TUTTA LA STORIA DI GIULIA CECCHETTIN E PERCHE’ NON SAPREMO MAI LA VERITA’ DA ISTITUZIONI E STAMPA.
di Paola Mora
Il caso Giulia Cecchettin, poiché suffragato nelle maglie degli interessi politici e finanziari, preso come pretesto e spunto per campagne mediatiche e fisiche di successo e potere, non è mai stato raccontato in maniera limpida dalla stampa, e, persino le dichiarazioni presumibilmente rilasciate dai preposti alla raccolta degli elementi d’indagine, sono contraddittorie e completamente inesatte così come esposte al pubblico. Le inesattezze non riguardano i ‘dettagli dell’omicidio da chiarire’, su cui è plausibile supporre ipotesi finché non ci saranno nuovi elementi soprattutto autoptici e confessionali del Turetta, di cui manca il racconto della sua versione dei fatti, ma, più esattamente, le incongruenze narrative sono riscontrabili negli elementi catturati dalle telecamere, nelle descrizioni su come è stato ritrovato il cadavere, e persino sulle macchie di sangue nell’auto dell’assassino. Ovvero, tutti quei particolari su cui non ci sarebbe necessità di indagare per come avrebbero dovuto essere refertati e, a discrezione, rivelati alla stampa, e che, invece, il pubblico deve provare a ricostruire anche quelli tirando a indovinare. A meno che, non si siano date due versioni opposte ai giornalisti volutamente! Questo, sarebbe sleale nei confronti dell’opinione pubblica, ma, fingiamo che i giornalisti hanno capito male e scritto una cosa per un’altra all’interno dei propri articoli, pubblicati in massa nel caos della fucina mediatica! Obiettivo del giornalismo distratto? Appoggiare le tesi politiche sul patriarcato; avvantaggiare chi desidera promulgare leggi invasive per la privacy di ogni cittadino; togliere i figli alla famiglia rendendo un nuovo bebè che nasce proprietà esclusiva dello Stato, il quale, lo educa al posto del genitore; oppure, creare la scissione ideale tra uomo e donna, il dividi et impera, con propagande radicalizzanti in cui, grazie ai super finanziati movimenti femministi contemporanei le donne vengono educate all’odio e alla diffidenza nei confronti dell’uomo, che è violento a priori per legge! Il caso Cecchettin è diventato solo il mero centro della propaganda, senza alcun reale rispetto per la vittima, in un Paese come l’Italia ove abbiamo quasi il minor numero di casi di femminicidio al mondo! Cioè, gli uomini italiani potrebbero essere un modello per tanti altri. È possibile che, pur di spingere alcune ideologie, si falsifichi l’indagine in corso all’interno dell’informazione? Le testate giornalistiche esordivano, al ritrovamento di Filippo in Germania il 19 novembre (fermo alla piazzola di sosta per aver esaurito il carburante), col fatto che non vi fossero tracce di sangue nell’auto o sui sedili tali da far pensare ad un accoltellamento, aggiungendo persino che gli abiti del Turetta, con cui era vestito in quel momento, fossero puliti essendosi il giovane cambiato. Mentre, solo il paio di scarpe, sporche di sangue, era riposto all’interno di una borsa/zainetto. Altri giornali, come ‘Il Resto del Carlino’, scrivono praticamente l’opposto : “La polizia tedesca ha messo a verbale le dichiarazioni del 22enne –: Mi chiamo Filippo Turetta. Ho ucciso la mia fidanzata e ho vagato 7 giorni. Cercavo di farla finita, più volte mi sono buttato un coltello alla gola ma non ho avuto il coraggio. Quando il ragazzo è stato arrestato era ferito a mani e caviglie. I vestiti ancora sporchi di sangue. La polizia tedesca fa sapere che l’auto ‘Fiat Grande Punto’ verrà nuovamente esaminata”. È interessante notare che Filippo ha parlato in lingua inglese ai poliziotti tedeschi, ma quel che ha riferito in Germania non avrebbe avuto alcun valore processuale in Italia, per cui, il ragazzo ha dovuto ripeterlo nell’interrogatorio successivo, dopo l’estradizione, perché fosse messo agli atti.
L’ inviato di una trasmissione mattutina a conduzione di Federica Panicucci ha documentato:” I poliziotti hanno aperto l’autovettura e visto che lui era molto stanco, testa appoggiata sul volante e immobile, sporco di sangue dalla testa ai piedi, aveva maglia e scarpe sporchi di sangue, e allora, hanno cominciato a perquisire le borse e la vettura…”. Anche in questo caso, il racconto diverge completamente con i resoconti successivi in cui Filippo: è pulito perché si è cambiato con i panni che teneva forse in borsa e le scarpe, macchiate di sangue, ivi erano riposte. Il programma ‘Pomeriggio 5’ ha, infatti, documentato che il giovane indossava abiti puliti mentre in auto vi erano tracce di sangue, ma non copiose! Il cambio di abito valorizzerebbe l’ipotesi della premeditazione, cioè, può significare che avendo pianificato tutto, il Turetta si era portato anche un cambio per la fuga dopo l’omicidio. Non dimentichiamo, però, che i due ragazzi erano stati al centro commerciale in precedenza, e degli indumenti potevano averli comprati assieme, anche lì. Filippo, era sporco di sangue dalla testa ai piedi? O era con gli indumenti puliti perché si era potuto cambiare l’abito? Unica versione uguale su tutti i quotidiani che raccontano la cattura di Turetta, riguarda il fatto che: la borsa di Filippo custodiva anche un coltello pulito, che dovrà essere analizzato dalla scientifica per capire se è l’arma con cui ha colpito Giulia; che il ragazzo presentasse graffi e segni di presunto autolesionismo; che in auto ci fossero tracce di cibo, consumato nell’abitacolo; che siano stati trovati dei guanti di cui non si specifica la tipologia (se in tessuto, pelle, o lattice); Filippo aveva con sé anche una Sim card straniera, ed il cellulare, di cui si è annunciato solo in un secondo momento, che lui non se ne fosse sbarazzato. Non si sa, invece, dove siano la borsa, il cellulare, il portatile di Giulia, che pare avesse con sé. Che dir si voglia, l’arma del delitto non è ancora stata ritrovata o individuata, ovvero, quella per cui si dice essere state inflitte alla vittima circa 26 violente coltellate soprattutto all’altezza di collo e testa, mentre la giovane si difendeva riportando graffi e lesioni su braccia e mani. I primi commenti, dopo che il medico legale ha esaminato il cadavere di Giulia, rivelano che le ferite della giovane – da “taglio” e da “punta e taglio” – forse non corrispondono alla fisionomia del coltello che era nello zaino del Turetta. Ma, a stabilirlo con più precisione, sarà l’autopsia con cui si saprà anche il motivo scatenante per cui la ragazza è morta (frattura alla testa riportata per la caduta, oppure coltellate in punti sensibili del corpo) e l’orario del decesso. La narrativa delle coltellate plurime è fondamentale per determinare se Filippo abbia infierito o meno sulla Cecchettin, e corrisponderebbe ad un’aggravante di pena solo nel caso in cui Giulia fosse stata ancora viva mentre le erano diretti i colpi. Ecco perché è importante individuare, tramite autopsia, l’orario più plausibile della morte: per capire se, quando Giulia è stata caricata in auto presso la zona industriale di Fossò, fosse già morta, oppure no! In effetti, l’aggravante non sussiste se le coltellate sono inferte per sfogo, ad esempio, quando una vittima di omicidio è già deceduta. Idem, non si considera ‘premeditato’ un omicidio preparato in poco tempo, nemmeno se sei andato a comperare gli arnesi che ti servono per compierlo! La premeditazione è diversa dalla preordinazione, ovvero, l’omicidio premeditato, per la legge deve corrispondere ad un lasso di tempo abbastanza lungo di pianificazione, mentre non si considera premeditazione qualcosa che viene pensato o di cui vengono arrabattati gli utensili il giorno prima, o poche ore prima dell’omicidio. Poi, vi è il raptus e la follia del momento, immediati, che corrispondono ad un’altra tipologia di delitto! A quanto pare, nel parcheggio dietro casa Cecchettin non ci sono segnali che Filippo abbia avuto tempo e modo di procedere con più di venti colpi; al massimo, in quel luogo di Vigonovo potrebbe esserci stato un primo colpo con una prima perdita di fluido ematico che si nota sull’asfalto, non copiosa. E’ nel parcheggio che alle 23:15 si è verificata la lite furibonda tra i due giovani udita da un testimone il cui nome è Marco Musmeci, che, affacciato