CANNIBALISMO: IL MOMENTO E’ ORA?

2020/2030 il decennio dell’arretramento culturale causato dal materialismo. Quando la perversione dei governi e della propaganda di regime, è spacciata per normalità.

CANNIBALISMO E CARESTIA: IL MOMENTO, È ORA?

Ha fatto scalpore un articolo sul quotidiano ‘The New York Times’ titolato “Gusto per il cannibalismo? Non siamo mai stati così deliziosi l’uno per l’altro!”, in cui si passano in rassegna opere letterarie che affrontano la tematica dell’essere cannibali.

Sappiamo bene che noi uomini siamo incuriositi ed attratti da ciò che ci disgusta, per il motivo che forse, questa attrazione, ci permette di esorcizzare qualcosa di terribile che non vorremmo mai fare, commettere o veder compiere nella realtà. Siamo attratti dal lato oscuro delle cose nel momento in cui, conoscendolo, possiamo segnare la famosa linea demarcatrice tra bene e male, evitare ciò che è terribile battendoci affinché non avvenga, oppure commettere atrocità che ci attraggono e attraverso cui tendiamo a punire noi stessi o gli altri. Probabilmente, se questo articolo fosse uscito qualche anno fa non avrebbe riscosso alcuno stupore che andasse oltre il raccapriccio di routine che ci coglie, quando leggiamo di scene macabre in cui gli esseri umani si divorano a vicenda! Ricordiamo la storia del Conte Ugolino nella Divina Commedia. Ci saremmo limitati a fiutare odor d’orrore che nella nostra società però immaginavamo non sarebbe avvenuto mai, ed invece, procediamo in una direzione differente e cominciamo ad esser spinti a credere che il delitto terrificante è possibile, addirittura il governo potrebbe permetterlo legalmente. Infatti, la particolarità dell’articolo del ‘New York Times’, è che sul finale si ipotizza come il cannibalismo abbia un suo momento storico anche oggi, che può verificarsi all’interno delle nostre civiltà. Poiché il mondo è capovolto, e ciò che un tempo credevamo impossibile è possibile, potrebbe accadere anche di mangiare carne umana? È questo, l’interrogativo che sottopone la pubblicazione, e ci sono motivi storici a convalidare l’ipotesi seppur immaginativamente sulla scia degli eventi che stiamo vivendo.

La crisi climatica e quella energetica, in realtà, sono i cavalli di Troia fatti entrare improvvisamente dai governi nelle programmazioni urbanistiche e sociali per i nostri Paesi occidentali, e sono l’alibi attraverso cui si vorrebbe attuare il famoso passaggio alla ‘Quarta Rivoluzione industriale’. Già che si parla di ‘industriale’, si presagisce ben altro che la green-economy in favore dell’ambiente! In realtà, si tratta d’una bugia che racconta del bene del pianeta attraverso un’inversione dell’utilizzo delle risorse energetiche, che nasconde, invece, un diverso sbocco delle materie prime convogliate in un ulteriore settore industriale non meno inquinante: quello del digitale e robotica. Porterebbe, se gestito con ingordigia, ad una desertificazione dei territori, implementazione del tessuto multinazionale – che già oggi è in percentuale maggiormente colpevole dell’inquinamento ambientale – e a livelli di disoccupazione come mai accaduto prima nella storia. Di questo argomento parlò Elon Musk quando, in una recente intervista, affermò che pur non condividendolo egli stesso come meccanismo, si stava andando sicuramente nella direzione industriale detta ‘quarta rivoluzione’, in cui la robotica avrebbe soppiantato l’uomo in vari settori; affermò quanto questa decisione avrebbe provocato un tasso di disoccupazione allarmante, precipitando nella fame molti cittadini del mondo. Di pari passo col crollo del dollaro, sarebbe stato catastrofico. In una democrazia come quella italiana ove la cultura è basata sul diritto al lavoro che è il mezzo attraverso cui ci sostentiamo e abbiamo dignità, la mancanza di impiego causata dalla sostituzione dell’uomo è un affronto alla costituzione e ai diritti umani. A mancare, quindi, non sono le risorse ma la accessibilità ad esse dal momento che, modificando gli standard di vita, i prezzi per i beni di prima necessità si alzano, il lavoro scarseggia, e a rimanere vittime della povertà sono milioni e milioni di persone in più rispetto al passato. Da qui, dice Elon Musk, l’idea di redditi base universali che lo Stato dovrebbe garantire a chi non lavora per sostenere le famiglie, con tutti i rischi del caso, perché la persona si vincola all’elemosina diventandone schiava. Le restrizioni delle libertà non sono da attribuire alla guerra russo-ucraina, ma ad un protocollo già pianificato che strumentalizza una delle tante guerre, per capovolgere il sistema industriale strutturandolo a beneficio delle multinazionali di proprietà dei finanzieri più importanti del mondo, in concomitanza con la caduta libera del petroldollaro. Significa che: laddove i più fortunati riescono a lavorare o incassare attraverso il digitale – e si tratterebbe di fasce in minoranza che oggi sono ben rappresentate dai riccastri, dai milionari, dai ‘Ferragnez’ del web (Fedez ha già sfoggiato la sua Ferrari elettrica sui social), tutti gli altri avrebbero diritto ad un minimo che non gli permetterebbe di accedere a tutti i beni, ma solo di mantenersi in parte, senza poter coltivare i talenti o crescere nella prospettiva di una vita migliore ed indipendente.

