siria è ricca, la Russia si è creata già probabilmente un diversivo in Azerbaijan, anche se il governo azero lo nega, quello cui il Presidente Putin punta per il momento lì, è mantenere funzionali le basi militari sul mare trattando con gli altri interpreti nella regione. Certo, la Russia non ama i terroristi manovrati dall’Occidente ma, in Siria, esistono in questo momento più fazioni minoritarie, di cui alcune corrispondono a più padroni che li finanziano, e di cui uno è proprio Erdogan che ha a cuore i suoi interessi economici e di espansione. In questi anni, il presidente turco è rimasto scottato dal trattamento snobista dell’Unione europea e da alcuni comportamenti scorretti degli alleati statunitensi, quindi ora, è nelle condizioni di tenere al guinzaglio un po’ tutti gli attori, grazie alla posizione turca geograficamente privilegiata per l’affaccio sulla Siria. Receep Erdogan non ha alleati reali, ma nutre interessi per cui potrebbe venire accontentato. Soprattutto, ha un grosso giro di affari con Vladimir Putin, che gli ha offerto in passato una sponda per fare della Turchia un grande hub per il gas verso l’Europa, e che gli ha concesso un grande aiuto per la costruzione della centrale nucleare di Akkuyu. Non solo. Lo ha invitato come osservatore nei Brics, di cui la Turchia potrebbe un giorno diventare partner. E questo, ha indispettito gli americani.

 

Un presunto avvertimento potrebbe essere stato l’attentato terroristico in Turchia, avvenuto il 23 ottobre 2024 davanti alla sede dell’industria aerospaziale vicino ad Ankara proprio il giorno in cui il politico si era recato a Kazan come osservatore per la prima volta, durante il vertice BRICS. Erdogan aveva provato a tranquillizzare tutti in occidente, sostenendo di aver accettato l’invito a Kazan per “creare delle opportunità”, ma senza alcuna intenzione di “cambiare sponda” o tradire l’Alleanza NATO. Il motivo per cui Putin ha invitato Erdogan al vertice, è importantissimo.

Nessuno forse lo ha capito, ma i BRICS vogliono stabilizzare e pacificare il Caucaso, in cui l’Azerbajan è diventato uno snodo di affari pauroso. In effetti, l’Italia e l’Europa ricevono gas proprio da quell’area, dopo che hanno dovuto rinunciare al gas russo. E Putin, ha trovato nell’Azerbaijan un partner d’appoggio dopo aver saputo gestire le mediazioni nella guerra tra l’Armenia e Azerbaijan, per il territorio storicamente conteso del Nagorno Karabach, (che era collegato all’Armenia da un corridoio, ma che proprio gli azeri hanno riannesso recentemente con un blitz militare). Esattamente come accaduto in Siria, la Russia che era presente in sostegno all’Armenia con le sue forze di pace per monitorare e mediare la fragile situazione tra i due antagonisti, non ha reagito ed è rimasta immobile quando l’Azerbaijan è avanzato strappando i territori al desiderio armeno di possederli. In quell’ambito, è vero che la Russia aveva nell’Armenia un alleato ma, non decollavano gli accordi con l’Azerbaijan soprattutto a causa delle intromissioni occidentali. In quel periodo, l’Ue e gli Usa hanno aumentato il loro corteggiamento e pressioni sull’Armenia per ostacolare i progetti di Vladimir Putin e tentare di avere più voce in capitolo in Caucaso, sui corridoi che ne attraversano la geografia. In effetti, è proprio lì che gli anglosassoni portano avanti le loro rivoluzioni colorate. In Azerbaijan, gli USA sono riusciti a impiantare da tempo un governo che è loro favorevole (ma non è detto che ci possa essere tutta questa fedeltà dopo la formazione dei BRICS), in Georgia stanno spingendo un Maidan per rovesciare il governo eletto ultimamente, e impiantare un proprio fantoccio; negli ultimi anni avevano avvicinato proprio il presidente armeno (che cominciava a dare segni di cedimento a sfavore dell’alleato russo presente sul suo territorio con le forze di pace). E Putin ha capito l’antifona contro di lui e si è mosso per primo, anzi, ha deciso di rimanere immobile, scontento del fallimento degli accordi tra azeri e armeni, lasciando che l’Azerbaijan conquistasse l’area. Ha praticamente regalato il Nagorno Karabach all’Azerbaijan. E non lo ha fatto gratuitamente. Oggi, Putin ha una possibilità di sbocco per il suo mercato energivoro in Azerbaijan, e la Siria è passata parallelamente ma solo temporaneamente in secondo piano. Qui esiste, come già anticipato, un progetto di un gasdotto “islamico” (Siria – Iran – Iraq – e quindi congeniale anche alla Russia) che è saltato e si interrompe definitivamente  con la deposizione di Bashar Al Assad. Ma, ciò che cerca di ottenere la Russia adesso, è mantenere le sue basi militari sul mare in Siria. Come fare? È semplice. L’Azerbajan ha due alleati importanti. Il primo è Israele che “per ora” è il solo fornitore di armi. Il secondo amico è proprio Erdogan che ha anche lui affari energivori lì, ma non solo: a dividere la Turchia dall’ amico Azerbaijan geograficamente… è proprio l’Armenia, la quale ultima, ha un rapporto di odio da sempre con i turchi. Receep Erdogan non è certo favorevole al governo israeliano “retto da Netanyahu” e a ciò che questi porta avanti in Palestina, ma la Turchia ha i suoi affari commerciali con Israele che ha sempre mantenuto. Quindi, che l’amico Azerbaijan sia armato da Israele, non fa nessuna differenza ad Ankara. Ebbene, Erdogan ha interesse, come altri, nella stabilizzazione dell’area caucasica e gli ostacoli sono due. Il primo è che Armenia e Azerbaijan non riescono a definire gli accordi, dal momento che il presidente armeno è tenuto per il colletto dall’occidente e dagli USA. Il secondo, è che Erdogan non ha rapporti diplomatici con l’Armenia da anni, ma, accetterebbe di averne, qualora l’Armenia pacificasse tutte le controversie con l’Azerbaijan, grande amico turco. Il processo di stabilizzazione sta andando avanti passo dopo passo sotto la supervisione di … Putin. Già. Putin, che era presente con le forze di pace nel territorio, sta mediando all’interno dei Brics, e con l’Iran al seguito, per mettere d’accordo Armenia e Azerbaijan.