alla finestra di casa sua a fumare, chiama subito telefonicamente i Carabinieri raccontando di sentire una donna urlare la frase “Così mi fai male!”, per poi scorgere nella semioscurità un uomo che prendeva a calci una sagoma, riversa per terra. In poco tempo, l’auto è ripartita con le due persone a bordo. In quel frangente, Giulia è forse fisicamente ancora libera. Filippo guida. Solo se si fosse fermato avrebbe potuto immobilizzarla col nastro adesivo comprato qualche giorno prima. Se lo ha fatto o ha tentato di farlo, deve essere accaduto sopraggiunti a Fossò, a circa 7 minuti di macchina. Il Turetta, nel breve tragitto, può aver minacciato la ragazza dopo averla costretta a risalire in auto, già ferita o dolorante. Nella descrizione del Musmeci, Filippo teoricamente era in piedi nel momento in cui lui si è accorto dalla finestra dell’aggressione per le urla di Giulia; il Turetta non era chino, ad esempio, col coltello in mano (difficile da distinguere dalla finestra del condominio) intento ad affondare la lama nel corpo della ragazza; nel racconto del testimone, l’aggressore scalcia contro Giulia, la quale era per terra, forse già colpita e ferita da Filippo, o a mani nude, o per i calci che avrebbero potuto provocare una lesione tale da determinare sanguinamento, o anche col famoso coltello. Non poteva trattarsi però delle 26 coltellate che avrebbero determinato la morte di lei, e per cui difficilmente si sarebbe più alzata da lì. E allora quando, Filippo, ha infierito con più di 20 colpi sul corpo di Giulia? O i giornalisti mentono, e tutte quelle pugnalate sono un’invenzione, per impressionare il pubblico gasandolo sul femminicidio, e i colpi sono meno di 26? La chiamata al 112 è partita alle 23:18 dal condominio a Vigonovo l’11 novembre del 2023, di sabato sera, a 100metri circa dal parcheggio dell’asilo nido. Praticamente, un’area vicinissima anche a casa di Giulia – 150 metri. Ecco perché ci si è chiesti se Filippo ha realmente premeditato l’omicidio, visto che Giulia la ha praticamente riaccompagnata fino a casa in quel parcheggio dove hanno litigato! Se devi uccidere qualcuno, e lo hai premeditato da tempo, non lo fai certamente in un luogo pubblico e di passaggio, abitato, con quella visibilità, né tantomeno vicino casa della vittima. È più sensato allontanarsi in un posticino isolato, per procedere senza correre rischio di essere scoperti; a meno che, il parcheggio non rappresentasse per Filippo e Giulia un ricordo di qualcosa di simbolico, e Filippo sentisse necessità fosse proprio quello il luogo, dove togliere la vita all’ex fidanzata! L’altra ipotesi è il raptus! Ma per una serie di ragioni si tende a scartare questa opzione.
<<CHIAMO DA VIGONOVO. HO APPENA VISTO UN UOMO CHE PICCHIAVA UNA DONNA, CHE CHIEDEVA AIUTO… E ORA STANNO ANDANDO VIA IN AUTO, TUTTI E DUE A BORDO… DA QUESTA DISTANZA NON SONO RIUSCITO A VEDERE LA TARGA, MI SEMBRAVA UNA FIAT PUNTO SCURA, FORSE NERA, LA ZONA È VIA ALDO MORO, VICINO ALL’ASILO…!>>. Questa è la comunicazione del testimone alla Caserma dei carabinieri. Alla fine, nonostante alcuni mass media avessero sostenuto che le forze dell’ordine vi si erano recate senza trovare nulla, si scopre che i Carabinieri non sono mai andati a controllare nel parcheggio dopo la ricezione della telefonata, poiché la Fiat nera si era ormai già allontanata; secondo un’altra versione, non c’erano pattuglie libere per fare quella verifica. I Carabinieri hanno provato palesemente ad accampare scuse, eppure, se vi si fossero recati per un sopralluogo, si sarebbero accorti immediatamente della traccia di sangue ancora freschissima. La macchia sull’asfalto, incredibilmente, non viene notata subito né gli si dà troppa importanza quando viene rilevata. Per giorni, hanno fatto bere a tutti, l’ipotesi della fuga o del rapimento, tentativo del giovane Filippo di portar Giulia via con sé da qualche parte poiché ne era ancora innamorato. Giulia, dopo l’aggressione è salita di nuovo in auto con Filippo, forse costretta. È il tempo poco prima di mezzanotte, quando, dopo il pomeriggio trascorso assieme, forse si erano fermati lì per chiacchierare dato che era ancora relativamente presto. In quei minuti, Elena e Giulia – le due sorelle Cecchettin – si erano scambiate dei messaggi sul cellulare, e sembrava tutto tranquillo! Accade qualcosa in auto, per cui i due scendono dal veicolo e scatta il meccanismo che scatena la lite e la furia di Filippo. La successiva corsa della vettura, lasciato il parcheggio troppo esposto alla vista di curiosi e passanti, si sarebbe rallentata nella zona industriale di Fossò, ove il giovane era già passato con l’auto alle 17:18 prima di andare a prendere Giulia. Con la Cecchettin aveva fatto delle commissioni, shopping per i preparativi della festa di laurea, e consumato anche una cena alle ore 20:00 offerta dalla ragazza con la carta di credito di suo padre Gino, presso il Mc Donald’s.
Nella zona industriale è avvenuta la seconda aggressione. Da considerare che, i relatori che hanno ricostruito le prime dinamiche consultando le registrazioni delle telecamere nella zona, hanno sì sottoscritto che Filippo avesse già percorso quel tratto di strada molto isolato in precedenza, ma non è noto se fosse un “percorso abituale” del ragazzo, che lui preferiva fare in via generale; oppure, è possibile che non fosse una strada abituale per Filippo, e vi si fosse recato per un sopralluogo avendo premeditato il delitto, o di portarci Giulia per qualche motivo! Anche quel che accade a Fossò è però storpiato dalla stampa, per cui è impossibile ricostruire la scena dai frammenti di giornale, né è stato mostrato il video integrale dell’azienda Dior, dalle autorità preposte alle indagini! Ne viene diramato solamente un pezzetto in cui l’auto è immobile, e i giovani sono chiusi nell’abitacolo, ma non si trovano già più davanti a Dior. Poi, è stata ricostruita una versione “animata” della dinamica davanti allo stabilimento, basata su quella reale, ma mal fatta! La descrizione di ciò che contiene il video, non reso visibile all’opinione pubblica, deve per forza essere stata rilasciata ai giornalisti dalle autorità, siccome hanno scritto le dinamiche della scena negli articoli sui quotidiani. Non si comprende perché, anche qui, nel giro di pochi giorni le versioni sul contenuto del video siano cambiate, diverse completamente le une dalle altre. In alcune pubblicazioni si spiega che vi si evince come Filippo ha aggredito violentemente Giulia a mani nude, dopo averla spintonata in strada procurandole una ferita al capo che urta sullo spigolo del marciapiede; altri articoli giornalistici sostengono che Filippo avesse in mano, nello stesso video, un coltello con cui avrebbe colpito Giulia più volte, la quale cade tramortita mentre tentava di raggiungere la strada principale… uno sbocco a pochi metri. È difficile che l’opinione pubblica, sulla base della stampa scalcagnata, fantasiosa, imprecisa, possa farsi idea realistica sul “cosa ha commesso effettivamente Filippo”. Non si è stati capaci di raccontare, dal punto di vista giornalistico, ciò che le autorità hanno esattamente riferito di aver estrapolato dai filmati. Nelle riprese della telecamera di Fossò, Filippo colpiva Giulia a mani nude? Oppure, con un corpo contundente ben visibile che aveva in mano? Oppure, non vi è certezza perché dal video non è distinguibile? Un’altra versione, infatti, dice che Filippo ha afferrato Giulia strattonandole da dietro il cappuccio mentre lei fuggiva, così la ha riportata a sé, e lì, c’è un momento in cui il Turetta avrebbe potuto ferirla con qualcosa alla gola in un impercettibile istante che le è stato fatale. Il video è stato ‘diffuso nei contenuti’, dalla stampa, venerdì 17 novembre 2023. I ragazzi erano scomparsi il sabato 11 novembre. In una delle ricostruzioni televisive di un reporter che si è recato sul posto i giorni seguenti, si vede la macchia di sangue ormai asciutta nel parcheggio dell’asilo, non cospicua, poi gocciolante, che si ferma laddove era parcheggiata l’auto su cui i due sono risaliti dopo la lite; qui è stato trovato per terra, oltre all’impronta lasciata dalla suola di una calzatura, anche un coltello senza manico con solo la lama di 21 centimetri, ma