Da mesi, l’UE avverte d’una crisi energetica imminente, che è provocata dai percorsi politici scelti per carburare la rivoluzione industriale e non da una reale mancanza. Tra l’altro, per alimentare le reti informatiche di nuova generazione ed i computer quantistici governativi, il dispendio di energia, soprattutto in estate, diventerebbe enorme. I meccanismi di raccolta dati, sono carnivori di energia e di acqua per il raffreddamento dei motori e decuplicare il digitale riportandolo su scala individuale come sistema di riconoscimento del singolo nella società, rubare i dati quotidiani di ogni cittadino, equivale ad assorbire quantitativi energetici preoccupanti, oltre che, rilasciare tonnellate di CO2 in più rispetto al lavoro meccanizzato di un tempo, in cui l’uomo era indispensabile. I governi si appoggiano al fantasma di una crisi climatica irreale. L’ambiente potrebbe seriamente essere tutelato da altri tipi di operazioni meno invasive, non certo da una svolta industriale ad alto inquinamento quale è il digitale – che abbisogna di materie prime, spesso tossiche, reperibili negli habitat paesaggistici dei paesi più poveri e sfruttati per la manodopera, in cui vi è più quantità di essi. In realtà, noi abbiamo esempi magistrali di città a misura d’uomo che vivono di riciclo e di vero green, ove il digitale non è contemplato così come non sono contemplate le soluzioni politiche che ci vengono presentate oggi come utili, e che non lo sono. Anzi, le modifiche attuali spingono la popolazione a non poter usare né i beni di prima necessità, né valide alternative accessibili a tutti. La conseguenza del blocco dei mercati, della richiesta ai propri cittadini di privarsi dei beni privati, il chiedere loro di investire nel green dal giorno alla notte – entro e non oltre una certa scadenza che è dietro l’angolo – in un momento di recessione provocherebbe molto presto, unita alle guerre che scoppieranno per la mancanza di tutto, lo spettro della crisi alimentare.

