LA CONFERENZA DI FINE ANNO DI MELONI, “È STATA DELUDENTE”. VOCI AMARE ANCHE NELL' OPINIONE PUBBLICA E SUI SOCIAL.
di Paola Mora
Una pubblicazione del “Fatto Quotidiano” del 6 Gennaio 2024 riporta l’opinione del politologo Roberto Marchesi, studioso di macroeconomia, sulla conferenza di fine anno tenuta dalla politica italiana Giorgia Meloni nella giornata del 4 gennaio avvenuta con un lieve ritardo sulla tabella di marcia, dovuto ad un problema di salute della premier. L’esperto osserva: “Ho assistito ieri in tv su La7 (ancora libera dai condizionamenti Rai e Mediaset) alla conferenza stampa della nostra premier Meloni, curioso di conoscere, dopo il lungo tempo della sua assenza dallo scranno di comando che le appartiene, ma conscio anche di poter valutare la sua giustificazione su quel vuoto quasi totale dalla plancia di comando. Per dire la mia, devo dire che mi ha deluso. I veri manager e i veri leader sanno comandare e guidare anche quando hanno la febbre. La sua quasi totale assenza, invece, proprio sulle questioni più spinose poteva quindi indicare solo la sua grande abilità politica nello slalom oratorio che consente appunto di aggirare gli ostacoli, ma senza entrare nel nocciolo dei problemi veri. Una assenza, peraltro, che proprio sul piano politico si è mostrata in pieno in occasione delle gravi dimostrazioni di inesperienza (politica e istituzionale) data dai suoi diretti collaboratori politici”. Da quando il nuovo governo si è formato, vinte le elezioni senza reale maggioranza, dal momento che il numero degli italiani assenti alle urne – non riuscendo a riconoscersi in nessuno dei candidati da destra a sinistra – ha superato le aspettative, e quindi, l’iter di voto si è svolto nella morigeratezza causando solo un’oscillazione lieve di preferenze, dalle rappresentanze di sinistra al partito di Meloni (che non rispecchia il quadro complessivo nazionale), ecco che la prima donna premier italiana, si è fatta riconoscere per l’innata predisposizione all’’omissione’. Omettere, evitare argomenti scomodi nonostante l’urgenza d’affrontarli quando il popolo pretende risposte, o preferire modificare il tiro lanciandosi sulle televendite di argomenti secondari – con lo stile d’un Giorgio Mastrota al ‘femminile’, impegnato a vendere materassi – è un’allarmante consuetudine del governo di maggioranza di cui ci sta accorgendo, e che maschera le carenze professionali profonde della rappresentanza attuale tutta dei ministri, e non solo della Meloni che ne è l’emblema. Sviare sui difetti dell’opposizione tornando al passato continuamente, impedisce di guardare al futuro. Ma è necessario alla maggioranza, per gasare il pubblico sul fatto che il governo precedente non è stato all’altezza – cosa che è vera – evitando con furbizia di far cadere l’occhio sulle proprie incompetenze, in una sorta di eterna campagna elettorale pregna di autogiustificazioni. Tornando alla pubblicazione, il politologo Marchesi aggiunge indizi della propria delusione soffermandosi anche sugli scellerati compagni politici di Meloni, ripercorrendo gli accadimenti del treno “Frecciarossa” – per cui un funzionario di maggioranza chiese al conducente di far sostare il veicolo a vagoni appositamente per lui, mentre era in corsa – fino al più recente episodio del colpo di pistola partito da un’arma mal custodita: “La platealità, anche gestuale, del Donzelli in difesa dei (compagni, fratelli o camerati?) di partito rasenta la teatralità degli scioglilingua sciorinati dai comici, senza raggiungere peraltro l’efficacia dei “vaffa” che solo il Grillo del periodo d’oro riusciva a fare. Ma la gravità della pistola che spara proiettili veri all’interno di un’area che avrebbe dovuto sentire solo gli spari delle bottiglie di spumante classico nostrano, non doveva aspettare nemmeno un minuto dall’essere seguita da una immediata espulsione del suo autore. Il vulcanico Boris