pulito! In realtà, esistono anche i ‘coltelli senza manico da sopravvivenza’, che ritraggono la lama nell’impugnatura e si possono tenere in tasca comodamente, ma non sembra questo il caso. Tra il 13 ed il 14 novembre vengono accertate e refertate le macchie di sangue sia a Fossò che nel parcheggio sotto casa Cecchettin; con un po’ di ritardo, invece, viene battuta la notizia del coltello spezzato, ma i giornali sottolineano che il ritrovamento dell’oggetto è comunque avvenuto nella prima parte delle indagini, quando, cioè, sono state trovate anche le tracce ematiche. Alcuni quotidiani sbagliano anche a indicare il luogo dei ritrovamenti, facendo intendere che il coltello senza manico fosse nell’area industriale di Fossò e non nel parcheggio di Vigonovo! Ma è valida quest’ultima ricostruzione. È possibile, che Filippo abbia provato a colpire con l’arma bianca Giulia quando era già caduta per terra, ma che la abbia mancata, e, il coltello, si sia spezzato per la pressione sull’asfalto? In questo caso, però, non sarebbe valida l’ipotesi di una prima coltellata inferta con successo. La lama ritrovata dai poliziotti era perfettamente pulita benché monca del manico, e quindi, se il colpo avesse mancato il bersaglio, la fuoriuscita di sangue – forse allora dal naso o bocca – avrebbe potuto esser provocata dai calci e colpi violentissimi di Filippo. Oppure, il coltello spezzato non è inerente alla vicenda e Filippo aveva qualcos’altro in mano con cui ha colpito Giulia, facendola sanguinare. Se ha usato un’arma, la ha tramortita che erano ancora in piedi tutti e due. Poi, solo lei deve essere crollata a terra: il testimone che chiamò il 112 racconta di aver veduto solamente un uomo che calciava, in piedi, una sagoma di donna riversa al suolo, e che lei si è poi rialzata per rientrare nell’auto! Per pugnalarla più di venti volte nel parcheggio, Filippo doveva essere chino su di lei, cosa che non risulta dalle dichiarazioni! Oppure, anche qui, non è stata usata alcuna arma e tutto è avvenuto a mani nude. Un paio di reporter del giornalismo italiano, di cui uno è un corrispondente di La7, attraverso le inquadrature di un cameraman indicano le tracce di sangue a Fossò. La prima in cui ci si imbatte camminando a piedi, sul tracciato, riguarda la spigolatura del marciapiede ove è stato trovato anche del nastro adesivo – insanguinato anch’esso – con incollate delle ciocche di capelli, più una seconda impronta di calzatura che secondo le ricostruzioni sembra corrispondere a quella del parcheggio di Vigonovo; ma, l’area del marciapiede e del nastro adesivo, è ancora fuori dal campo visivo della telecamera dell’azienda Dior che ha registrato, invece, Giulia correre pochi metri più avanti da quella prima traccia di sangue, dove di macchia ve ne è una seconda più estesa nel punto in cui, Filippo, ha preso Giulia per le caviglie e dopo un breve trascinamento la ha caricata in macchina esanime. Filippo, infatti, raggiunge Giulia; la colpisce! Ed è qui che le telecamere riprendono la scena (mani nude o coltello in mano non è dato sapere). La carica sul sedile posteriore dopo averla prima “mossa” con la punta delle scarpe, per accertarsi fosse realmente priva di sensi. Mentre le autorità, quindi, sono sicuramente in possesso delle immagini dell’ultimo tratto di corsa di Giulia, è tutta da ricostruire la scena anteriore che si è svolta fuori l’occhio della telecamera sul tratto di strada appena precedente, ove Giulia ha sbattuto forse la testa sul marciapiede dopo essere scesa, in qualche modo, dall’auto di Filippo cominciando a correre via. Non si sa se Filippo l’abbia spintonata con violenza sul margine del marciapiede, dopo essere scesi dall’auto entrambi per qualche ragione; o se Giulia si sia piuttosto lanciata giù dal veicolo in marcia, aprendo la portiera per sfuggire a Filippo, e abbia battuto con la testa sullo spigolo lasciandovi la prima chiazza di sangue. In questo caso, la vettura avrebbe dovuto avere un’andatura regolare e non particolarmente veloce, dato che Filippo si è fermato per inseguire la vittima a piedi, senza che l’auto entrasse immediatamente nell’occhio della telecamera. È lì che la ha aggredita alle spalle, spinta giù con violenza, entrando fisicamente nella visuale del fabbricato della ditta Dior. È improbabile che Filippo le avesse immobilizzato le braccia fino a quel momento, si parla del fatto che avrebbe usato il nastro adesivo per coprirle la bocca, ma l’impresa di immobilizzarla completamente, se tale era l’intenzione, non deve aver funzionato. Filippo, vedendola come morta, è tornato indietro a prendere l’auto che ha accostato vicino al corpo di lei rendendo visibile la vettura anche alla telecamera. Sono ipotesi, poiché non abbiamo né il video, né una versione corretta del contenuto, tramite stampa. Si tratta di una ventina di minuti che i due giovani trascorrono nell’area industriale, compresi quelli in cui il veicolo guidato dall’assassino rimane fermo per 90 secondi su un’altra strada nella zona dei capannoni, in cui viene immortalato da un ulteriore dispositivo di sorveglianza. Filippo girovaga, rifacendo il giro di quell’area per due volte, con a bordo il corpo esanime della ragazza. Pare ci fosse anche un guardiano, a quell’ora, presso l’edificio Dior, ma non è chiaro se abbia udito qualcosa o meno. È descritto come “il secondo testimone”, ovvero, un addetto alla sorveglianza dello stabilimento che, da dentro la guardiola potrebbe aver assistito alla scena o sentito le urla. Una fuga di notizie aveva lasciato intendere che anche il secondo testimone, il guardiano, avesse udito la medesima frase urlata in precedenza nel parcheggio: “Così mi fai male”. Ma è utopico! Turetta stava uccidendo Giulia, e, in questi casi, piuttosto si grida ‘aiuto’, o si urla in maniera più netta e meno “accondiscendente”. Su questo, però, è piombato il silenzio, non vi sono resoconti resi pubblicamente. Il video senza audio dell’azienda Dior di Fossò, è il prodotto di una telecamera che punta al parcheggio del locale e non sulla strada. Ecco perché ha ripreso solo parzialmente la scena. È stato acquisito molto tardi dalle autorità, perché l’azienda avrebbe riaperto l’attività la settimana seguente, dopo il weekend. Gli operai si sono accorti che in strada era accaduto qualcosa, e hanno avvisato le autorità sia del sangue sull’asfalto, sia di poter avere del materiale video grazie al sistema di sorveglianza. Ma, quest’ultimo, non permetteva di rivedere subito il contenuto, occorreva il tempo tecnico per recuperare le immagini. In definitiva, sono passati più giorni, prima di ottenere i contenuti. La stranezza, è che nonostante il precedente ritrovamento del sangue, in televisione ed anche i familiari continuavano a parlare solo di fuga di entrambi. Che Giulia potesse essere morta, viene percepito solo dopo che spunta il video, e quando a breve Filippo verrà fermato dalla polizia tedesca. Altra stranezza: lo zio di Giulia, preoccupatissimo, stava rilasciando un’intervista la sera del 17 novembre, quando il giornalista gli chiede cosa ne pensa del contenuto del video della telecamera di sorveglianza dello stabilimento Dior. L’uomo ne è interdetto. Afferma che la famiglia non ne è stata messa ancora a conoscenza dalle autorità e che proprio in quelle ore, che ci fossero scene non incoraggianti, lo erano invece venuti a sapere dalla televisione e giornali. Si lamenta di questo. Del fatto che lo sapessero prima i giornali che la loro famiglia. Poi, si augura che non sia così come dicono, e rinnova l’augurio a Giulia di tornare a casa. LO ZIO: “Giulia è ancora viva ed è in compagnia di Filippo. Io vi dico continuate a proporre post di ricerca della macchina nella zona del Trentino; siamo persone buone e sappiamo perdonare, fatti trovare [Filippo], portaci a casa Giulia e torna dalla tua famiglia!