La crisi del cibo, badate bene, non avviene perché c’è carenza d’esso, ma perché i governi bloccano a monte tutto ciò che a livello contadino ci ha permesso di vivere per anni: i commerci con i Paesi che ci fornivano parte dei beni alimentari, la possibilità di comprare il pane perché aumentano i prezzi illegalmente attraverso un’opera di speculazione già pianificata, i consumi necessari (e non superflui) con la scusa che scarseggiano le risorse. Inoltre, inventano pandemie del bestiame per spingere agli abbattimenti coatti, anche queste stabilite attraverso sistemi sanitari antiscientifici. Il mix ha già spinto i paesi più poveri nel caos e a rivolte popolari, per mancanza di possibilità sia di lavorare che di comprare beni di prima necessità. In territori già indigenti, questo meccanismo è stato rapido. In altri, come l’Italia, esso è più lento, ma il cancro avanza invisibilmente. La povertà si è triplicata negli ultimi due anni ma nessuno ne parla abbastanza, ed il popolo italiano è molto egoista per cui, chi ancora può permettersi i beni di prima necessità, si rifiuta di guardare la moltiplicazione di coloro che una volta potevano permetterseli, ed oggi non riescono più ad andare avanti unendosi pericolosamente alla povertà degli immigrati. Questi ultimi, vengono travasati a centinaia nella nostra Nazione ed innescheranno le future rivolte civili che renderebbero possibile il rovesciamento totale del sistema costituzionale. 

  Il cannibalismo è un argomento tabù che ha una storicità, ma di cui è complicato parlare per l’atrocità che rappresenta. Scientificamente, esso è quella ultima forma di sostentamento possibile ad una specie vivente quando galoppa una forte carestia di cibo, per cui si sceglie di cibarsi l’uno dell’altro per sopravvivere. In altri casi più particolari, il cannibalismo veniva praticato dalle tribù come ritualistica religiosa. Mangiare la carne di un proprio parente defunto, ad esempio, voleva dire inglobare la sua forza attraverso l’atto del cibarsene. In altri casi, si usava mangiare gli organi interni dell’avversario di un’altra tribù, per una specie di vendetta personale.  In ogni caso, il cannibalismo non è mai stato visto come una pratica quotidiana normale per cibarsi, ma sempre valutato in un’ottica estrema che riguarda il sostentamento in stato di fortissima emergenza o atti primitivi specifici, ove cui si usavano i cadaveri di persone ‘morte per motivi naturali’ da cui attingere materiale idoneo alle ritualistiche selvagge.  Gli aborigeni australiani, nei riti funebri, mangiavano alcuni pezzi del corpo dei familiari deceduti per rispetto ed onore, mentre il resto del corpo veniva seppellito. La storia ha però anche portato alla luce l’esistenza di tribù violente, che assassinavano i nemici per poi cibarsene. Fra i casi più noti: la ‘setta degli uomini leopardo’ che, nella prima metà del ventesimo secolo, assassinarono numerose persone in Africa occidentale imponendo ai propri membri di cibarsi dei nemici per dimostrare fedeltà al clan; quindi, non si trattava in questo ultimo caso di prendere i resti di un morto per ragioni di sopravvivenza o religiose, ma di uccidere un vivo per finalità guerriere crudeli o atto dimostrativo.

