I MISSILI A LUNGO RAGGIO NON PARLANO DA SOLI. L'ESCALATION DEI FALCHI DI JOE BIDEN.
di Paola Mora
L’America è un’oligarchia che non cambierà facilmente atteggiamento nei prossimi anni, e dai cui “scontri oligarchici” tra fazioni repubblicane e democratiche, che vedono l’”America grande” con prospettive diverse e investimenti di milioni di dollari, dipendono gli smottamenti e gran parte delle guerre nel mondo. Mentre la realtà multipolare avanza, l’America non è disposta ad agire da pari o a cedere parte del suo controllo nel mondo. Desidera tornare “grande e potente”, non tanto nella politica interna ma in quella estera, volta all’espansionismo economico-militare suprematista. La stessa visione e percezione di grandezza, è tuttavia considerata diversamente dalle fazioni sovranazionali che controllano l’America e i suoi movimenti politici. Si va dallo smembramento degli Stati Uniti in favore di un ordine più grande, al mantenimento statico di questa Unione a stelle e strisce, “Trump style”, ma sempre con in mano le redini del controllo generale e favoritismi nei confronti dell’alleato Israele che pretende di allargarsi. Se questo approccio non si modifica, in futuro ci sarà il pericolo di altre guerre su larga scala dopo illusori periodi di pace clinica, poiché gran parte del potere finanziario è in mano ai pochi che manipolano i molti, e quei pochi, hanno messo radici in terra americana e nel suo braccio israeliano in Medio Oriente – che gli garantisce… il petrolio: satana e la Bestia, la testa e la coda del drago che hanno assoggettato le nazioni d’Europa. Ad ogni modo, qualunque cosa si preferisca pensare in merito, è un dato di fatto che l’America, da ben prima dell’allunaggio, oggi proiettata su Marte, abbia fatto a pugni persino con se stessa e con le proprie fallimentari scelte coloniali per attribuirsi meriti superiori ai reali. Si è spesso appropriata di vittorie che non sono state le sue, utilizzando un trucco che è sempre lo stesso. Gli USA si avvalgono di un sistema di depistaggio ben rodato negli anni con cui riescono a provocare le guerre su larga scala, ma poi, sul più bello si defilano fino a sembrare del tutto “innocenti”, soprattutto per far credere che gli accordi di cui beneficiano dopo ogni conflitto siano promossi in una loro veste di “salvatori del mondo”, che magicamente intervengono come autorità esterne e diplomatiche nei negoziati – quando invero sono i promotori e ideatori interni dei conflitti, nascosti sui campi di battaglia come dei ladri. È sempre stato così e lo è anche oggi, allor quando il New York Times pubblica un articolo dove avvisa che l’America ha acconsentito all’uso di armi americane ATACMS su suolo russo da parte dell’Ucraina. Ma poi, l’amministrazione Biden fa fatica a dichiarare questa notizia ufficialmente dalla propria bocca, lasciando che ne parlino i giornali o qualche funzionario tedesco e coreano del Sud, i quali sostengono di aver ricevuto dagli americani una comunicazione proprio in tal senso. I doppiogiochisti della peggior specie, avevano fatto una cosa simile in precedenza, quando si è trattato di spingere l’Europa, che possiede la più alta percentuale di beni russi localizzati sul proprio territorio, al sequestro e usufrutto mariuolo di queste proprietà. Questione per cui, Von Der Leyen e i leader degli Stati dell’Unione Europea hanno dovuto escogitare una formula che funzionasse, che fosse il meno illegale possibile. Le riserve valutarie russe ammontano circa a 270 miliardi di euro, di cui ben 210 sono stati congelati dall’UE. In questa occasione, l’UE aveva remore a procedere, ma fu proprio l’amministrazione Biden a benedire l’iniziativa di poter disporre a piacimento dei beni privati dei russi. Il solo scopo era di trascinare principalmente l’Europa a farlo, pur provocando ripercussioni temporanee sull’affidabilità del dollaro come valuta garante della riserva mondiale.