… Lo ho saputo oggi [del contenuto del video], ero in viaggio, e quindi mi son fatto comunicare tutto per telefono… io non so esattamente come funzioni però, non lo so, avranno avuto sicuramente i motivi per aprirlo! Il video noi sappiamo che era stato prelevato, ma… noi non sappiamo niente di questo video! Prima tornavo, ho acceso la radio, sentivo notizie un po’ allarmanti a cui comunque un po’ pensavamo [perché erano state trovate tracce di sangue], ma, voglio dire, lo sanno prima le radio e le televisioni che i diretti interessati? Mi sembra una cosa un po’ strana! Può essere che non siano [VOCI] veritiere. Onestamente, ho sentito alla radio dire che si vede da lì…[che Filippo ha colpito Giulia] però, posso anche pensare che sia falsa la notizia… o, hanno detto… una ‘violenza a mani nude, aggressione a mani nude’, posso sperare che sia un pugno sul naso, qualcosa che faccia perdere sangue, [non una cosa da ucciderla] e per questo, sono speranzoso che anche se fosse accaduto un fatto del genere, sia stata caricata in macchina e che siano ancora insieme e lei sia viva!”. Lo zio di Giulia evidenzia la collusione tra mass media e forze dell’ordine, che è preoccupante perché implica che il poliziotto riferisca alla stampa senza criterio. È come se alcune testate giornalistiche usufruissero delle esclusive sulle indagini, che però sono intollerabili perché raccontate e condivise con superficialità, mancanza di professionalità, solo per creare il pettegolezzo, la platealità frettolosa, imprecisa e congeniale alla politica, o allo slogan del momento. Anche un omicidio diventa un ‘grande fratello’, trasformato nell’emergenza sociale che non c’è! Paradossalmente, il mattatoio principale è quello del mondo dell’informazione prima ancora che la scena del crimine. Sulle dinamiche di Fossò, in un’altra ricostruzione giornalistica più pulita del 21 novembre 2023 (La Stampa) si legge: “Alle ore 23:40 una persona fugge lungo STRADA DELLA ZONA INDUSTRIALE DI FOSSO, con direzione ‘Viale dell’Industria’, inseguita da un’altra, più veloce, che la raggiunge e la scaraventa a terra. Si nota che a causa della forza della spinta, la persona inseguita cade violentemente all’altezza del marciapiede, e dopo pochi istanti non dà segno di muoversi. L’aggressore manipola il corpo della persona colpita, spostandolo a poca distanza dal punto d’urto. Il soggetto torna di corsa sui suoi passi, esce dall’inquadratura e poco dopo un’auto Fiat Grande Punto scura, entra nel campo di ripresa della telecamera e si ferma in prossimità del luogo in cui la vittima è inerme a terra. Dal veicolo scende il soggetto che carica a bordo l’altra persona, forse sul sedile posteriore, e poi sale al posto di guida”. Nelle carte giudiziarie visionate dalla testata giornalistica ‘Adnkronos’, è scritto che Filippo “poneva in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionarne la morte colpendola nuovamente al fine di evitare che la stessa fuggisse. Viene colpita alle spalle producendole, quale conseguenza della propria azione ulteriori ferite e copiosi sanguinamenti, che determinavano che la parte offesa rimanesse a terra apparentemente esanime mentre il Turetta caricava il suo corpo nella propria auto, allontanandosi dal luogo dei fatti e rendendosi immediatamente irreperibile”. Come ha fatto Giulia a scendere dalla vettura? Si è ribellata in auto e ha aperto la portiera per scendere mentre Filippo guidava? E’ stato Filippo a fermarsi lì e la ha fatta scendere per ucciderla definitivamente dopo averla già percossa nel parcheggio? Ogli è sfuggita dall’auto mentre chiarivano? In fondo, la zona industriale era ben isolata, e Filippo, può non aver preso in considerazione il fatto che vi erano delle telecamere di sorveglianza. Ad esempio, queste sono le indagini ed ipotesi delle dinamiche che nessuno può sapere, ma, se nel contempo gli elementi visibili e chiari di cui si dispone, vengono falsati dalla stampa, diventa più complicato comprendere cosa è accaduto. Da Fossò, Filippo fugge alla zona di Piancavallo, Pordenone, dove in un anfratto roccioso poco distante dalla strada Pian delle More, si sbarazza del corpo di Giulia. Anche qui, i giornali si sono divertiti, alcuni raccontando che Filippo la avesse “lanciata” nel canalone come si trattasse di una bestia, ed altri, che invece dicevano l’avesse ‘presa in braccio per portarla fin giù’, perdendo lei dal piede il mocassino nero. Alcuni quotidiani scrivono che il cadavere era “avvolto dentro i sacchi neri”. Nulla di tutto questo! Ma andiamo per ordine. È la domenica del 12 novembre, dopo l’omicidio, che Filippo si ferma alle ore 9:00 ad una stazione di rifornimento di Cortina e poi riprende la fuga (il giorno seguente lascerà traccia delle banconote sporche di sangue infilate nel self-service della pompa di benzina; sono due banconote da 20,00 euro per un tot di 40,00 euro). Il padre di Giulia, Gino Cecchettin, ha raccontato di non trovarsi in casa quando la figlia, il sabato 11 novembre alle 18:00 del pomeriggio è uscita, né sapeva con chi lei avesse appuntamento; confessa di essersi preoccupato solo la domenica mattina tardi del 12 novembre, non vedendola rientrare neanche per le ore 10:00 – quando ha provato prima a scriverle e poi a telefonarle. Credeva che la figlia fosse tornata a casa nella notte e poi si fosse alzata per fare colazione con le amiche, come spesso era abituata a fare intorno alle ore 7:00! Ma, siccome Giulia doveva consegnare la tesi di laurea, non vedendola tornare nemmeno dalla presunta colazione e risultando spento il cellulare, Gino Cecchettin, allarmato, chiama i carabinieri e si reca in caserma per la denuncia. La sorella di Giulia, Elena, non era a Vigonovo quel fine settimana, ma a Vienna. È a Vienna, tra l’altro, che una telecamera avrebbe agganciato di mercoledì 15 novembre la Grande Fiat Punto di Filippo, per poi perderne le tracce completamente. Quando l’auto di Filippo oltrepassa il confine ed entra in Austria, Elena è già in Italia accanto alla famiglia per le ricerche della sorella scomparsa. In Austria, la Grande Punto di Filippo dopo la prima geolocalizzazione non è più stata intercettata per diverso tempo da nessun’altra apparecchiatura, per cui, Filippo deve essersi fermato lì da qualche parte. Si è ipotizzato, a un certo punto, che qualcuno stesse aiutando i due giovani nella fuga o anche ospitandoli. Elena, che aveva messaggiato normalmente su Whatsapp con la sorella il sabato fino alle ore 22:43, riceve notizia telefonica dal fratello minore, alle 8:00 del mattino di domenica stessa e lui le chiede dov’era Giulia: Giulia non è rientrata a casa! Elena collabora alle ricerche di famiglia provando a telefonare, ma il cellulare di sua sorella è sempre spento. Telefona a Filippo, allora, ma il dispositivo è ugualmente irraggiungibile. Scrive un messaggio al ragazzo, ma appare la doppia spunta grigia di ‘ricevuto messaggio’ che lui non visualizza. “Vedo Filippo connesso su Whatsapp da quando domenica mattina gli ho scritto per sapere dove fosse mia sorella”. Evidentemente, Filippo aveva con sé il computer o qualche altro apparecchio collegato all’applicazione di messaggeria. La doppia spunta non appare se un dispositivo cellulare è spento. Potrebbe anche aver letto i messaggi, nel caso in cui avesse rimosso ‘l’opzione spunta blu’ nelle applicazioni del suo cellulare, che conferma al mittente l’avvenuta lettura di un messaggio del ricevente. Anche i genitori di Filippo hanno riferito di aver provato più volte a contattare il figlio senza successo. La famiglia di Filippo, neanche sapeva che il giovane doveva vedersi con Giulia. Ecco che partono gli appelli ai ragazzi, affinché tornino a casa! I primi giorni, tutti credevano che si fossero allontanati per chissà quale ragione. La nota stonata? Giulia avrebbe dovuto conseguire la laurea il giovedì. Non sarebbe mancata per nulla al mondo! E invece, non ha mai festeggiato coi compagni di università. Di Filippo si scopre che sul motore di ricerca, i giorni precedenti, aveva consultato dei siti on line che trattavano kit di sopravvivenza per andare in montagna, ed altri, su possibili itinerari nel versante tirolese dell’Austria. Ma Filippo è anche un grande appassionato di trekking e di scalate, per cui potrebbe non essere rilevante. E se avesse voluto solo rapirla, e non ucciderla, ma qualcosa è andato storto? Un’amica di Giulia, porta a conoscenza di un messaggio che la Cecchettin aveva mandato al gruppo Whatsapp in comune con altre compagne, forse un mese prima, in cui confessava di non sopportare più Filippo, di volergli bene, ma di non sapere come fare per allontanarlo senza farlo soffrire!