Le tracce del cannibalismo nei reperti archeologici sono poche, ed è per questo che fino a un po’ d’anni fa era difficile affermare che esistesse come prassi tra gli esseri umani. Nella Cina medievale sono stati riportati atti di cannibalismo come opera punitiva. Un giornalista di nome Davis Neil racconta di aver visto durante la guerra civile cambogiana, soldati cambogiani che estraevano e consumavano il fegato dei nemici uccisi. Ricapitolando, le ragioni del cannibalismo nell’antichità ed in alcune tribù, più di recente, sono tre: sopravvivenza in stato di crisi alimentare dilagante, uso di alcuni organi per religione o riti magici, culto dei morti. Meno spesso si tratterebbe di comportamenti violenti ed atti dimostrativi nei confronti di un nemico.  Durante le gravi carestie, si può arrivare a nutrirsi di cadaveri per la disperazione. Se la gente è affamata comincia prima a cibarsi di radici o di tutto ciò che trova, anche non esattamente commestibile, per poi arrivare all’estremismo di assaggiare la carne dei cadaveri della propria specie. Un passo della Bibbia recita che “Se nonostante tutto questo non mi ascolterete, mangerete la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie”. Una curiosità interessante è che in zoologia il cannibalismo (antropofagia quando si tratta di un uomo che si ciba di un altro uomo), si verifica in condizioni ambientali sfavorevoli come la sovrappopolazione o la cattività, ed è un modo inconscio per limitare la densità di popolazione e quindi aumentare la possibilità di sopravvivenza per i sopravvissuti, che hanno così a disposizione maggiori quantità di cibo. Questa prassi si verifica tra gli insetti. Le formiche, per intenderci, divorano la prole in eccesso. Anche alcuni vertebrati come iene e macachi, in casi estremi di sovraccarico della specie rispetto alle condizioni di sopravvivenza, lo fanno. Se riportiamo il concetto alla situazione attuale, e trasferiamo il feedback alla specie umana, ciò che scrive il New York Times è sostanzialmente riconducibile a questo: poiché ci dicono che avverrà una crisi alimentare molto grave, è possibile che cibarsi dei propri simili non sarà più considerato una lontana prassi propria ad alcune tribù primitive, ma potrebbe diventare una regola fattibile o persino una nuova moda lanciata proprio in occidente, tanto più che alcuni ricercatori nordamericani hanno cominciato ad incuriosire i mass media proponendo tipi di carne artificiale, che avrebbero un sapore simile a quella umana. Nello specifico, si tratta di una carne prodotta attraverso la tecnologia partendo da piccoli campioni di tessuto umano, che non comporta la macellazione di alcun animale. La ‘bistecca umana’, dicono i ricercatori, non può essere considerata un atto di cannibalismo perché si utilizzerebbe una piccola parte del corpo umano per coltivare una carne artificiale.  Ecco perché, sulla scia delle notizie che giungono dal mondo, nell’articolo del New York Times si scrive che: “non siamo mai stati così deliziosi l’uno per l’altro”. In una società che sponsorizza gli aborti più che la vita, gli uteri in affitto come tecnica alternativa di riproduzione controllata da terzi; ove i bambini non vengono protetti dal traffico di organi e di cellule staminali, anzi, questi commerci sono insabbiati proprio da personalità politiche colluse con laboratori e mafia, non sarebbe strano che, con la scusa di una crisi alimentare, ci dicessero che dobbiamo cibarci dei nostri simili. Questo è il senso ultimo dell’articolo provocatorio del quotidiano di New York, non dunque complottismo, ma la versione logica storica del nostro presente causata dalla decadenza dei valori morali. Ovviamente, tutto ciò è riluttante se associato al fatto che se i governi attuassero politiche ambientali differenti senza affossare le materie prime per il sostentamento, non ci sarebbe alcuna carestia! Difatti, il clima non è ostile come ci viene descritto. La maggior parte del cibo non viene prodotto perché le regole europee vietano alcuni tipi di produzione per aderire ai principi della green economy, o vincolano gli agricoltori ed allevatori a standard costosi sottoponendoli al caro benzina per i trasporti ed i fertilizzanti. Inoltre, l’approvvigionamento non è equo perché le guerre e le attività coloniali impediscono agli abitanti più soggetti ad incursioni di autosostentarsi, e, ciò che arriva con gli aiuti umanitari, non bastava ieri, ed oggi non sembra quasi più possibile neanche essere aiutati attraverso il sostegno dei paesi civili non in guerra. 