I media hanno così pubblicato la notizia che Joe Biden ha autorizzato l’Ucraina a usare i missili a lungo raggio americani per colpire la Russia, e che tali armi verranno inizialmente impiegate contro le truppe russe e nordcoreane nella regione di Kursk, nella Russia occidentale. Si accenna anche al fatto che la decisione ha diviso i consiglieri stessi del presidente Biden. Secondo le fonti, l’autorizzazione sarebbe stata concessa proprio in risposta alla decisione della Russia di ricorrere a truppe nordcoreane nel conflitto regionale di Kursk, anche se il Pentagono comunica di non aver mai avuto prove in mano per determinare che i soldati della Corea del Nord sono già stati stanziati lì (quantomeno in un numero preoccupante su cui fare allusioni allarmistiche). La vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, lo comunica chiaramente il 19-11-2024: “Per quanto riguarda i combattimenti, sappiamo solo che loro [I COREANI DEL NORD] avrebbero iniziato a partecipare, ma non lo abbiamo confermato. Detto questo, si stanno dirigendo verso Kursk e abbiamo motivo di aspettarci che parteciperanno ai combattimenti. Non possiamo al momento confermarlo”. Questa dichiarazione della portavoce del Pentagono, svela le fake news della stampa occidentale secondo cui i coreani stanno già combattendo a pieno ritmo in territorio russo nella regione di Kursk. Ad ogni modo, se anche fosse, ciò non contravverrebbe alle clausole del diritto internazionale. La Russia e la Corea del Nord hanno ratificato il loro accordo di partenariato strategico che prevede l’aiuto militare reciproco in caso di minacce esistenziali all’interno dei rispettivi territori. Lo scopo degli USA con questa propaganda sulla Corea del Nord, è probabilmente di mistificare la narrazione, spingere a credere in un’attività aggressiva e non difensiva da parte di Russia e Corea del Nord millantando che da Kursk, questa presa di posizione del Cremlino possa tradursi in una minaccia anche per l’Europa (la quale, di conseguenza deve rispondere assecondando Kiev sull’uso delle armi a lungo raggio da lanciare nelle profondità della Russia: la Terza guerra Mondiale, dal momento che queste armi non possono essere realmente usate da militari ucraini, ma solo dal personale militare dell’Alleanza NATO.) Lo dice anche il nuovo Segretario generale Mark Rutte (subentrato a Jens Stoltenberg), in un suo intervento prima dell’incontro a Bruxelles con gli alleati, e a chiarimento delle pubblicazioni dei mass media sull’utilizzo delle armi a lungo raggio fornite dall’occidente all’Ucraina su territorio russo, quando tranquillizza l’Unione europea su un’eventuale partecipazione all’escalation. Puntualizza che l’Alleanza continua a sostenere la posizione secondo cui non è necessario limitare l’uso delle armi inviate all’Ucraina: “Questo è l’approccio generale della NATO , ma gli Stati membri prendono la decisione finale separatamente. Non dirò cosa dovrebbero fare o non fare gli alleati, possono fare dichiarazioni loro stessi se vogliono. In generale, direi che non c’è bisogno di parlare troppo”. In fondo, neanche gli americani parlano troppo, e intanto il territorio russo viene colpito a prescindere dall’ufficialità delle dichiarazioni. Il diplomatico europeo Joseph Borrell ha sostenuto che alcuni paesi europei – non rivela quali – avrebbero segretamente deciso di permettere all’Ucraina di attaccare la Russia con le armi da loro fornite, nel cuore del suo territorio storico. In proposito, il sagace e ironico Rutte farfuglia, alla fine dei conti, che la NATO è favorevole quanto lo è l’amministrazione Biden, quindi, seppure alcuni Stati europei non sono allineati con questa decisione, gli altri parlino meno e agiscano di più. La NATO appoggia l’uso di queste armi, ma non dirà a ciascuno cosa fare.