<< Vi devo chiedere un consiglio sulla mia situazione. So che sono un disco rotto, e il problema è sempre lo stesso, però sono arrivata ad un punto in cui non ce la faccio più a stare insieme a Pippo; ci sentiamo tutti i giorni. Questa settimana, tranne che con i miei amici del gruppetto dell’università, non mi sono mai vista solo io e lui, però credo di stare avendo un esaurimento nervoso perché, quando ci vediamo, in generale, sto abbastanza bene, solo che tante volte ha degli atteggiamenti…! So che, tra l’altro, la settimana scorsa avevo detto… “Ma no… no…!!!” – Sì, a Milano! – “credo abbia accettato il fatto che ci siamo mollati!”. E invece no! Non era niente vero! È che lui dà molti messaggi discordanti tipo, anche ieri, mi ha scritto una cosa del tipo “io sarò sempre qua ad aspettarti, l’unica cosa che mi farebbe felicissimo e migliorerebbe la mia vita sarebbe che tu mi dessi una seconda possibilità!”. In sostanza, il problema è che sto cominciando ad accumulare un po’ di rabbia nei suoi confronti, nel senso che non credo di sopportarlo più e per quanto io gli voglia bene, per quanto, quando usciamo o ci scriviamo, mi faccia piacere che stia bene, e, più o meno, io me la passo decentemente, non lo sopporto più! Vorrei veramente che lui almeno per un periodo sparisse! Perché sì, ho impulso di scrivergli: per me è abitudine! Ma vorrei che sparisse, solo che questa cosa io a lui non la posso dire altrimenti darebbe di matto e mi sento in una situazione, in cui vorrei sparisse e non avere più contatti con lui; però allo stesso tempo, lui mi viene a dire cose… : che è super depresso, che ha smesso di mangiare o passa le giornate a guardare il soffitto, che pensa ad ammazzarsi e vorrebbe morire, che vorrebbe uccidersi e non trova un senso per andare avanti, che adesso è iniziata l’università e a lui non interessa iniziare nessun corso e passerà le sue giornate, forse, a studiare! Non me le viene a dire come ricatto secondo me! Però, suonano molto come ricatto, e, allo stesso tempo, mi viene a dire che l’unica luce che vede nelle sue giornate sono le uscite con me o i momenti che gli scrivo. E questa cosa, con il fatto che io non vorrei vederlo più mi pesa, e non so come sparire. Vorrei fortemente sparire dalla sua vita, ma non so come farlo perché mi sento in colpa. Ho troppa paura che possa farsi male in qualche modo. Nel senso, non credo che lo farebbe veramente, perché mi sembra dica queste cose più per costringermi a stargli sempre appiccicata piuttosto che effettivamente farle, però il rischio c’è, nella mia testa soprattutto. E il fatto che potrebbe essere colpa mia, mi uccide come cosa! Non so come comportarmi. Non posso bloccarlo perché, se no, avrei paura di cosa potrebbe fare; potrei potenzialmente, non so, tipo… cominciare a non rispondergli, non scrivergli, ma ho paura che darebbe di matto. Non so quale possa essere la tecnica migliore per sparire e allora volevo un consiglio…>>. Oltre questo messaggio, ne vengono trovati degli altri sugli stessi toni. La realtà non consiste in quello che più fa piacere a noi credere, e spesso fa male. Per quanto la famiglia intenda procedere anche su un’aggravante di stalking, il presupposto, a meno che non se lo vogliano inventare per quieto vivere, a meno che non ci sia dell’altro che non è stato raccontato, non esiste! Per spiegare, prendiamo come spunto il commento di una libera cittadina italiana trovato sui social, diverso da tanti altri e ove sostiene: “So che vado contro corrente. Ma credo che non si possa assolutamente parlare di violenza fisica o psicologica quando in un rapporto entrambe le parti sono consenzienti. Ognuno di noi ha sempre la libertà di scegliere se rimanere o andarsene”. Che quello tra Giulia e Filippo fosse un rapporto “malato”, fondato su menzogne e falsi presupposti da parte di Filippo, è evidente. Ma ci sono delle volte in cui più che una forzatura dell’altro, il quale preme verso di noi, restare è una nostra responsabilità e scelta personale nel momento in cui ci rendiamo perfettamente disponibili in una visione di grande amicizia, senza alcun rifiuto di sorta. -Tanto il malato è lui. Io ce la faccio, so che ha il problema, ma resto perché sono certa che gli è passato o gli passerà – In questo caso, la violenza psicologica non c’è. Ci sono solo atteggiamenti viziosi e malati che Giulia non reputa preoccupanti fino a che non si accorge che a Filippo, la sbandata sentimentale per lei, non è passata. E le pesa. E fa come fanno tutti. Si chiede come allontanarlo senza farlo soffrire perché lei mira ad altro. Non perché si senta la violenza addosso, dato che non ne ha nessuna paura e reputa che Filippo stia attraversando un momento psicologicamente difficile in cui non sa se sparire lei di colpo, o farlo piano piano, per permettere a lui di accettare il distacco senza rancore, senza che commetta sciocchezze o tenti di suicidarsi. Lo considera un autolesionista e non uno stalker che teme. E il disagio per cui “non lo sopporta”, viene dal fatto cumulatorio di stress, man mano che si rende conto di non sentirsi libera e di non essere in grado di gestire la cosa come credeva. Giulia è una ragazza caratterialmente opposta a Filippo. Sbarazzina e pienissima di amiche con cui esce in gruppo. Ha tante amicizie che stanno a significare come Giulia, nella sua intelligenza sopra la norma, fosse in grado di stabilire empatia anche col diverso, senza entrare in conflitto. L’amicizia è un baluardo per Giulia, che solleva anche nei confronti di Filippo sopportandone i difetti e vivendosi il resto, senza paura di rappresaglie, violenze, senza sentirsi torturata. Solo, tanto stanca di “sopportarlo”. C’è una persona che accetta di aiutare l’amico, e resta a proprio rischio – considerato che è un rischio non percepito – e diventa un disagio interiore quando lei si accorge che Filippo è emotivamente ingestibile. Era convinta che l’amicizia avrebbe vinto, come sempre, nella sua vita piena di cose e di presenza. Non ha ascoltato nemmeno gli amici, i genitori, sua sorella che le diceva da tempo di lasciar perdere Filippo e di farlo penare, “non rispondergli, vivi la tua vita”. Ma Giulia non lo faceva, se ne “occupava”, convinta che nel tempo l’amicizia avrebbe vinto. E invece, no. Decide, o comincia a valutare che la cosa migliore per Filippo è allontanarlo, ed è meglio anche per lei e per non restare soffocata dalle ossessioni di chi, non ha accettato la fine della relazione, come aveva creduto che lui avesse invece fatto. Turetta non ha esercitato la classica pressione violenta su Giulia, ma ha manifestato atteggiamenti nevrotici, di autolesionismo e ricatto, che la ragazza percepiva ma non credeva fosse grave per lei, né che fosse una violenza su di lei, bensì una violenza che Filippo rifletteva su se stesso e per cui esplodeva, certe volte, con la scenata o le battute di gelosia. Nessuno, neanche Filippo, ha costretto Giulia. La costrizione implica un disagio per cui ti ribelli o ti sottometti per paura. Giulia non aveva nessuna paura per sé. Da amica, come tutte le buone amiche, come in tutte le più frequenti storie tormentate tra adolescenti, aveva paura per lui! E Filippo non aveva amici, riversava il mondo in Giulia in una bulimia ossessiva che era nascosta nella sua testa e che in certi attimi si evinceva, come quando per rabbia spaccava lungo la strada del paese gli arredi urbanistici, i lampioncini, o i passamano che delimitano le aree pedonali, prendeva a calci le cose. Questa testimonianza degli sfoghi di Filippo è di un cittadino intervistato a Vigonovo ma che ha voluto rimanere anonimo, il quale, racconta di aver beccato il Turetta intento a distruggere le cose lungo la strada. Ma, tutti hanno sottovalutato! Non se ne sono accorti i genitori di Filippo, che dormire con l’orsacchiotto non era normale! Non se ne è accorto il padre di Giulia. I familiari, a parte conoscere le paure del ragazzo, non temevano reazioni particolarmente ostili. Solo Elena, un po’ se ne era resa conto, probabilmente, perché ha un carattere opposto a Giulia, più schivo, più risolutivo. Elena, a uno come Filippo avrebbe chiuso il telefono in faccia! In amicizia ci si aiuta, ma quando l’amico diventa un vampiro energetico, meglio allontanarlo per il bene di entrambi. Oppure, era Giulia a nascondere agli altri la verità, e qualcosa di più allarmante era già accaduto. Non lo sapremo mai! Il 16 novembre, ancora si crede all’ipotesi della fuga, ed Elena, 24 anni, è rientrata a Vigonovo da Vienna ove studia microbiologia, per stare accanto al genitore. Rilascia una delle tante interviste in cui spiega “Lui era molto possessivo nei suoi confronti, geloso, per cui anche nel tempo che lei passava con me, questa cosa non mi faceva stare tranquilla, soprattutto quando uscivamo da sole dopo che lei lo aveva lasciato. Ma magari, le mie erano preoccupazioni infondate e magari lo sono anche oggi. Ho provato a dissuaderla dall’uscire con lui, ma lei era troppo buona per certe cose, cedeva di fronte alle sue insistenze. Filippo le diceva di sentirsi solo!”