Poiché siamo in un periodo storico ove stanno sovvertendo i valori umani a partire dai diritti fondamentali, in pericolo potrebbe essere anche il diritto alla vita. Sta già accadendo in Italia che i cittadini non vaccinati non vengono tutelati dalla sanità e non hanno diritto alle cure. L’ultimo caso è di questi giorni e riguarda  un cinquantenne di Feltre, Belluno, che contrario a sottoporsi ad una sperimentazione vaccinale sotto segreto militare, e con un urgente bisogno di un trapianto di polmone, è stato improvvisamente scartato perché considerato un malato con idee strane, non vaccinato, e quindi non rientrante in una categoria per cui valga la pena confermare il trapianto anche perché: non avrebbero potuto garantire l’intervento su un uomo non vaccinato e quindi sensibile a complicanze infettive evitabili solo col vaccino.  Praticamente, si è ritenuto più giusto lasciarlo morire poiché non conforme all’ideologia sanitaria, che operarlo per dargli una possibilità di vita. Da qui, a cibarsi del proprio simile con la scusante che tanto non è un uomo degno di vivere, il passo è breve. E’ in atto una ondata spaventosa di inumanità legalizzata dal governo attuale che spinge all’abbandono e all’omicidio sanitario. A Los Angeles girò la voce nel 2018, dell’esistenza di un locale, il ‘Cannibal Club’, frequentato dai vip di Hollywood o da personaggi di spicco ove si celebrava ”l’eccellenza artistica come espressione dello spirito umano sfrenato, descrivendo ogni piatto come risultato di uno studio di gusto ed eleganza. L’antropofagia viene considerata come un omaggio ai morti le cui carni rinascono nei corpi degli assaggiatori”. La notizia di un luogo ove si poteva consumare carne umana, che i gestori affermavano nell’articolo essere carne di corpi dati in eredità, (ovviamente mi attengo all’articolo che ho sottomano) fece all’epoca il giro del mondo e aprì gli occhi sulle ipotetiche perversioni delle celebrità le cui abitudini, per moda o settarismo, sono spesso come sappiamo poco ragionevoli e spesso contro-natura. Più che altro se fosse vero, a cibarsi sarebbe stato il proprio ego. In effetti, in psicologia, quando una persona ha la fissazione di cibarsi o volersi cibare del corpo di un proprio simile – ed è accaduto in atti criminosi commessi da serial killer descritti dalle cronache – questo desiderio scaturirebbe dalla difficoltà di vivere in maniera sana le relazioni. Quindi, cibarsi del corpo degli altri, vuol dire cibarsi delle relazioni che non si è capaci di avere o di vivere in modo sano. Le celebrità di Hollywood, che si barcamenano costantemente tra lusso e materialismo, sono i bersagli più facili ad avere disturbi nelle relazioni perché entrano in un meccanismo in cui, per viverle, è necessario dimostrare di ‘avere e non di essere’; quando accade, vengono vissute con difficoltà interiore o con superficialità seppur inconsciamente. Ecco perché le star, per relazionare in gruppo, scelgono di farlo cimentandosi in gesti ove la dimostrazione di saper fare qualcosa di sempre più vincente in tutti i campi di vita, è importante. Così come per loro è importante lanciare nuove strane mode anche immorali.

Per quanto riguarda il ristorante cannibale che si forgiava del fatto di voler imitare il sacro gesto di antiche tribù sul culto dei morti, ci sarebbe parecchio da obiettare perché nelle tribù: nessuno poteva mangiare il morto sconosciuto di qualcuno. Erano ritualistiche che potevano – o anche no – essere praticate solo dai familiari (sangue del proprio sangue per intenderci). Non si trattava di un mercato a pagamento, di un business, né di un ristorante ove scambiare la morte ed il culto col divertimento di assaggiare i propri simili per moda. La notizia dell’esistenza del ‘Cannibal Club’ fu poi smentita per mancanza di riferimenti di altro tipo e considerata una trovata pubblicitaria di pessimo gusto. ‘Non esiste questo locale’, verrà rettificato dai mass-media, ma ciò che salta all’occhio è la tendenza emergente negli ultimi anni, della diffusione dell’idea di potersi cibare di carne umana. Nel settembre del 2019 sul canale svedese TV4, andò in onda un reportage con la testimonianza di uno scienziato svedese, Magnus Soderlund, il quale sosteneva che: anziché consumare attraverso gli allevamenti intensivi, ci si potrebbe cibare dei cadaveri umani. La sua, fu presa dai più come una provocazione ironica mentre si discuteva di come attuare la ‘sostenibilità’ sul nostro pianeta. Ricordiamo però che tecnicamente, il cannibalismo non è mai stato individuato nei comportamenti umani o animali come un modo di sostentarsi e di mangiare per salvare il pianeta, o per evitare di attingere alla catena alimentare naturale – ove ogni specie preserva la propria, rispetta quella diversa, ma si ciba di specie differenti all’interno dell’ingranaggio – bensì come una soluzione ‘estrema in caso di crisi alimentari ed ambientali tragiche’, che l’animale ‘istintivamente è portato a compiere per sopravvivere’ diminuendo i membri della propria specie e potendosi così poi dividere il cibo normale a disposizione.

