DON RAMON SCOMUNICATO PER L'OFFESA AL PAPA. SCISMA, O RICHIESTA ALLA SANTA SEDE, DI LEGALITA'?
di Paola Mora
Don Ramon Guidetti è il sacerdote livornese di 48 anni che durante la messa del 31 dicembre, mentre il mondo si preparava ad accogliere il nuovo anno, ha aperto una breccia nell’insabbiamento pedissequo della problematica sulla legittimità del pontificato dell’attuale papa Jorge Mario Bergoglio. In effetti, l’argomento scottante di una irregolarità delle elezioni in Vaticano a seguito di cui si è dato mandato a Bergoglio – dal momento che nel 2013 Benedetto XVI aveva apparentemente esposto il suo atto di rinuncia – non è stato mai seriamente affrontato dalla Santa Sede, ma da quello si è fuggiti senza fornire spiegazioni. Don Guidetti, che in queste ore la stampa prova a demolire tentando di trovare difetti sulla storia della sua persona, viene tacciato sulle prime pagine d’essere “uno che lavorava come cameriere d’albergo” prima di diventare sacerdote – come se un cameriere dovesse destare sospetto – e che “con la fede aveva alti e bassi”. Secondo quel che ha poi dichiarato il Vescovo di Livorno, Simone Giusti, Don Ramon “si è lasciato trascinare dai gruppi ‘d’opposizione sterile’ contro il Santo Padre”, e quindi, “la comunità parrocchiale è ferita e non condivide le posizioni dell’ex parroco”. In realtà, nessuno ha interrogato seriamente la comunità parrocchiale sul proprio punto di vista e su quel che ci si sente, riguardo la legittimità del pontefice in carica, eppure, i dati nell’inchiesta principe in cui si fa riferimento al fatto che il vero papa era ‘il Benedetto in sede impedita’, mentre il Bergoglio sarebbe stato messo al Suo posto senza di fatto avere alcuna autorità trattandosi di una forzatura, sono talmente schiaccianti e plausibili che il rischio reale, non è lo scandalo del ‘Don’ scomunicato perché ha osato reticenza contro il pontefice, ma quello che esploderebbe in Vaticano per l’aver nominato come papa, un uomo che non poteva esserlo poiché non andava considerato valido l’atto di rinuncia di Benedetto XVI! Esiste una parte dell’opinione pubblica, di cui non si conoscono le dimensioni ma che preoccupa fortemente, che in realtà non si è forse mai allontanata dalla fede, ma che semplicemente non coglie nell’attuale pontefice i tratti tradizionali della figura papale, quelli amatissimi di Giovanni Paolo II, ad esempio, e che percepisce nella riforma curiosa cui si procede in seno alla Chiesa negli ultimi tempi, un pericolo per i credenti in Dio e per i fondamenti della fede stessa. Più che un Pontefice, in effetti, papa Francesco sembra spesso più comportarsi da politico, abbracciando quelle ‘ideologie dello Stato’ che cozzano con la Parola di Dio; uno ‘Stato globale’ che è sempre più in crisi, dal momento che ad esempio, in Italia, non si riesce nemmeno a parlare del presepe senza dissacrarlo o ad appendere un crocefisso in aula senza generare polemiche, discostandoci in questo modo dagli insegnamenti del Signore. Il vescovo di Livorno, Simone Giusti, scomunica così Don Ramon Guidetti, parroco a San Ranieri a Guasticce dal 2017, in una vicenda che è iniziata nelle scorse settimane concludendosi dopo la Messa del 31 dicembre, quando il prete ha pubblicamente dichiarato di sentirsi in contrasto con papa Francesco, affermando che alla morte, un anno fa, Benedetto XVI di fatto era ancora in carica poiché non era valido il suo atto di rinuncia bensì, il pontefice Benedetto era costretto in sede impedita. Don Ramon, ha poi abbandonato volontariamente la parrocchia, ed il vescovo Giusti, secondo quello che è il racconto nella nota diocesana, ha proceduto con un atto formale in cui si dichiara che “il sacerdote si è posto fuori dalla comunione con la Chiesa”. C’era già stato, in precedenza, un confronto tra Giusti e Guidetti proprio in virtù del fatto che il sacerdote manifestava discostamento dalla figura di papa Francesco, ma che non è servito a fargli cambiare idea, ed anzi, nella sua omelia del 31 dicembre erano contenute affermazioni molto forti, che sono state poi considerate come “scismatiche”. L’Atto ufficiale che ne è conseguito, firmato dal cancelliere diocesano e datato 1 gennaio 2024, è un testo che richiama il canone 751 del Codice di diritto canonico e che comunica al clero e ai fedeli la sospensione a divinis del sacerdote. «In seguito ai fatti riportati, il vescovo ha emesso un Decreto (Prot. N. 1/24/VD), con il quale, a norma del canone 1364 del Codex iuris canonici, dichiara che don Ramon Guidetti è incorso ipso facto nella scomunica latae sententiae. Il suddetto sacerdote è, dalla data odierna, sospeso a divinis e rimosso dall’ufficio di parroco della parrocchia di San Ranieri in Guasticce, a norma dei canoni 1333 e 1336 del Codex iuris canonici. Si ammoniscono i sacerdoti e i fedeli a non partecipare a