Volodimir Zelenskyj, si presumeva che si sarebbe affrettato a prepararsi per condurre il suo primo attacco con gli ATACMS in Russia grazie a questa scusa, che è una montatura occidentale, ovvero, la presenza dei nordcoreani. Ma, il fatto che Zelenskyj abbia potere decisionale è utopico dal momento che questi prototipi militari a lungo raggio, non possono entrare in funzione se non con il coordinamento del personale NATO – come già accadeva in Donbass. A riprova di codesta personale inettitudine del comparto militare ucraino, è la scocciata affermazione rilasciata dal presidente Zelenskyj dopo la propagazione della notizia da parte dei media, quando ha affermato che i promo giornalistici non valgono nulla… ma sono i missili a dover parlare. E non è lui a poterli far parlare, evidentemente, poiché non ne ha il controllo tecnico. Un lancio di ATACMS contro un deposito di munizioni a Bryansk, è stato indicato come primo attacco su territorio russo di questa tipologia dopo l’assenso americano e dopo la lamentela di Zelenskyj. Il Ministero della Difesa russo ha comunicato che “stasera 19.11.2024 alle 3.25 il nemico ha colpito un oggetto nel territorio della regione di Bryansk con sei missili balistici. Secondo dati, sono stati utilizzati missili tattici operativi ATACMS di fabbricazione americana. Come risultato della battaglia antimissile, gli equipaggi da combattimento del sistema di difesa aerea S-400 e del sistema missilistico di difesa aerea Pantsir hanno abbattuto cinque missili e ne hanno danneggiato uno. I suoi frammenti sono caduti sul territorio tecnico di una struttura militare nella regione di Bryansk, provocando un incendio che è stato prontamente domato. Non ci sono vittime o distruzioni.” Il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, in un suo intervento al G20 in Brasile, ha incolpato gli Stati Uniti per il lancio su Bryansk. Il permesso di utilizzo di armi statunitensi era previsto però solo nella regione di Kursk se seguiamo la tesi dei media occidentali privi di dichiarazioni ufficiali – e invece ne vediamo lanci a Bryansk. Intanto a Kursk, anche senza l’ausilio di coreani del Nord, le ultime cellule di terroristi ucraini sono rimaste “intrappolate in una tagliola“, dove le forze armate russe li stanno mietendo, tant’è che si parlava di una ritirata, di una fuga da Kursk che il comandante ucraino Syrsky si stava apprestando ad annunciare – e che forse verrà ritardata dopo la concessione statunitense sulle armi a lungo raggio. La Corea del Nord potrebbe, se fosse il caso, intervenire certamente al fianco delle forze armate russe in numero considerevole. E, il presidente della Federazione russa Vladimir Putin, nella mattinata seguente l’annuncio “non ufficiale” dell’approvazione sull’uso delle armi a lungo raggio contro la Russia, ha invece ufficialmente e preventivamente firmato il testo ammodernato del nuovo decreto sulle modalità d’uso e gestione della deterrenza nucleare russa, come monito all’escalation provocata dall’amministrazione statunitense nelle ultime ore. Ad ogni modo, i funzionari della Federazione russa erano già pronti a questa evenienza di escalation sul proprio territorio storico. La portavoce Maria Zakharova aveva già criticato, circa un mese fa, l’ennesima ricostruzione farlocca dei media occidentali sulle attività dei coreani del Nord, che sarebbe servita a ritenere la Russia responsabile agli occhi dell’opinione pubblica.