Quindi, il pianeta non c’entra nulla. C’entra sempre la preservazione della ‘propria specie’, in una condizione molto forte di stress ambientale. Da ciò, si può intuire che il motivo per cui i filantropi e alcuni miliardari o scienziati pazzi sponsorizzano l’alimentazione cannibale ironicamente, è legato psicologicamente alla voglia sadica di diminuire il numero di persone che odiano perché non riescono a relazionarsi in modo sano. Che è differente da una ragione di necessità di sopravvivenza del pianeta vera e propria e che comunque, non potrebbero propagandare come un business percorribile, perché in questo caso non si tratterebbe di un istinto di sopravvivenza ma di sostenere commercialmente e premeditatamente gli omicidi o la perversione di cibarsi dei cadaveri, quando il cibo non manca. Avallare il cannibalismo come forma mentis nei ristoranti, o altrove, significherebbe giustificare l’uccisione di esseri umani della propria specie, per poter alimentare quel tipo di industria mafiosa e di prodotto, per cui la proposta si trasformerebbe in una incontrollata ondata di violenza. Tranne che nei casi di tribù assassine che uccidevano i nemici e poi li mangiavano, in quelle società primitive ove i resti dei corpi dei familiari venivano “assaggiati” (e non portati a tavola in casa o al ristorante per mangiarli) perché ciò simboleggiava assorbire forza ed onorare i parenti morti – so che anche questo sembra grottesco – uccidere per cibarsi o cibarsi per alimentarsi di esseri umani, invece, era considerato da quelle stesse tribù un crimine. Ecco perché religiosamente solo i familiari potevano avere accesso al corpo di un consanguineo deceduto, per assaggiare alcuni organi specifici in una sorta di convinzione tribale che questo, permettesse la continuità dello spirito del morto nel proprio corpo. Nessuno, neanche primitivamente si sarebbe sognato di vendere il parente al supermercato, servirlo alle star della tribù per una cena chic, o usarlo per sfamare il pianeta, in sintesi.

Per quanto mi riguarda, dubito che il problema dell’esistenza troppo numerosa degli allevamenti intensivi dipenda da noi in quanto cittadini, se non indirettamente. Il problema è l’educazione umana corrente che si basa su un tipo di consumismo balzato alla ribalta con l’ascesa delle multinazionali. Quando cibarsi era un fatto meno globalista e più territoriale, la carne consumata era meno, di conseguenza costava di più e non sempre i più poveri potevano mangiarla in tempi di guerra, ma era anche reperibile negli allevamenti familiari per cui si sfamava tutto il vicinato; insomma, in periodi anche ricchi e non di guerra da ciò che ricordo, non veniva sprecata! Con l’avvento di un certo tipo di commercio ed in concomitanza della continua spinta pubblicitaria a consumare, praticata da sistemi aziendali sempre più ingordi che poi si sono trasformati in multinazionali, comprare è diventato compulsivo.