. E ancora, “Lo scorso febbraio mia sorella e io eravamo andate assieme a Milano a un concerto e lui continuava a scriverle. Allora, Giulia mi ha dato il telefonino. Io gli rispondevo di stare tranquillo, di non essere in apprensione che Giulia era con me. Quel fatto mi ha lasciata interdetta perché ci ho visto un controllo anomalo nei confronti di mia sorella! Vorrei… che lei avesse scelto di fuggire con lui per assecondarlo!”. Quando le chiazze di sangue vengono trovate per strada la famiglia comincia a pensare che Giulia sia trattenuta contro volontà. Si decide di procedere con un riscontro del DNA attraverso l’aiuto di Elena, un prelievo di sangue per accertarsi che possa trattarsi proprio del sangue di Giulia. Al mattino, tre fiocchi rossi vengono appesi da Elena all’inferriata del cancello di casa Cecchettin, che simboleggiano il festeggiamento per la laurea cui Giulia non parteciperà.
L’ultimo avvistamento dell’auto di Filippo risaliva alla mattina precedente del 15 novembre, alle 9:30 in località San Candido, Alto Adige, e in direzione del confine con Vienna. Nessun bancomat viene utilizzato da Filippo, per cui, deve avere del contante con sé, non può essere tracciato attraverso la carta di credito. Quando la polizia tedesca lo ritrova, ha in tasca solo 300,00 euro che non ha speso. E probabilmente, non è riuscito ad arrivare in tempo al distributore, prima che il pieno finisse. Anche qui, dai giornali non si comprende se le 300,00 euro sono state spese tutte, o gli sono rimaste in tasca. Il quotidiano “La Repubblica” scrive di un’evidente frattura alla testa con un’abbondante fuoriuscita di sangue. Si presentava così il cadavere di Giulia al momento del macabro ritrovamento avvenuto il 18 novembre 2023 sulle sponde del lago di Barcis, alla confluenza con un canalone. L’indagine viene seguita congiuntamente dalle procure di Pordenone e Venezia con l’autopsia che coinvolgerà, i primi di dicembre, entrambi i medici legali che hanno operato sul posto in cui è stato rinvenuto il cadavere. La difficoltà della competenza territoriale dell’inchiesta sta nel fatto che serve accertare se il decesso sia avvenuto dopo la seconda aggressione, a Fossò (VENEZIA), oppure prima che la ragazza venisse lasciata nel canalone, in località Pordenone. “Sono andato lì, sul luogo del ritrovamento. Ma c’erano ancora i medici per i rilievi e non l’ho vista!”, queste le prime dichiarazioni di Gino, il padre, che aveva parlato in quella circostanza tragica anche coi genitori di Filippo Turetta con cui, i giorni scorsi, aveva condiviso gli appelli ai ragazzi nella speranza che fossero solamente scappati. Secondo la ricostruzione, Filippo l’avrebbe abbandonata sul bordo della strada, così che il corpo, rotolato per una 50ina di metri è scivolato lungo il dirupo fino a fermarsi in un canalone. La strada presso cui Giulia è stata trovata, è chiusa nel periodo invernale da novembre fino al 15 Aprile a causa dell’impraticabilità. Non è certo se il Turetta lo sapesse. Il ritrovamento è avvenuto grazie all’intervento di un’unità cinofila della Protezione civile, il nucleo Bios della ‘Sezione Associazione Nazionale Alpini’. L’addetto che ha visto per primo il corpo di Giulia, ha spiegato di aver notato due sacchi neri che, non avvolgevano il corpo della ragazza, ma coprivano due cavità nella roccia ove era riposto il corpo. Se il cadavere era lì, non può essere semplicemente rotolato e stato abbandonato dove si era fermato, ma significa che Filippo può averlo lasciato rotolare per il pendio, perché sarebbe stato difficile portarlo tutto di peso, e poi è sceso anche lui, ha preso Giulia in braccio o la ha trascinata, la ha deposta fra le rocce ove ha apposto i sacchi di plastica nera in modo da nasconderla, e di cui ha lasciato il rotolo lì per terra. L’occultamento di cadavere è più certo che la premeditazione. Sembra che Filippo, quel luogo lo conoscesse già, la perfezione dell’incavo della roccia in cui ha deposto Giulia, è quasi una prova del fatto che Filippo lì ci fosse già stato, forse nelle sue gite ed escursioni. Il libro, ed altri oggetti sparsi sul terreno o nei pressi del corpo di lei, sembrano quasi come dei “feticci”, ricordi della vita nell’abbandono della morte, forse un modo di lavare le colpe dell’omicidio e crederla viva. Oppure, era quel che Giulia teneva nella borsa che Filippo potrebbe aver svuotato, anche se della borsa non vi è traccia. Forse Filippo ha trattenuto degli oggetti tra cui il cellulare di Giulia, e di quelli si è sbarazzato dopo. A trovare la Cecchettin è stato Jageer, un flat coated retriever di 4 anni che ha fiutato l’odore della ragazza attirando l’attenzione del suo addestratore. L’ipotesi della borsa svuotata, o magari era un sacchetto dello shopping del sabato, regge, perché i reperti trovati dalla polizia attribuibili a Giulia sono 20, questo è il numero fornito e che non sappiamo se possa essersi modificato. Un cardigan, un giubbotto, una gonna, una maglietta, fazzolettini (insanguinati), il libro per bambini [Anche i mostri si lavano i denti], ed altri oggetti che non sono stati specificati, compresi il mocassino nero perso da Giulia lungo il pendio, il rotolo di sacchi neri di plastica, un’altra calzatura che probabilmente non riguarda la ragazza. Quel che non è stato ritrovato è la borsa stessa con effetti personali (carta d’identità, portafoglio), il cellulare, un computer portatile che pare la Cecchettin avesse portato con sé, e… le scarpe per la laurea. Sì, quelle per cui era uscita con Filippo a sceglierle, il sabato, al centro commerciale di Marghera. Non è noto cosa sia stato trovato, invece, nell’auto di Filippo a parte il secondo coltello e poco altro. Nessuno ha specificato se nell’auto o tra gli oggetti vicino al corpo di Giulia ci fosse anche il famigerato rotolo di nastro adesivo di cui si è tanto raccontato! Il corpo di Giulia potrebbe essere stato portato al lago Barcis intorno alle ore 2:00 PM di domenica 12 novembre. Giulia sognava di diventare un’illustratrice per bambini e condivideva i disegni sul suo profilo Instagram che si chiama “BISCOTTO AL CIOCCOLATO”. Era decisa a frequentare un corso in Emilia-Romagna, e questo, la avrebbe allontanata da Filippo. Forse, è il motivo per cui lui è impazzito nelle sue ‘regressioni infantili alla solitudine’. Filippo era orgoglioso di Giulia e di come si impegnava all’Università, ma desiderava terminare gli studi assieme a lei perché solo in quel modo avrebbe potuto organizzarsi e seguirla anche in capo al mondo. Invece, col nuovo anno, la Cecchettin avrebbe cambiato città e lui sarebbe rimasto a Vigonovo, cosa intollerabile per il tipo di rapporto malato ed ossessivo che coltivava con lei. Il corpo di Giulia è custodito presso l’Istituto di Medicina legale dell’Università di Padova, e l’autopsia si svolgerà il 1° dicembre alle ore 9:00. Nello stesso giorno verrà interrogato il Turetta e il quadro, salvo colpi di scena, sarà più completo. Da considerare che, per quanto la stampa abbia storpiato i dati comunicati da medici legali e autorità preposte, le 26 coltellate non potevano essere determinate con certezza da una valutazione superficiale. Il medico legale che ha esaminato nell’immediato Giulia, ha rilevato solo una parte delle condizioni del corpo e, l’ispezione effettuata, non equivale affatto ad un esame autoptico, quanto più ad un ‘primo esame’ da cui ricavare le possibili dinamiche del delitto o i primi tratti evidenti sul cadavere, volti a determinare le ipotesi più imputabili per la morte della ragazza, più lo stato in cui versava al momento del ritrovamento. Cosa ha ucciso