Tutto sta accadendo a due mesi dall’insediamento di Donald Trump, sospettato di voler ridurre il sostegno all’Ucraina. In realtà, secondo fonti a conoscenza dei fatti, il signor Trump avrebbe presumibilmente usato la clausola della fine del sostegno militare statunitense all’Ucraina, e quindi lasciato all’UE la patata bollente degli armamenti, ma solo per convincere il presidente ucraino Volodimir Zelenskyj ai negoziati, promettendogli come garanzia la futura ripresa della consegna di armi da parte degli USA. Un impegno “post negoziati” per garantire a Kiev la difesa del paese, ma solo dopo aver concordato la pace e la cessazione delle ostilità con la Russia. La decisione presa dall’amministrazione Biden sul permesso dell’uso di proprie armi a lungo raggio contro la Russia, era attesa da tempo, ma spiazza i propositi del nuovo eletto Donald Trump che potrebbe dover fare i conti con un inasprimento del conflitto al confine occidentale, quando si insedierà il 20 gennaio. Significa che, se Trump può sicuramente revocare questo ordine a beneficio dell’Ucraina concesso presumibilmente da parte statunitense, entro quella data l’Europa potrebbe aver già intrapreso, spinta dall’amministrazione Biden che ha gettato l’amo delle concessioni, una strada pericolosa senza ritorno, rischiando di diventare essa stessa obiettivo russo a causa delle proprie azioni scellerate condotte assieme alla NATO. I francesi e gli inglesi avevano già autorizzato l’Ucraina a colpire in profondità il territorio russo con i loro missili SCALP/Storm Shadow ma, questa loro decisione era legata al “via libera” anche americano, che è adesso forse arrivato. Joe Biden ha offerto in via indiretta l’anelato consenso a Volodimir Zelenskyj per l’utilizzo anche degli ATACMS – con una gittata di 300 chilometri – contro la Russia, ma… “al momento ci rifiutiamo di commentare”, così il Pentagono ha risposto alla richiesta di confermare le pubblicazioni secondo cui Joe Biden avrebbe acconsentito. A settembre, il presidente russo Vladimir Putin, in un’intervista rilasciata a un corrispondente di Izvestia, ha dichiarato che la decisione di lanciare attacchi in profondità in Russia con le armi degli alleati occidentali di Zelenskyj, rappresenta una partecipazione diretta della NATO al conflitto. Intanto, anche la squadra di Donald Trump si è rifiutata di commentare le notizie dei media. I suoi funzionari si sono limitati a ricordare che durante la campagna elettorale Trump ha ripetutamente promesso di risolvere il conflitto in Ucraina, e che la recente notizia sulle armi a lungo raggio, se vera, complicherebbe questo proposito. Il direttore delle comunicazioni della squadra di Donald Trump, Stephen Chung, non ha però voluto rispondere a una domanda diretta sul se Trump abbia ricevuto anch’egli notifica della decisione di escalation dall’attuale amministrazione Biden. Il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente americano, Jake Sullivan, ha nel frattempo messo le mani avanti, affermando in conferenza stampa che, se “eventualmente” venisse revocato il divieto di attacchi delle forze armate ucraine con missili ATACMS a lungo raggio sul territorio russo, gli Stati Uniti non diventerebbero parte in conflitto, come sostiene la parte russa. Tuttavia, ha rifiutato di confermare la revoca del divieto. “Non abbiamo alcun annuncio o conferma su questo argomento in questo momento”. Poi, ha aggiunto che il trasferimento delle truppe nordcoreane nel conflitto agli occhi dell’America “cambia la natura del conflitto”. Quel che è chiaro, è che gli Usa non vogliono coinvolgersi completamente, o vogliono sviluppare una narrativa per cui l’opinione pubblica venga spinta a credere che gli USA non sono direttamente parte in causa nel conflitto. Allo stesso tempo, puntano a fare della Corea del Nord il loro capro espiatorio e hanno già tacitamente stabilito che sarà l’UE a venire ufficialmente considerata “parte del conflitto” contro la Russia, quando l’escalation sarà arrivata ad un punto critico. L’America fa da apripista alle future azioni dell’UE, spinge gli alleati ad agire per primi dall’Europa dove la NATO ha più campo libero per operare anche dopo l’insediamento di Trump. I missili di cui parla l’amministrazione Biden – senza però dare per ora conferma definitiva – sono gli ATACMS prodotti dall’azienda statunitense Lockheed Martin – e non, a esempio, i missili Cruise – ma da utilizzarsi apparentemente solo sulla “regione di Kursk”. Gli ATACMS sono stati consegnati all’Ucraina lo scorso anno. Si fa poi menzione degli STORM SHADOWS – o SCALP francesi –: missili da crociera franco-britannici ideali per penetrare nei bunker e nei magazzini di munizioni in Russia, con una gittata massima di 250 km. Restano in sospeso i TAURUS tedeschi, che Olaf Scholz non ha concesso però di utilizzare. La Russia, nell’evenienza di questa escalation, ha già recentemente spostato più a est i propri arsenali critici importanti. Resta forte un tentativo disperato di Volodimir Zelenskyj di voler convincere a puntare le armi sul ponte di Crimea, che non è un obiettivo al momento autorizzato dagli alleati. Ad ogni modo, tutti gli analisti sono concordi nell’affermare che il permesso all’Ucraina sulle armi a lungo raggio, se vero fosse, non provocherà la vittoria di Kiev ma la sua definitiva distruzione territoriale, nonché un allargamento del conflitto che potrebbe toccare l’Europa – concesso che non vi è nemmeno una grande disponibilità nelle quantità di missili consegnati, o da consegnarsi eventualmente all’Ucraina.