Sono a buon punto. Significa che, se tutto procedesse senza intoppi, il presidente della Turchia potrebbe dare a breve la sua stessa approvazione, riallacciare gradualmente il suo rapporto con l’Armenia. Questo, gioverebbe a tutti i Paesi che mercanteggiano nell’area energetica strategica. Quindi, quando Receep Erdogan ha detto che non tradirà l’occidente ma lui nei BRICS accetta l’invito per altre motivazioni, significa che sta solo guardando i suoi interessi personali nel Caucaso. E significa che, la stabilizzazione tra Armenia, Azerbaijan e Turchia, dovrebbe accadere proprio nei BRICS.

È ovvio, che a questo punto, Receep Erdogan non dovrebbe avere interesse o fretta, per il momento, a rovinare l’affaccio sul mare russo in Siria e, si sta contrattando per capire se è possibile stabilire dei punti di incontro tra tutte le parti. Se ciò dovesse fallire, Putin si starebbe già organizzando in Libia. In effetti, l’affaccio sul mare non è il solo motivo per cui la Russia è di stanza in Siria. Secondo notizie trapelate dai canali Telegram,  “la Russia si rivolgerà alla Libia per sostituire le sue basi siriane o per ridurre la sua dipendenza dalle basi siriane nel Mediterraneo e in Africa, anche se le manterrà”, poiché la Libia è “l’unico paese con una significativa presenza militare russa in Africa, che gli aerei cargo russi possono raggiungere direttamente dalla Russia senza rifornimento. Gli aerei cargo più pesanti possono raggiungere la Libia solo sorvolando lo spazio aereo turco”. E Putin, per quanto ci siano degli interessi col presidente turco, non può fidarsi di lui o contare su un sostegno reale, dal momento che la Turchia è partner della NATO.  Le strutture in Libia potrebbero gestire parte del traffico logistico russo che in precedenza passava per la Siria. Il Cremlino ha anche cercato un accordo per i diritti di attracco permanenti russi a Tobruk dal 2023 e per stanziare lì una sua base militare, gemella e speculare a quella siriana. La posizione della Russia in Libia dipende da Khalifa Haftar, alleato dei russi, su cui l’occidente ha tentato di fare pressione per allontanarlo dall’amicizia con Mosca. Lo scopo della base russa di Tartus era fornire assistenza e rifornimento alle risorse navali russe e supporto logistico alle operazioni russe in Libia e nel Nord Africa. Ad agosto del 2024 era già noto che la Russia avrebbe potuto prendere il controllo di alcuni impianti di produzione petrolifera in Libia, poiché il generale Khalifa Haftar si apprestava a chiudere il più grande giacimento petrolifero del paese, El Sharara. Il giacimento, capace di pompare 300.000 barili di petrolio al giorno, di cui l’80 % destinato all’Europa attraverso i suoi operatori (la spagnola Repsol, la francese TotalEnergies, l’austriaca OMV e la norvegese Equinor, controllata dallo Stato), è diventato sempre più vitale per il fabbisogno energetico dell’Europa a seguito del boicottaggio del petrolio russo. Il blocco è stato attivato dopo che il figlio di Haftar è stato arrestato mentre cercava di visitare l’Europa per la finale della Premier League libica. In risposta, il generale Haftar ha ordinato la chiusura di El Sharara come mezzo per fare pressione su Madrid.