Giulia, se la frattura alla testa o una coltellata, o altro, ed anche quale tipo di arma possa aver usato il Turetta, l’orario del decesso, verranno determinati dall’autopsia. Si potrà stabilire con certezza quanti sono stati i fendenti inferti, e quali eventualmente mortali. I primi esami del medico legale, in effetti, aldilà dei titoli spettacolari dei giornali, parlano di “lesività presentanti caratteristiche riconducibili all’azione di una o più armi bianche che ha/hanno agito con meccanismo di taglio e di punta e taglio”, Cioè, i segni si riferiscono sia a ferite più profonde che a tagli superficiali senza affondo. “Era prona e ranicchiata, nascosta in un anfratto roccioso, dieci metri sotto la strada, aveva 26 “ferite” – non coltellate – al volto, al collo, alle braccia, alle gambe… riconducibili all’azione di una o più armi bianche con tentativo di difesa da parte della vittima e successivo occultamento di cadavere. È morta per choc emorragico”. Il medico legale, non è certo del tipo di arma che è stata utilizzata dal Turetta. Giulia, presentava inoltre ecchimosi e segni da “trascinamento”, secondo le prime considerazioni. La famiglia di Giulia ha scelto il consulente del caso di Liliana Resinovich, in vista dell’autopsia. E come dimenticare l’immagine di Turetta, che addirittura torna dalla Germania con un volo militare di Stato, costosissimo, da cui scende e viene super-scortato neanche si trattasse di un boss di mafia! La spettacolarizzazione di un caso che diventa politico, quindi passibile di “inquinamento sull’accaduto”, serve a catalizzare l’opinione pubblica e a rendere la vicenda ‘vitale per le masse’ che, scioccate e ipnotizzate dalla sceneggiatura, eventualmente obbediranno a qualunque modifica di legge o narrativa selettiva unilaterale imboccata da mass media, oratori governativi o televisivi. La famiglia Cecchettin era già stata immortalata dalla stampa per motivi differenti. Il lavoro del padre, Gino, che si occupa dei contemporanei progetti digitali e della Smart City, lo ha reso protagonista di piccoli articoli giornalistici, ed anche la morte di sua moglie, Monica Camerotto, avvenuta nell’Ottobre 2022 per un terribile tumore che la donna combatteva da tempo, era stata ben trattata dai quotidiani, non solo locali. Anche la donna di spettacolo, Eleonora Daniele, conosceva bene la Camerotto che svolgeva la professione medica, tanto da comunicare ad Elena Cecchettin “Conoscevo tua madre”!
ELENA CECCHETTIN – Laureata in biotecnologie ed immunologia presso l’Università di Padova con diverse esperienze internazionali. Sono una studentessa di microbiologia ed immunologia all’Università di Vienna, e prima graduata all’Università di biotecnologia di Padova. Ho speso un semestre all’estero di Università in Finlandia, Helsinky, e ho preso un praticantato di medicina molecolare al dipartimento dell’Università di Padova, lavorando con virus oncologici. Ho conseguito anche un diploma alla scuola italiana con diverse esperienze in Italia e a Londra. – Questa è la presentazione di Elena Cecchettin sui social network, la figlia di una famiglia bene, viaggiatrice. Ed anche, lei si ritiene: un’artista. Poco emotiva, molto svelta nell’iterazione con le telecamere e nel linguaggio ben grammaticalmente forbito, è proprio lei che chiede un’intervista al ‘Corriere della Sera’ quando si scopre di Giulia, mettendo in moto la macchina cruenta del ‘femminicidio e patriarcato’, e degli slogan politici fuori luogo, chiedendo di: ‘non stare in silenzio e di bruciare tutto’ . Ne esce un ritratto degli uomini terribile, quasi come se il maschio fosse un cancro della società che va rieducato; sono i ‘figli dello stupro’ che ‘da appena nati’, sono già a priori i futuri violenti criminali di domani, i punitori della donna.
Non è grave che la giovane Elena dica queste eresie, ma lo è che i mass media e gli adulti abbiano amplificato il suo messaggio assecondandola, creando una condizione di odio sociale senza limiti in Italia. La conclusione tragicomica è stata una manifestazione per le donne e contro il femminicidio, che è sfociata nell’assalto violento alla sede del partito ‘Pro vita & famiglia’ ed in gesti ed espressioni di violenza verbale, e di disprezzo delle donne nei confronti degli uomini! In un paese, l’Italia, dove vige la parità di casi di violenza tra uomo e donna, più rari che in altri paesi. Un’Italia, che grazie all’impegno e all’appoggio anche istituzionale all’emancipazione e lotta femminile per il proprio diritto di libertà e uguaglianza, ha compiuto passi da gigante fino quasi ad azzerare i fenomeni della violenza di genere, e dove stupro, violenza, criminalità, sono legati maggiormente all’aumento della povertà, al mancato controllo sull’immigrazione che provoca il riversamento per strada di soggetti , uomini e donne, che nel vivere di espedienti entrano spesso nel giro della criminalità, spaccio, stupro, aggressione degli anziani, furto. Il patriarcato è una parentesi sfocata che è più comodo raccontarsi, per nascondere i reali problemi di oggi.
Siamo in un’epoca ove la maleducazione e le crisi relazionali, scaturiscono dall’ausilio ossessivo dei social network che isola molti giovani rendendoli sterili, inadatti, a disagio nel confronto fisico diretto, soprattutto quando non puoi zittire una persona pigiando un bottone ma devi affrontarla e saper usare la diplomazia e l’ascolto. E poi, è falso dire che il patriarcato è alla radice della cultura umana, dal momento che nell’antichità è esistito anche un parallelismo altrettanto potente nella radicazione, che è il matriarcato. Ci si dimentica, che la violenza è anche donna, ma si preferisce spingere mediaticamente solo sugli episodi in cui le donne sono deboli. Il motivo, è che si è creato un giro finanziario fruttuoso improntato proprio sulla figura femminile e che si manifesta nelle più svariate associazioni, o contesti di campagna elettorale in cui la tematica cattura meglio l’attenzione, e si crede, generi più consensi e più voti. Laddove il patriarca considerava la donna un oggetto privo di diritto, le istituzioni e i mass media fanno della donna cui si finge di dare anche più diritti degli uomini, un business. È una svendita diversa della femminilità, svuotata dal suo valore e riempita dalla propaganda. Spacciare che ci sia una ‘emergenza donna’ in Italia, è la follia di questi giorni che rischia di ottenere l’effetto opposto, e cioè, un aumento della violenza. Quel che ha lasciato perplessi di Elena, è, non tanto il suo ‘contenimento del dolore’ per la morte di Giulia, ma il fatto che immediatamente si sia lanciata nel mondo televisivo e nel gergo politichese degli slogan, senza dare a se stessa modo di elaborare la perdita. Ognuno ha il suo modo di reagire! La presenza di un format politico delle dimensioni di quello che si è mosso attorno ad Elena, sembra però quasi organizzato da un terzo attore, addirittura prima dell’omicidio di Giulia Cecchettin e come se lo si prevedesse! La comunità, più che assecondare la follia di una ragazza che aveva appena subito una perdita, nutrendo forse del risentimento, o chissà, una forma di inquietudine dentro di sé per cui incitava a ‘bruciare tutto’, avrebbe dovuto starle vicino in maniera diversa. Non è con l’odio e con il tracciamento delle linee di demarcazione, con la ghettizzazione del maschio ritratto come escremento della società, che si risolvono le cose! Né Giulia, che non ha alcuna colpa per quel che le è accaduto, lo avrebbe forse mai voluto o fatto. Lo sviluppo di un progetto politico immediato di stampo femminista che ha preso il sopravvento nei giorni della scomparsa di Giulia, fino poi a esplodere col ritrovamento del cadavere, è una nota dubbiosa, un’ombra che trama alle spalle di Elena. Quali sono gli aspetti ulteriori che hanno creato dubbi? Il profilo Instagram di Elena Cecchettin è stato notato dalle masse, ed anche da alcuni politici. È colmo di fotografie tra il macabro, il nostalgico, e il demoniaco: lei è in posa con abiti che genericamente sono simbolo della schiavitù femminile, o del satanismo, o dell’omicidio. In una delle fotografie, la foto di una donna che tiene in mano un motosega insanguinato; il sangue, è uno dei temi ricorrenti nelle rappresentazioni artistiche di Elena; i colori sono spenti, il bianco e nero pallidi, fanno da sfondo.