Anche la promessa di pace di Trump assomiglia ad una bugia di convenienza, o quantomeno sembra allontanarsi dalla sua attuazione immediata, da definirsi con successo all’insediamento come presidente. La realtà dei fatti è che la Russia ha vinto in Donbass e si apprestava a terminare l’Operazione militare Speciale entro gennaio\febbraio, proprio a cavallo dell’insediamento di Donald Trump. Quest’ultimo, a quel punto, non avrebbe quindi dovuto affatto “convincere Putin ai negoziati”, né portare la pace o “mettere fine al conflitto”. Semplicemente, si sarebbe limitato a stare alle condizioni della Russia che aveva terminato la denazificazione, aiutando l’America a fare la minor figuraccia possibile grazie alla prerogativa di prendersi in apparenza il merito della fine della guerra in Donbass. Putin avrebbe chiuso un occhio sui meriti, promuovendo condizioni favorevoli alla Russia e che garantissero il diritto alla Russia di esistere. In effetti, perché Putin avrebbe dovuto fermarsi? Perché… glielo diceva Trump? La Russia è agli sgoccioli dal completamento dell’Operazione Militare Speciale: i combattenti russi sono vicini a Pokrovsk mentre le forze armate ucraine stanno subendo le maggiori battute d’arresto dal 2022. Allora, perché la Russia dovrebbe fermarsi prima di aver finito? È come chiedere a un corridore che è a pochi metri dal traguardo di smettere di correre, e di tornare indietro. Nessuna fantomatica crescente pressione su Putin, o parola di Trump, poteva portare il Presidente della Russia al tavolo delle trattative dopo tutto quel che è accaduto quando gli anglosassoni hanno costretto Zelensky a mandare all’aria i negoziati nel 2022. La Russia è a un pelo dalla fine della missione di denazificazione, e quindi, Putin avrebbe sicuramente ascoltato Trump perché era interessato a non cominciare un conflitto diretto con la NATO e si sarebbe mosso per ottenere dagli USA le dovute garanzie, ma con in mano il completamento della missione in Donbass. Ora, premesso che Trump non avrebbe mai potuto fermare, qualcosa che Putin si stava preparando a fermare di suo pugno per via del completamento imminente della missione russa, e concesso che un accordo con Trump sarebbe però sicuramente servito a stemperare la follia statunitense evitando la provocazione di altra carne al fuoco, l’argomento nordcoreano serve a mascherare le intenzioni dell’amministrazione Biden che desidera “rovinare il piano di Trump” – (con cui quest’ultimo diceva che sarebbe riuscito a mantenere la sua promessa di pace in 24 ore). Il piano di Donald, che è speculare al salvataggio della reputazione americana dopo la sconfitta in Ucraina e che difficilmente si tradurrebbe però in una pace duratura con la Russia, avrebbe giovato anche a Volodimir Zelenskyj, il quale sarebbe uscito illeso dalla pressione di Boris Johnson e dei nazisti. Avrebbe potuto raccontare che era “costretto a sedersi a negoziare con la Russia”, dal momento che il neoeletto Trump impediva “temporaneamente” ulteriori forniture di armi. Con il permesso americano a usare missili su territorio russo, il morente partito democratico americano potrebbe provare a esasperare la situazione, non tanto dell’Ucraina, ma dell’Europa stessa nei confronti della Russia. Il Deep State democratico si è asserragliato nell’Unione europea, dove ha Von Der Leyen come referente d’onore. Quindi, si