eventuali sue celebrazioni o ad altre pratiche di culto, perché essi incorrerebbero ipso facto nella gravissima pena della scomunica». Il vescovo Giusti, in un’intervista, ha sostenuto che già vi erano stati segni in passato, delle posizioni estreme del Ramon, e che alla fine quest’ultimo si è ritrovato da solo… “perché lui ha scelto di uscire dalla Chiesa cattolica e io ne ho preso atto. Don Guidetti è una persona buona, generosa, zelante ma fragile, che era già stato richiamato durante l’epidemia di Covid per alcune prese di posizione estreme e che si è lasciato trascinare da questi gruppi. E don Minutella (sacerdote palermitano scomunicato) ha detto che a questo “lavoravano da mesi”. Quando ho incontrato don Guidetti, tuttavia, non mi ha parlato purtroppo di questi contatti. Ora sono dispiaciuto: per lo scandalo che ha dato ma anche per lui”, ha concluso. La scomunica di Ramon Guidetti è vista come rimedio e garza di una emorragia preesistente e mai interrotta, che vede costretta la Santa Sede a difendere continuamente la Sua scelta di posizionamento del papa Bergoglio. Benedetto XVI, come descritto anche nel noto libro inchiesta ‘Codice Ratzinger’ di cui autore è il giornalista Andrea Cionci, non avrebbe mai abdicato, ma si è ritirato in sede impedita, e questa è contemplata come una possibilità d’evento, anche espressa nel ‘canone 412’ dove si recita che: il Vescovo diocesano è impossibilitato a esercitare l’ufficio pastorale a motivo di prigionia , confino, esilio o inabilità , non essendo in grado di comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani; e che è prevista come condizione anche afferente al pontefice, dal ‘canone 335’, in cui si specifica anche che “mentre la sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla del governo della Chiesa universale , si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze”. Se il presupposto della sede impedita di Benedetto XVI fosse vero, tutto ciò che è stato riformato da papa Francesco non potrebbe essere considerato valido, semplicemente perché Benedetto XVI non ha abdicato. E quindi, anche dopo la morte di quest’ultimo, si dovrebbe provvedere a ‘rinominare la figura del Pontefice’ tramite Conclave, perché quella di Bergoglio non sarebbe comunque ritenuta valida. Il giornalista Andrea Cionci, oltre al libro ‘Codice Ratzinger’ si è anche reso promotore di una petizione ai fini del riconoscimento della sede impedita e di convocazione del conclave, cui in tantissimi stanno aderendo. Aldilà della scomunica di Don Ramon, è necessario forse considerare che la ‘sede impedita’ è una condizione di prigionia del papa cui viene, per l’appunto, “impedito di parlare liberamente”, e che è prevista appieno negli ordinamenti della Chiesa come pericolo cui potrebbe essere sottoposto un vescovo ed anche il pontefice stesso. Nella storia si sono già verificate situazioni in cui ci si è trovati in presenza di anti-papa, non correttamente eletti. Nel caso di Benedetto XVI, tra l’altro, il conclave per la nomina di Bergoglio è stato svolto mentre egli era ancora vivo. Per cui, non è questione di eresie o di gesti scismatici che si deve forse parlare, dal momento che la reticenza di molti uomini di Chiesa nei confronti di Bergoglio non nasce dal nulla né da un allontanamento dalla fede e dal papa in sè, ma del fatto che viene messa in discussione la ‘natura legale del conclave e delle procedure’ interne, con cui papa Francesco ha sostituito l’allor ancora vivo Benedetto XVI, il quale, si sarebbe trovato in una condizione di prigionia tale da impedirgli di esercitare le proprie funzioni – Ministerium – pur non avendo mai rifiutato di esercitare il Munus Petrinum, ovvero, il Potere spirituale che è requisito del diritto canonico necessario al papa. E’ sicuramente difficile stabilire la verità ancor più adesso che papa Benedetto non c’è più, ma probabilmente, il fatto che gli episodi di scomunica e di tensioni interne alle diocesi sono evidenti, e poiché il fattore ‘sede impedita’ non è invenzione dell’ultimo minuto di uno scismatico ma un fatto più concreto e tecnico che riguarda la legalità delle procedure in seno alla Santa Sede, sarebbe forse il caso di affrontare più seriamente la questione, a maggior ragione se si è certi della posizione onesta di Papa Francesco, il quale, non è certamente lui il problema in sè, quanto lo è, invece, la situazione in cui potrebbe essere stato coinvolto. Reagire a suon di scomuniche evitando di ammettere una frattura interna alla Chiesa sopravvenuta dall’ingresso di Bergoglio, non può sanare dubbi che non sono forse legati all’allontanamento dalla fede, ma all’esigenza di risposte su quel che sta accadendo. Senza queste risposte, quella che si è consumata recentemente, non sarà di certo, l’ultima scomunica.
4 gennaio 2024 – Paola Mora – Qui Radio Londra Tv