Johnson, premier britannico di Sua Maestà (presente ancora la Regina Elisabetta), per qualcosa di simile ma molto meno grave ha dovuto fare le valigie già il mattino del giorno dopo. Il top dell’arroganza è stato raggiunto però dal potente cognato Francesco Lollobrigida, che allo scopo di fare una banalissima inaugurazione di qualche iniziativa pubblica si è permesso di pronunciare (ad evitare l’immediato arresto) la famosa frase (nell’occasione rivolta al capotreno): “…ma lei non sa chi sono io!”, sufficiente a superare ogni ostacolo…! Il “familismo” e il “cesarismo” sono peraltro due caratteristiche abbastanza note dei governi decisionisti che però, quando sono ancora nella fase embrionale, solidi nelle loro certezze, lamentano tuttavia varie “sindromi” da accerchiamento operate dalle opposizioni”. “Meloni preferisce lamentare, nel suo recente incontro coi giornalisti, gli “attacchi scomposti dei suoi oppositori” contro il suo “partitello” cresciuto troppo in fretta nel fango di una esperienza politica che a lei converrebbe invece abbandonare per sempre, il più in fretta possibile e senza alcun rimpianto. A questo punto, dall’alto della sua poltrona e del consenso ottenuto che nessuno si aspettava, le converrebbe invece liberarsi subito di quella “zavorra nostalgica” ancora presente nel suo partito e che non può in alcun modo restare nel partito che uscirà dalle prossime elezioni in rappresentanza dell’Italia…”. Questo è in parte il contenuto della pubblicazione sul giornale “Il Fatto Quotidiano”. Ma, se può essere lecito anche pensare che una testata giornalistica importante è anche un po’ di parte, basta sfogliare le piattaforme dei social per rendersi conto che la delusione per la conferenza di fine anno, è marcata anche fra i cittadini italiani. C’è anche chi ne è entusiasta, ma, rispetto al tenore di quando Meloni vinse le elezioni, è una tifoseria sempre più precaria e sottotono, poiché viene abbondantemente superata dalle critiche polemiche e dal malcontento generale. Sui social, si leggono note amare miste a “risolini” per le gaffe della premier che si comporta da scolaretta, e per lo scherno “adolescenziale” di Meloni rivolto agli oppositori politici sui tre propositi per il 2024, ad esempio, cui ha fatto riferimento: pace nel mondo, ristrutturazione gratuita delle abitazioni (interni ed esterni) e abolizione della povertà. Da questa citazione malamente rivolta al partito M5S dell’opposizione, sono partite rime popolari di rigurgito verso la leader perché: questi tre temi che ella ha scimmiottato, sono in realtà cruciali per il cittadino e fanno parte della schiera di argomenti omissivi, cui Giorgia Meloni o risponde a metà senza affrontare pienamente gli eventi per prenderne coscienza, o non risponde affatto perché più semplicemente evita del tutto di accennare alla presenza di un problema fondamentale per il cittadino stesso. Ecco perché, quando la leader Meloni ha nominato i tre propositi facendo il verso agli avversari, potrebbe essere venuto spontaneo rovesciare a specchio i tre aneddoti riversandoli sulla leadership al governo, e chiedere cosa è stato fatto da quest’ultima davanti a tali tematiche, su cui il cittadino chiede da mesi e non viene ascoltato minimamente, né gli si va incontro. Un governo sordo alle richieste popolari preponderanti, finisce per decadere nei consensi. Se i 5 Stelle hanno svolto malissimo o per nulla il proprio lavoro sulle tre questioni, Meloni su di esse si permette persino di scherzare credendo di fare una battuta intelligente, ma non dovrebbe pensare di farcela a suscitare troppa ilarità dal momento che gli italiani le criticano l’indifferenza totale, ad esempio, per la strage di più di 8000 bimbi palestinesi nei bombardamenti a tappeto nella Striscia di Gaza, di cui l’Italia è trasversalmente responsabile collaborando militarmente in questo scempio con il governo Netanyahu – cui