apre una seconda faglia conflittuale dove determinante è non tanto l’ausilio del nucleare, che potrebbe avvenire da parte russa a graduali livelli e non necessariamente come prima opzione, ma l’inizio di una guerra diretta della NATO contro la Russia in cui l’Ucraina non ha più alcuna importanza, ma ne ha l’Europa. Quindi, la Russia potrebbe essere costretta a elaborare una nuova linea difensiva del proprio territorio, in parte già pronta, e in alternativa proseguire la sua marcia sull’Ucraina o su Kiev nella misura in cui vi saranno presenti le truppe della NATO – (de-natificazione, coniamo un nuovo termine). La Russia risponderà in modo speculare alle minacce occidentali contro il suo territorio, seguendo una linea di azione difensiva ma non aggressiva. Può anche decidere di consegnare armi ai propri alleati amici, come deterrente alle azioni statunitensi ed europee. Resta il fatto, che voce in capitolo la avranno anche i BRICS. Intanto, le due principali oligarchie americane si contendono la leadership sul monopolio. Quella che appoggia i democratici con Soros, lavora sul versante europeo e destabilizzazione del continente, mentre in Medio Oriente gioca a prendersi il governatorato del territorio palestinese (togliendolo pur sempre ai palestinesi); quella che appoggia i repubblicani di Trump, lavora per chiudere “temporaneamente” la ferita in Ucraina, in modo da accelerare la distruzione della Palestina, per prendersi tutto il potere dello Stato di Israele – in cui la Palestina, non è contemplata da questa oligarchia come opzione cui è concesso di esistere. Le due oligarchie che finanziano e muovono i burattini americani alla presidenza, cui solo i Kennedy in passato avevano provato a tenere testa, in America sono in lotta tra loro – esattamente come in lotta è il governo israeliano nelle sue amministrazioni interne avviandosi a una crisi sistemica profonda e a una rottura degli equilibri, poiché non tutti condividono la linea di azione di Benjamin Netanyahu. In Medio Oriente ci si scanna per avere garantito ognuno il proprio monopolio, ci si contende il primato dei miliardi puntati alla roulette sui propri progetti individuali. Questo, va a beneficio dell’industria delle armi e di pochi speculatori, ma è distruttivo per i palestinesi, per gli israeliani, per gli europei presi in giro da ambedue le oligarchie – che non sono le uniche in campo, assieme ai lobbisti. In ultimo, Joe Biden non gode più delle condizioni cognitive ideali per amministrare alcuna decisione presa in seno alla propria amministrazione. A gestirla, in questi ultimi mesi di libertà politica d’azione, sono i falchi democratici messi a supporto dall’oligarchia. Tra questi Anthony Blinken, e, soprattutto, il Consigliere per la Sicurezza Jake Sullivan, l’architetto e timoniere delle guerre di Biden; il quale, secondo il giornalista Seymour Hersh, potrebbe aver avuto anche un ruolo personale nel sabotaggio dei Nord Stream. Gli Stati Uniti a guida CIA, col supporto dei falchi, potrebbero avere una partecipazione anche nella questione dei cavi sottomarini sabotati, di cui si incolpa la Cina in queste ore. Chissà se i falchi statunitensi ne sono a conoscenza! O forse, più che falchi sono avvoltoi. Attendiamo conferme sul permesso concordato, e ai posteri, sentenza.
19 novembre 2024 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra Tv