Il problema di questa società sono proprio le multinazionali, che vorrebbero eliminare il tessuto delle piccole e medie imprese per avere il monopolio di tutta la produzione possibile. Esse non vivono di qualità, ma di quantità. Più producono, più vendono, più si arricchiscono impoverendo territori specifici che non possono accedere a quel tipo di marketing. Le multinazionali della carne , che attuano sprechi inenarrabili, sono quelle che stanno assorbendo le medie e piccole imprese implementando i prodotti con il supporto della robotica, pagando al minimo i dipendenti, per cui vi è un eccesso di produzione, un grosso spreco di materiali e di risorse che creano però un grande guadagno. Più le multinazionali hanno preso piede, più gli sprechi sono aumentati. Oggi, la scusa che il problema siano gli allevamenti intensivi dei piccoli e medi agricoltori, i quali hanno sempre lavorato in passato per le comunità e non certo per la piaga della globalizzazione, serve per distruggerli, assorbire le imprese private ed i terreni a gestione spesso familiare, introdurre nei mercati anche tipi di prodotti lavorati attraverso le tecnologie che altrimenti nessuno comprerebbe e che costano di più, vendere in ‘multinazionale’ ciò che generalmente compriamo dal piccolo provocando un aumento dello spreco. In realtà, per eliminare gli sprechi basterebbe educare le persone a non consumare compulsivamente ciò che viene sponsorizzato dalle catene ‘multi’; certamente non serve spingere le popolazioni a morire di fame o privarle dell’accesso ai beni di prima necessità attraverso la bugia della crisi alimentare. I personaggi di successo con milioni e milioni di followers,  anziché mostrare quanto sprecano, quanto comprano, quanto mangiano imbandendo tavole con ogni raffinatezza, quanto materiale digitale usano, quante comodità hanno in casa, quanto sono capaci con un battito di ciglia di acquistare le Ferrari elettriche, potrebbero viversi il valore delle cose che contano nella vita senza accostarle sempre e solo al materialismo e all’abbondanza quando si interfacciano con gli utenti; probabilmente, nessuno avrebbe tutta questa mania compulsiva di sprecare e tentare di imitarli. I personaggi di spettacolo di nuova generazione, i cantanti di un certo calibro, lavorano per le propagande che ci propongono anche oggetti praticamente inutili nella vita quotidiana, superflui ai massimi termini, che però costano tanto in termini di spreco di risorse e materie prime. Inoltre, gli sprechi si possono evitare attraverso le manutenzioni dei nostri territori. Acqua e tanto altro viene sprecato, perché i soldi delle nostre tasse non vengono spesi ove servono realmente, ma vengono impiegati per arricchire i progetti personali e non necessari di chi detiene il capriccio del potere, concepito come ricchezza personale. 

Tornando al cannibalismo, vivamente spero che rimanga solo una ipotesi sognata dai sadici e non una realtà sociale pubblicizzata dal globalismo come nuova moda, per dimostrare d’essere ‘green‘, poiché queste pratiche spacciate per modi alternativi di cibarsi, dimostrerebbero solo quanto in basso è caduta la specie umana: certamente più in basso di quegli animali che, per istinto ed in condizioni realmente di difficoltà, provano a sopravvivere indotti al cannibalismo dagli stress. Preservare la specie significa rispettarla, non cibarsene per pseudo mode globaliste; significa rispettare la catena alimentare, saper distinguere il gesto di una tribù primitiva – che pure in quel gesto ha rispetto per i suoi simili – da un tentativo plateale umano affamato di visibilità e di marketing. Portare il cannibalismo alla ribalta, anche solo per messaggio subliminale o  con una cattiva interpretazione della stampa di regime, causerebbe un desiderio di emulazione avallato dal terrore psicologico che viene instillato attraverso lo spettro catastrofico governativo ed amplificato, ma non realistico, delle emergenze globali.  E’ necessaria quella intelligenza intuitiva che non ci permette di strumentalizzare il sacro della vita per i capricci della moda e per le proprie perversioni mentali, perché solo una specie perversa che si autodistrugge senza il motivo di dover sopravvivere con gesti estremi, praticherebbe il cannibalismo ed altre oscenità come stratagemma per salvare il pianeta, sapendo di mentire spudoratamente a se stessa. Civile, non è incivile. E l’occidente è molto più incivile e perverso nei pensieri, delle tribù primitive da cui spesso dovrebbe imparare qualcosa anziché fingere di averne capito il modo di vivere, proponendo strane versioni di come si devono affrontare la vita e la morte  sul nostro pianeta.   

28 LUGLIO 202 – PAOLA MORA –  QUI RADIO LONDRA   

MESSAGGIO PUBBLICITARIO

 

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