Non si tratta del contrasto anticato delle vecchie pellicole televisive, ma di una tonalità di bianco, grigi e neri, che ricordano la morte non nella sua versione più sacra e rispettosa, ma rituale e macabra. Molti scatti sono effettuati nei cimiteri, tra le lapidi, o in ambientazioni in cui è protagonista la natura che si scontra con la monumentalità degli edifici, ma sempre nell’atmosfera scarna della tristezza interiore. Elena si ritrae candida, o inquieta, in mezzo ai simboli dell’occulto, tra le ossa, i teschi, le corna del diavolo, la capra, le orecchie lunghe del coniglio bianco. Gli indumenti sono probabilmente scelti con cura da ditte che promuovono questo stile tra il nerd e l’horror. Nel complessivo, non c’è nulla di male, ma quello che Elena rappresenta è in netto contrasto con la visione della donna libera; il satanismo, il mondo dell’occulto, quello delle tenebre, sono volti al ‘sacrificio della vittima’ e all’omicidio, la donna è spesso considerata in atteggiamenti aggressivi, seduttivi e demoniaci ma anche sottomessi, materialistici, sacrificali, pregni di un’obbedienza che si esprime attraverso le simbologie della manipolazione mentale. A prima vista, il profilo social di Elena che, tra l’altro, è orientato sulla linea politica del mondo LGBT o climatico, e che si snerva sull’apologia delle apparenze e del ‘consumismo smunto di valori’, alla Ferragni, mette inquietudine. Guardandolo meglio, però, senza giudizio e pregiudizio, quel che resta è solo la creazione di un personaggio e di una ambientazione richiesta dal tipo di oggettistica o abbigliamento che Elena propone. Nella creatività, Elena si sbizzarrisce… ma è l’esatto opposto di sua sorella Giulia che, invece, è l’emblema della solarità, energia luminosa che esplode in un cielo di stelle, il raggio di sole che cade sulla terra e risveglia il bello in ogni persona che vi si immerge. Considerare Elena una complice occulta dell’omicidio di Giulia, è probabilmente un errore. Ma è vero, che Elena vive in un mondo distillato negli slogan, in cui la manipolazione mediatica ha attecchito talmente tanto che invece di affrontare il dolore lasciandolo penetrare nel cuore, lei lo allontana con maestria, concentrando i pensieri tecnici sulle ideologie femministe. Non significa che non soffra per la morte di Giulia, semplicemente, non la vive e se ne distacca emotivamente o, se lo fa, prima di viverla filtra l’emozione dell’inconscio nelle apparenze stantie, spostando il peso sulle spalle della comunità che deve sorreggerlo assieme a lei, in una spedizione punitiva ed educativa delle generazioni future. Sul legame di Elena al macabro, in fondo, si può dire che non vi è alcun male a ‘farsi piacere questo stile’, ad amare l’esoterismo o i percorsi misteriosi della simbologia antica; ma un conto è esserne curiosi e coltivare l’argomento con l’intelligenza consapevole di ciò che è, specializzando la conoscenza in un campo che va oltre l’ovvio. Altro, è diventare il personaggio che crei, immedesimandoti fino a farsi assorbire, diventarne schiavi senza la consapevolezza di quanto sia pericoloso. Ci sono tante storie di cronaca o raccontate da chi ne ha avuto esperienza, legate al fatto che chi si immerge in questi mondi sottovalutandoli, è capace di aprire portoni di energie negative tali, che travolgono le famiglie scatenando episodi e tragedie di vita terribili. Non è dato sapere che uso faccia Elena di questo mondo in cui ha creato la sua passione ed immagine, ma nel caso ci fosse qualcosa in più, è possibile che i movimenti energetici negativi abbiano allargato una cappa di fumo nella vita dei cari. Per il resto, Elena non ha alcuna colpa diretta nell’omicidio di Giulia, solo, è una giovane come tante ce ne sono oggi, troppo infatuata dalle teorie propagandistiche imboccate da alcune noiose correnti ideologiche, della vuota epoca attuale. Né, i contenuti del suo Instagram vanno criticati a priori, senza conoscere bene lei ed il perché ha scelto quel tipo di rappresentazione, che sempre fa parte, in fondo, di questo nostro mondo diviso tra bene e male, luce e tenebra. Il problema è che, mentre la luce riempie, rigenera e salva, la tenebra in cui è insediato il male …devasta. Giulia Cecchettin è stata uccisa due volte. La prima, da Filippo Turetta. La seconda, dal vuoto ideologico perverso che ha trasformato la sua morte in uno slogan, in pregiudizio, in cattiveria, in mancanza di buon senso, in finto buonismo, in violenza. Nessuno è riuscito a pregare per lei, per davvero. Il rumore del caos ha soffocato il silenzio di cui ogni morto ha bisogno per riposare in pace. Giulia Cecchettin, probabilmente, aveva tutto quello che a questo mondo manca: gentilezza, amore, comprensione, ascolto, premura, intelligenza, gioia, gran valore dell’amicizia, linguaggio pulito e pieno di positività, tatto, buon senso, impegno, passione, bontà, un sorriso larghissimo. Ed è per questo, che mentre lei viveva per regalare emozioni e voglia di vivere, noi siamo stati capaci di calpestarne tutto, la dignità, le cose in cui credeva! Non siamo stati capaci di stare zitti e di chiamare la pace, immergendoci invece nella guerra della rabbia violenta di chi non sa accettare la realtà, né compiere azioni per migliorarla. Noi siamo i distruggitori. Giulia era una costruttrice, una realizzatrice di sogni. Oggi è il 1° dicembre, il giorno dell’autopsia. Ma saremo in grado di accettare la verità quando verrà fuori, o, troppo impegnati ad odiare, pretenderemo che sia diversa? E la politica riuscirà a starne fuori, a non manipolare la verità? E saremo in grado di accettare che, in un paese civile, il carcere non dovrebbe essere un luogo in cui si peggiora o vieni violentato, ma è il luogo ove sconti la pena e poi è necessario reintegrare il criminale nella società? Capiremo che, solo laddove la giustizia funziona, la pena sarà giusta, ma che oggi la pena dipende da chi è in grado di manipolare di più il processo? Siamo in grado di capire che il carcere non è ‘ vendetta’, ma è ‘giustizia’? Troppo difficile, nel mondo degli slogan… nel mondo del vizio in cui si sale sul piedistallo e si emette sentenza senza avere gli strumenti, per farlo! Questa lunga pubblicazione è nata per far capire che, col tipo di giornalismo decadente odierno, sottoposto alle pressioni politiche ed alla ricerca della narrativa unilaterale mediatica, che, pur di appartenere a un filone di convinzioni manipola i contenuti della realtà, non è possibile stabilire nemmeno la verità dell’ovvio. Ciò che potrebbe essere chiaro, viene occultato dall’incompetenza con cui vengono riportati i fatti. E la difficoltà non è solo quella di ricostruire ciò che non si sa, ma anche di individuare le invenzioni scenografiche della stampa. E forse quel che è accaduto, va ben oltre di ciò che immaginiamo, forse esistono retroscena più gravi, forse è stato l’ennesimo sacrificio in una epoca buia, ma non lo possiamo dire…!
01 dicembre 2023 – PAOLA MORA – Qui Radio Londra Tv