In questo contesto geopolitico in trasformazione, un giorno, l’Iran potrebbe tentare di stabilizzare una tregua con Israele se cadesse Netanyahu con cui i rapporti non sono ottimali, dal momento che, un oleodotto iraniano vitale per Israele, approvvigiona Tel Aviv da tempo, che corrisponde a Teheran laute somme. In mezzo, è l’impero statunitense col dollaro in difficoltà, che ha proprio tramite Israele il suo braccio della morte ben solidato in Medio Oriente, ma che non ha il vantaggio di Erdogan: un confine diretto con la Siria. Quindi, gli anglosassoni controllano la Siria attraverso i gruppi fondamentalisti penetrati nell’area, armati presumibilmente dagli americani, israeliani, ucraini.  Tuttavia, con il mondo che sta cambiando direzione, non è chiaro in che misura questi gruppi di fondamentalisti o interpreti in Siria, possano obbedire pedissequamente ai “progettisti delle guerre” per tutto l’iter di queste operazioni militari, nei territori laici del medio Oriente. Per molti di loro è un’occasione di guadagno offerto dalle mafie anglosassoni, che controllano il caos. Per altri, una cosa in cui credono, essendo opposti alla fazione sciita. Per quanto riguarda Erdogan, ha cominciato a interessarsi anche della crisi sudanese e, il fatto che giochi su due livelli, fa di lui al medesimo tempo un pericolo e un’opportunità. La Russia di Putin sa benissimo due cose: la prima. È che il progetto di isolamento della Russia non si limita all’Ucraina. Il fatto che i russi non vogliono piegarsi all’agenda e rinunciare alla sovranità, per servire l’occidente, è la ragione per cui si cerca di distruggerne il tessuto. Di conseguenza, alla Russia viene impedito di partecipare ai mercati globali pacificamente, e la si priva del suo collegamento continentale naturale con l’Europa. L’Europa viene minacciata, affinché prenda le distanze dalla Russia. Così, non solo i corridoi energetici “saranno cosa esclusiva” dell’impero anglosassone che mette tutti contro tutti, ma, togliere gli sbocchi di gas e petrolio alla Russia attraverso attentati o generando guerre, significa distruggere il lavoro fatto fino a oggi dai politici russi per risollevare, dopo la dissoluzione dell’URSS, i propri territori millenari dall’impoverimento. E questo, produrrebbe che la Russia per potersi muovere, secondo l’ottica anglosassone, dovrà eseguire l’agenda globalista e sottomettersi al “sistema fondato su regole”, decise dall’altra parte del mondo. Questo processo verrà applicato anche, qualora decollasse, su Paesi che ancora godono di autonomia, sull’Iran per esempio, che ora, dopo il blitz siriano sarà costretto a scendere in guerra o, quantomeno, dovrà crearsi una zona cuscinetto per evitare il caos. Le rivoluzioni colorate con le finte storie delle donne perseguitate per il velo, non sono riuscite a corrodere dall’interno il potere dell’Imam. Ora, l’”Israele” guidato da Netanyahu, Trump e l’oligarchia Adelson, creandosi un confine ideale da cui poter colpire Teheran – anche per via del grande aiuto che lo stesso Trump ha fornito negli anni ai “sionisti” – comincerà ad aumentare la tensione giustificandosi che esiste il “pericolo nucleare iraniano”. Quindi, è necessario “disarmare” l’Iran che è, secondo questa versione dei fatti, una minaccia per Israele.

Un’altra sciocchezza, quella della minaccia nucleare, che è paragonabile alla fesseria secondo cui Bashar Al-Assad era un macellaio di prigionieri nei penitenziari o un trafficante di droga jihadista. E ora, l’Iran potrebbe pensare di aver davvero bisogno delle armi nucleari. Se cominciasse un confronto serio contro l’Iran, i militari americani ancora di stanza in Siria cui ora Trump ha furbamente chiesto di non intervenire – e non lo ha ordinato perché è un brav’uomo che vuole la pace – allora, potrebbero mettersi in movimento. O potrebbe essere la scusa per forniture di armi. Considerando che Israele, ha bombardato tutti i siti militari e i depositi dell’esercito di Assad, e si è creato un confine più vicino all’Iran portando il proprio equipaggiamento in alcuni punti strategici siriani e nel Golan.

Al momento, tutti i progetti gasieri in cui Putin è coinvolto o partner, sono a rischio. E domani, a rischio potrebbe essere Erdogan, una volta che si riterrà obsoleto. Un’altra sottolineatura è che, credere che il democratico Joe Biden abbia voluto ingrandire un pasticcio per mettere in difficoltà il pacifico Donald Trump, è probabilmente qualcosa cui è il caso di smettere di credere. Trump sapeva probabilmente benissimo quello che stava per accadere in Siria e, se non lo ha organizzato personalmente, non lo ha però nemmeno denunciato. Per un semplice motivo lo sapeva. Gli oligarchi amici di Benjamin Netanyahu, i magnati filoisraeliani che hanno permesso con le loro finanze che Trump vincesse, e che hanno incastrato Joe Biden e il figlio con gli scoop, sono coloro che hanno spinto per il riconoscimento delle alture del Golan e di Gerusalemme allo Stato di Israele, e sono quelli che parlano direttamente con Netanyahu per il progetto espansionistico a Gaza, e per un centro di potere in Medio Oriente.                                                       14 dicembre 2024 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra Tv

 

PAUSA CAFFE’

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