mette a disposizione anche e non solo, la base di Sigonella sotto richiesta dell’amministrazione americana Biden. Ed anche la ‘ristrutturazione gratuita’, come Meloni la chiama ricordando probabilmente il capitombolo del superbonus 110 %, è l’anticamera inversa del noto piano europeo per le case sostenibili ed energeticamente efficientate, ove si punta a privare il cittadino della proprietà privata. Quindi, se i 5 stelle hanno fatto flop estremizzando il concetto di ristrutturazione, non vuol dire che Meloni possa deriderli dal momento che il governo cui è a capo non fa di meglio ed anzi inciampica, lasciando ‘bollire le rane’ di rimando in rimando, senza aiutare concretamente gli italiani a vivere dignitosamente; e senza far passare la paura per il domani incerto che viviamo, anche rispetto alla casa come proprietà cui si ha diritto! Inoltre, la lotta alla povertà cui Meloni si confà schernendo l’ipotesi del salario minimo e semplificando tutto ad un dettaglio irrilevante, è un tasto che preoccupa i cittadini più in difficoltà, e che va risolto non solamente in gran velocità anziché crogiolarsi sulle battute di circostanza, ma possibilmente evitando i palliativi inconsistenti. Uno degli ultimi è stato il “bonus per il carrello della spesa”, che, al pari del bonus forse esageratamente sostanzioso per le ristrutturazioni, è l’ennesima “fregatura” assieme ad altre del medesimo tenore negli ultimi anni, poiché non garantisce il futuro, né tampona minimamente la crisi in corso. Un carrello tricolore, con soli prodotti ‘Made in Italy’, come suggerirebbe il logo? Oppure, no? Il numero di italiani sempre più poveri al punto da non riuscire a mettere insieme il pranzo e la cena, o che non recepiscono lo stipendio da mesi e rischiano anch’essi di finire in mezzo alla strada – mentre l’Unione europea pretende grandi cambiamenti strutturali cui nessuno è pronto se non le famiglie più facoltose – è esponenzialmente in aumento. Non esiste alcuna misura in proposito per queste persone, che possa aiutarle ad uscire dalla palude, nessun investimento; solo palliativi striminziti che trascinano il problema pericolosamente in avanti. Forse, per il governo attuale, la lotta alla povertà è un ‘reddito universale’ che spetterebbe solo agli obbedienti del QR-code, ma che senza la prerogativa di un lavoro e dell’indipendenza, svilirebbe solamente la dignità umana di ogni singolo individuo privandolo delle proprie scelte. In questa visione, anche la scuola non insegnerebbe più nulla perché salterebbe via quell’ingranaggio che permette a ciascuno di coltivare gli studi che si è scelto per realizzarsi nelle aspirazioni ambite, riducendolo ad arrabattarsi e a sottomettersi a un governo che gli chiede di fare qualsiasi lavoro anche sgradito, per ripagare un debito pubblico sempre più alto. Bene, non è così che si rende grande un Paese come l’Italia, dove ci si è sempre sacrificati volentieri, ma dove la buona volontà del sacrificio non deve diventare schiavismo o sfruttamento. Dulcis in fundo, la conferenza si è chiusa con la fuga alla toilette, commista ad una spasmodica fretta interiore di concludere velocemente il dibattito che non è stato sentito dal politico, evidentemente, come occasione di chiarimento agli italiani per il futuro, bensì come peso personale riferito alla scocciatura di doversi giustificare – simbologia di una viscerale insicurezza della maggioranza – con le opposizioni. Tre ore di vuoto, e la pausa della ricreazione per andare in bagno: questo è accaduto in Italia all’inizio del 2024, in un momento storico cruciale in cui non ci si può permettere omissioni, ed in cui una conferenza, per i comportamenti incapaci messi in atto da maggioranza ed opposizione, diventa quasi sempre un processo in tribunale senza soluzioni e senza idee, e non una rinascita culturale!
06 gennaio 2024 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra TV